Capitolo 20 | La ricostruzione

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Nell'ufficio di Archie Groomberg, direttore amministrativo e suprema autorità del policlinico Saint James Gerson di Cove Bay, furono rotte ogni qualsivoglia di regole. La polizia arrivò alle quattordici del pomeriggio, proprio venti minuti dopo l'ingresso di Gloria Jushet in sala operatoria. I medici incaricati di occuparsi della paziente avevano definito l'operazione "critica" e avevano annunciato di essere in grave difficoltà anche con lo stato di salute della paziente, che sembrava non sottoporsi a controlli di carattere medico da decenni. Il che rappresentava la verità, ma nessuno conosceva la vera storia. Non ancora.

Alle diciannove l'intervento chirurgico di Gloria era ancora in corso. Le luci della sala operatoria erano puntate sulla donna esanime e le luci della città sul policlinico. Qualcuno aveva cantato e aveva contattato la stampa locale per vendere la notizia del ritorno dei tre scomparsi di Cove Bay. In poche ore la notizia aveva fatto il giro dello stato e poi del paese e in qualche ora il policlinico era stato preso d'assalto da decine di troupe televisive alla ricerca di esclusive da vendere ai telespettatori mai saturi della magia della scatola magica. Decine di reporter stazionavano all'ingresso del Saint James Gerson e una folla numerosa di cittadini si era accalcata a pochi metri da lì. Gli agenti di polizia che erano arrivati avevano chiuso il pedaggio con delle transenne di metallo e allontanato i curiosi più invadenti. Tre importanti personalità della polizia cittadina, fra cui il commissario Arthur Louis Wallen, si erano introdotte nell'ufficio di Groomberg per capire cosa fosse accaduto. Phil Burch si era rifiutato di lasciare il policlinico in attesa di notizie su Gloria. La considerava una sua paziente, un dovere personale nonostante tutto quanto lei gli avesse fatto. La sua integerrima vocazione medica aveva la meglio sul risentimento.

«Possiamo ripetere ancora una volta per il verbale?» domandò Wallen, annoiato. Che facesse il suo lavoro con noia era noto a tutti, ma neanche i casi più interessanti riuscivano a scuoterne le fondamenta? Margareth lo guardava di traverso, con un nodo in gola pronto ad esplodere. Lui l'aveva sempre trattata di merda. Il suo essere donna, ai suoi occhi, era sempre stato un limite. Non abbastanza brava, non abbastanza fisica, non abbastanza precisa, ordinata, professionale. Colleghi uomini incapace di beccare ladri di galline avevano fatto carriera e lei, prima del caso Jushet su cui aveva preso libera iniziativa, era solo un'agente da scrivania o di pattuglia, visto che veniva emarginata dai casi migliori per misoginia. Odiava Wallen con tutta sé stessa e voleva che il suo brutto muso si togliesse di mezzo.

«Ancora? Gliel'ho ripetuto cinque volte!» esclamò Phil.

«Anche venti, dottore» rispose Wallen. «Non stiamo mica perdendo tempo, stiamo ricostruendo le cose».

Phil sbuffò, esausto. «Dopo aver accompagnato Noah a casa sua mi sono recato fuori Villa Jushet. Ho parcheggiato la mia auto ed estratto l'arma con cui volevo suicidarmi. Avevo dimenticato il cellulare nelle mani di Noah, che mi aveva aiutato a risolvere un problema sulle chiamate, di conseguenza il ragazzo mi ha riportato il cellulare indietro».

«E come hai fatto tu, ragazzino, a scoprire l'esatta posizione del dottor Burch?» domandò Wallen per l'ennesima volta.

Noah sospirò, anch'egli distrutto fisicamente. «Perché, come le ho detto prima, ha collegato il GPS del cellulare ad un'app che permette di capire dove si trova l'auto del proprietario del cellulare in quel momento».

«Bah, non ci capisco niente di questa roba da teppisti. Bene, andiamo avanti».

«Non è roba da teppisti, è informatica!» protestò Noah.

«Andiamo avanti, ho detto».

Phil riattaccò a parlare. «Mi ha distolto dal suicidarmi, poi siamo entrati nella villa come incoscienti e lì abbiamo incontrato una donna di nome Karenina, la figlia di Gloria, e Gloria, la donna attualmente presente in sala operatoria. Poi ci hanno narcotizzato e portato in una cella dei piani inferiori. Lì ci hanno confessato che Oleg, un altro membro della famiglia, aveva bisogno di un'operazione chirurgica di urgenza. Era un'appendicite e ho potuto operarlo lì in condizioni di emergenza, anche se le due mi avevano messo a disposizione un macchinario per controllarne lo stato fisico durante l'intervento».

Il Segreto di Villa JushetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora