Capitolo 23

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UNA INTERMINABILE GIORNATA


⎯ Alexander

Il sole è ancora in linea con l’orizzonte ed io sto già percorrendo la strada che da Mellport porta a Brightintown, due caffè bollenti sono sul sedile passeggero e il fumo e l’odore si diffondono in auto.
Mentre guido sulle note di “Happy now”, Kygo, Sandro Cavezza, ripenso a lei che ride e addenta un hosomaki, mentre mi racconta di un viaggio estivo fatto con la sua amica Amira.
Ha quel modo di sorridere… contagioso, spontaneo e un po’ ingenuo.

Il cartello con la scritta Brightintown scorre alla mia destra ed io compongo il suo numero che appare sullo schermo dell’auto.

«Ehi…» risponde la sua voce assonnata.
«Non starai ancora dormendo?» rido.
«In piedi, vale?» scherza. «Sto chiudendo la borsa, ci sono quasi.»
«Perfetto, passo a prenderti con due caffè. Due minuti e sono da te.»
«Oh, grande! Scendo» dice e riattacca.

Imbocco Roosevelt Street e lei è già lì, avvolta in un cappotto rosso, con accanto un piccolo trolley.
Indossa dei grandi occhiali da sole neri e si accarezza i capelli, come fa sempre quando aspetta qualcosa.
Mi fermo davanti al suo portone.

«Buongiorno signorina» la saluto, scendendo dall’auto per aiutarla con il suo bagaglio.
«Buongiorno Chester. Oh no, non c’è bisogno, posso fare da sola…» dice mentre sistemo la valigia nel portabagagli.

Prendo i caffè dall’auto e gliene porgo uno.
«Questo è il tuo, rigorosamente con lo zucchero».
Gli occhi le si illuminano.
«E io che pensavo di prendere un taxi e saltare il caffè…» commenta, togliendo il coperchio e annusandone il profumo.
«E invece…» le sorrido.
Sorseggiamo i caffè accanto alla macchina.

«Andremo con questa?» chiede, indicando la mia auto.
«No, andremo con quella della casa editrice, è più alta e più spaziosa».
Lei alza gli occhi: «Certo, dovevo immaginarlo…» dice ridendo.
«Andiamo, James e Lucinda ci aspettano» dico, sedendomi alla guida.
Lei fa il giro attorno all’auto e prende posto sul sedile passeggero.

Mentre avvio il motore, la guardo. 
«Che c’è?» chiede, allargando gli occhi. Mi sporgo e le do un bacetto sulla guancia.
«E questo perché?»
«Beh, stavo pensando che prima non ci siamo salutati» rispondo, partendo alla volta della Chester Publishing. E con la coda dell’occhio intercetto il suo sorriso.




«Guido io, non preoccuparti» dico a James, mentre lui e Lucinda prendono posto sui sedili posteriori dell’auto aziendale.
Eve è accanto a me, che cerca di entrare in confidenza con lo stereo, dopo essersi autonominata dj per il viaggio.
James e Lucinda sono due ragazzi di trenta e ventotto anni. Stanno insieme da tre anni e la loro storia è nata proprio tra le mura della casa editrice. Non mi dispiace viaggiare con loro, sono tranquilli e riservati.

Il telefono vibra e prendo la telefonata con i comandi al volante e l’auricolare bluetooth nell’orecchio.
«William?»
«Alex, buongiorno. Siete partiti?» chiede mio fratello.
«Sì, in questo preciso momento.»
«Puntuali, perfetto. Fammi sapere come va l’evento, ok? Tienimi informato.»
«Certo» annuisco.
«Ah, Alex… non mi hai ancora ringraziato…» ride.
«Per cosa?»
«Per averti fatto partire con Eveline», risponde, «scusa ho un’altra chiamata. Buon viaggio» dice poi tutto d’un fiato e riattacca.

E mentre in sottofondo Shawn Mendes canta “There’s nothing holdin’ me back”, mi giro per un attimo e la guardo osservare la strada davanti a noi, felice, mentre oscilla la testa a tempo di musica.
Accelero e penso: hai ragione, grazie William.




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