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Passò un mese da quando Katsuki si era ubriacato e Izuku aveva incominciato a respirare. In tutti quei giorni rimase nella sua stanza e non andò neanche a visitare il verde. Non uscì dalla stanza neanche per pranzare.

«Oi! Bakugou! Scendi dai, la cena è pronta, l'ha prepara Mineta! Io voglio vedere il casino che ha fatto!» disse da dietro la porta Kaminari.

«Bakubro... ci sei?» disse il rosso bussando alla porta. «Oi bro, tutto bene?»

«Bakugou, dai, scendi con noi. Non puoi rimanere qua a vita...»

«Bakubro non ti costa nulla...»

I due ragazzi si arresero e se ne andarono. «Quando vorrai, vieni giù...»

Era seduto per terra, attaccato al muro con le mani nei capelli. Non stava bene. Non era più il Katsuki di qualche mese prima. Era diverso. In quei giorni non usciva e quando lo faceva, se incontrava qualcuno, non gli urlava nemmeno contro. Da quel giorno non è più uscito dalla sua stanza. Sarà che non ne aveva voglia, sarà che non stava bene, fatto sta che non voleva vedere nessuno.

Non stava bene. È come se avesse una spada conficcata nel petto, non riusciva più a prendersela con nessuno, non urlava, non parlava. Stava lì, seduto, a bere o a pensare, nel silenzio più totale della sua stanza. Non aveva più voglia di fare nulla.

Pensava solo a lui. Era strana come cosa, specialmente per lui, che non sopportava quel nerd. Eppure in quel periodo aveva capito un paio di cose, aveva fatto molte cazzate e aveva detto cose che non doveva dire. Sia a Izuku che ai suoi amici.

Un giorno non sapendo che fare era uscito a farsi un giro, era andato in un bar e aveva bevuto troppo, di nuovo. Mentre beveva diceva spesso un nome, Deku, l'unico che poteva dire. Pensava anche al fatto che era molto tempo che non sentiva più la sua voce. Si alzò di scatto e si diresse nel bagno. Appena vi entrò un odore sgradevole gli arrivò al naso, qualcuno aveva appena vomitato.

«Che serata di merda.»

Si avvicinò al lavandino e si sciacquò il viso; sentiva il sangue ribollire e stava sudando troppo. Non voleva usare il suo quirk, non doveva. Aveva appena fatto esplodere lo specchio dove, pochi istanti prima, era riflessa la sua immagine. Uscì di fretta da quel bagno e si andò a risedere al bancone; era ubriaco e diceva cose senza senso, per gli altri quantomeno.

Alle 22 uscì dal bar e si diresse verso il dormitorio. Mentre camminava pensava. Ogni tanto alzava il viso verso l'alto, quella serata c'erano molte stelle in cielo nonostante ci fossero altrettante nuvole. Dopo aver ammirato quelle stelle abbassava la testa e con lo guardò cercava.

Cercava qualcosa, qualcuno, ma non lo trovò. Sospirava ogni volta e dopo tanto tempo arrivò al dormitorio. Lì aveva incontrato Kirishima e Kaminari, lo avevano fermato e si erano accorti che fosse bevuto; lo accompagnarono così in stanza nonostante lui non volesse il loro aiuto.

«Bakubro... ma quanto hai bevuto per finire così?!»

«Solo 3 cocktail.»

«S-Solo?! Ma sei pazzo!» disse Kaminari.

Il biondo sbuffò. «Si, di Deku.»

I due ragazzi si guardarono sorpresi e tristi allo stesso tempo. Il modo in cui aveva detto quella frase... non l'aveva detto per gioco e nemmeno con rabbia. Con tristezza.

«Almeno lui lo sa?» chiesero.

Sospirò. «No. Ed è meglio così.»

«Ma perché bakubro?! Non ti vedi?»

«Dopo averlo picchiato, insultato, illuso, mentito e quasi ucciso, direi che questo è quello che mi merito. L'ho distrutto. Non mi sono neanche accorto che stava andando a pezzi cazzo!»

«Ma voi siete amici d'infanzia e-»

«Appunto per quello cazzo! È proprio per quello che dovevo capirlo prima, non quando era steso per terra in una pozza di sangue!» disse lanciando la bottiglia di birra. «Uscite da questa stanza!»

Da quel giorno non uscì più dalla stanza. Questa era una delle cazzate fatte e più o meno ogni volta che beveva finiva così.

In questi giorni ti ho cercato.

Ti ho cercato in un sogno. Pensavo che magari li ti avrei rivisto tutto intero e magari avresti anche detto quel nome.

Ti ho cercato in un pensiero. Ormai penso solo a te in questo periodo. Penso a come tu possa stare lì dentro, dove tutto è buio e nessuno ti aiuta ad uscire da quell'incubo.

Ti ho cercato mentre camminavo. Pensavo che camminando ti avrei lasciato indietro, ma mi sbagliavo. Più camminavo, più volevo venire a trovarti.

Ti ho cercato nel nostro parco e ho visto un piccolo te e un piccolo me che giocavano. Poi ho visto un me caduto in acqua e un te che cercava di aiutarmi. Poi nient'altro.

Ti ho cercato in uno sguardo che non arrivava mai. In un sorriso che non vedevo. In un nome che non sentivo e non sento da tanto tempo.

«Mi fai veramente schifo Kacchan.»

Non pensavo che non l'avrei
mai più sentito.

Ti ho cercato speranzoso di poterti trovare nel parco vicino al dormitorio dove ti allenavi con il One For All. Ma tu non c'eri. Perché eri e sei in ospedale.






Ti ho cercato, ma non
ti ho trovato.
Ti ho avuto, ma non
ho saputo tenerti.
Ti ho cercato, perché mancavi.

My Healing || bakudekuWhere stories live. Discover now