Capitolo 20

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LO STRATEGA E LA CONTESSA

⎯ Eveline

«Oh, wow... Eve, hai avuto un coraggio strepitoso», commenta Jonathan alla fine del mio racconto della cena mancata e del messaggio sul tovagliolo, «sono senza parole».
Abbasso gli occhi, asciugandomi le lacrime con il dorso della mano.

«Gliel’avranno fatto pagare quel tovagliolo» scherza lui e mi strappa un sorriso. «Ecco, brava, hai sorriso», dice, «non c’è nulla da piangere, sai? Adesso vedrai cosa si inventerà per rivederti...»

«Non penso che vorrà mai più sentire parlare di me», mugugno, «ho sbagliato, Jonathan. Ho agito d’impulso... chissà chi era al telefono... Forse ho esagerato ad andare via così.»

«Eve, tu non sei andata via perché Chester è andato a rispondere al telefono. Tu sei andata via perché hai una fottuta paura che lui possa farti ancora del male... e sai che significa, questo?» mi chiede, passandomi una tazza di tè.
Scuoto la testa.
«Che tu sei innamorata di lui» conclude.

Stringo forte la tazza bollente tra le mani e lo guardo: «Non lo so... so solo che volevo punirlo.»
«Punirlo? Punirlo per cosa?»
«Per tutto, Jonathan... per essere sparito e poi riapparso, per aver chiamato alla radio quando non rispondevo ai suoi messaggi, sapendo di impressionarmi e per aver creduto di potermi riavere non appena mi ha cercata».

Resta un attimo in silenzio, come se stesse riflettendo sulle mie parole.
«Se è questo il vero motivo, Eve... hai fatto la cosa giusta. Niente rimorsi» sentenzia.

Sorrido.
Bene, sì... ho fatto la cosa giusta.
«Scusami se sono corsa qui da te, senza preavviso. Ma, sai... sei stata la prima persona con cui avevo voglia di parlare di tutto questo. Non so come fai, ma riesci sempre a capirmi» e lui mi abbraccia. «Grazie...»

«Grazie a te, per aver pensato a me» dice, tenendomi stretta tra le sue braccia.

«Ora è meglio che vada. Voglio tuffarmi sotto la doccia, mettermi a letto e dimenticare questa giornata» e mi sciolgo dal suo abbraccio.

«Mi raccomando, niente rimorsi» sussurra, riaccompagnandomi sul molo.


Sto ancora dormendo, quando la suoneria del mio telefono invade la stanza e mi fa sobbalzare. Lo prendo e provo a leggere sul display con gli occhi a fessura. Mi sta chiamando un numero che non ho in rubrica.

«Pronto?» rispondo con voce assonnata e richiudendo gli occhi.
«Buongiorno Eveline, sono William Chester».

Con un balzo felino mi siedo sul letto: «Mmh, mmh... Buongiorno Mr. Chester» rispondo, schiarendomi la voce.
«Ti disturbo?» chiede.
«No, affatto. È un piacere sentirla...»

«Anche per me, Eveline. Ti chiamo per invitarti alla presentazione di Mr. Buckley, mercoledì sera. Ho pensato che, dal momento che tu hai preso parte alla correzione del suo manoscritto, magari ti avrebbe fatto piacere esserci...»

«Sì, certamente. Ci sarò. Grazie dell’invito, ne sono felice» rispondo sinceramente lusingata.
«E di che? Ci vediamo mercoledì alle otto.»
«Perfetto, ci sarò. A risentirci, Mr. Chester» lo saluto e metto giù.

Ricasco nel letto a testa in giù. Non posso credere che tornerò alla Chester Publishing...

I raggi del sole entrano timidamente dalle fessure della serranda e mi illuminano il viso. Sorrido. E non posso credere che, quasi sicuramente, rivedrò Chester.


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