Capitolo 19 | La fuga per salvarla

180 15 0
                                    

Il policlinico Saint James Gerson di Cove Bay fu teatro di una serie di eventi che sarebbero poi stati tramandati negli anni a seguire. Tre soggetti, dati per scomparsi e dispersi da giorni, infransero ogni regola sulla sicurezza e sul buon costume precipitandosi in condizioni del tutto deficitarie nella hall dell'enorme struttura ospedaliera, vero e proprio fiore all'occhiello della provinciale cittadina in cui era ubicato. Gli addetti ai lavori, fra cui infermieri, receptionist e medici, riconobbero immediatamente la figura dominante del terzetto. Il dottor Phil Burch aveva spalancato la porta d'ingresso del policlinico con una donna anziana fra le braccia. Una nube rossastra stazionava al centro dello stomaco della vecchia donna dai capelli grigi, il suo volto stralunato e distorto dal dolore era l'immagine della gravità della situazione. Fu in quel momento che tutti si focalizzarono sull'immagine del dottore: i capelli scuri erano deviati da un lato, sudati e appiccicati alla fronte. Il corpo era protratto in avanti, lo sguardo smeraldo del dottor Burch era colmo di ansia e preoccupazione e indossava una tuta trasparente azzurrognola da sala operatoria su cui erano presenti molte macchie di sangue. Al suo seguito, come fosse una squadra di emergenza, c'era la donna poliziotto scomparsa qualche giorno prima, Margareth Lawiness, e il ragazzino scomparso con Burch, il giovanissimo Noah Powerick. Entrambi avevano l'aria di chi proveniva da un campo di guerra: la Lawiness non sembrava più possedere raziocinio, si muoveva freneticamente agitando il distintivo che aveva sempre tenuto in tasca durante la prigionia. Il suo volto, stupendo anche se dominato dalla grande sensazione di adrenalina mista a risentimento, era pallido e insozzato di sudore. Il ragazzino, Noah, sembrava in buona salute, ma anch'egli era stravolto: i capelli tirati all'indietro, braccia e gambe raschiate e scorticate, sembrava essersi avventurato in un cespuglio di rovi per quanto fosse sporco e sudicio.

«Dottor Burch!» esclamò un elegante infermiere dalla pettinatura impeccabile di nome Paul. «Siamo tutti contenti di vederla! Allora è vivo! Sta bene! E con lei ci sono anche gli altri scomparsi della...».

«Poche chiacchiere, Paul!» urlò Phil. «Non vedi che non sono qui per una visita di cortesia? Prepara la sala operatoria, questa donna ha un proiettile nello stomaco, dobbiamo estrarlo».

«Ha compilato i documenti? Ha l'assicurazione sanitaria?».

Phil, rabbioso, ruggì: «Se non prepari la sala operatoria nel giro di pochi minuti servirà a te l'assicurazione sanitaria! Corri prima che ti faccia licenziare!».

Dall'ufficio principale della direzione spuntò Archie Groomberg, il direttore amministrativo del policlinico Saint James Gerson, l'uomo a cui tutto faceva capo e che tutto decideva. Dall'alto del suo aspetto esile e tozzo, Groomberg sapeva incutere timore al personale e le sue sfuriate erano leggendarie. Era stato Groomberg, nonostante la grande amicizia che li legava, ad accompagnare Phil Burch alla porta dopo averne constatato il pessimo esempio di professionalità. Nessuna amicizia poteva intaccare la reputazione del policlinico in cui lavorava e che gestiva con cura da anni. Phil era un alcolizzato, un rifiuto tossico della società travestito da dottore. Un medico che aveva avuto una carriera brillante, ma che non era più affidabile.

«Cosa sta succedendo?» urlò Groomberg e la sua voce risuonò fra i corridoi della struttura ospedaliera. «Phil!» esclamò appena vide la scena che gli era di fronte. «Allora stai bene! E chi è quella donna? Perché...ma perde sangue?».

«Direttore, prepari una sala operatoria, è in condizioni gravi!».

Archie Groomberg non se lo fece ripetere e diede l'okay a chi di dovere per eseguire gli ordini. Poi si avvicinò e fissò Phil, Noah e Margareth. Rifilò un'occhiata a Gloria Jushet.

«Chi è questa donna?» chiese.

«La risposta a tutte le domande di Cove Bay» rispose Phil. «Una storia lunga. Fammi preparare tutto per l'intervento, vado a cambiarmi ed entro in sala operatoria».

«Cosa? Tu non puoi operare. Sei sospeso!».

«E tu vuoi tenermi lontano da una paziente che ti ho portato io per una cazzo di sospensione? Non bevo più, direttore. Può anche fare uno strappo alla regola, ogni tanto».

«Nessuno mi dice che tu non beva più, Phil» affermò Archie Groomberg con decisione. «Non ha bevuto un goccio» intervenne Noah nella speranza di convincere quell'antipatico cravattone.

«Phil ha già operato qualche ora fa» informò Margareth, ma Groomberg non aveva idea di cosa stessero parlando. Non sapeva niente di Oleg, ne degli Jushet ed era normale che si attenesse ai fatti.

«Facciamo così: convocherò in sala operatoria i migliori chirurghi che abbiamo, Phil e...».

«Lo sai anche tu che ho sempre garantito interventi ad alto rischio e con grandi possibilità di riuscita! Lo sai quante volte ho salvato la vita a...».

«Non sei in condizioni di farlo, va bene? Non parlo nemmeno della sospensione, ma guardati: sei stravolto, sudaticcio, respiro corto, affaticato e deconcentrato. Non posso farti fare un'operazione così delicata su una paziente in uno stato così grave. E poi attualmente devi anche pensare alla tua, di salute. Non sei in forma. Chiameremo la polizia, la vostra scomparsa ha diffuso voci varie sulla città ed è giusto che raccontiate cosa è successo alle autorità competenti. In quanto alla vostra paziente, non preoccupatevi: è in buonissime mani».

Il Segreto di Villa JushetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora