Capitolo 22

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MISTERO DAL PASSATO


⎯ Eveline

Alto, in giacca e cravatta e terribilmente biondo, il professor Henry Patterson passeggia con fare saccente tra le nostre sedie, mentre spiega le tipologie di errori da individuare e correggere in un manoscritto.
«Nel testo che vi ho dato, potete notare che la spaziatura al rigo tre, non è quella esatta...» continua, passando davanti al mio posto e indicando con il dito il foglio sul tavolino della mia sedia.

È dall’inizio della lezione che lui mi ronza intorno e io cerco di intuire la sua età, con scarsi risultati. Mi confonde il fatto che abbia anni e anni di esperienza nel settore – come ci ha raccontato nella sua presentazione – ma un aspetto da ragazzo all’ultimo anno del College.

Tamburello distrattamente le dita sul tavolo, mentre ripenso al pranzo con Chester di ieri. Devo ammettere che quando me l’ha chiesto mi ha talmente stupita, che ho dovuto pensarci su prima di rispondere. Da quando abbiamo parlato sul terrazzo, durante la presentazione, continuo a ritrovarmelo dappertutto con un fare gentile e carino che non ha mai avuto prima. Non capisco che cosa gli stia succedendo.

Due dita mi schioccano davanti agli occhi.
«Pianeta Terra chiama Miss Valentine...».
Alzo lo sguardo.
«Valentine, ti chiami così, vero?» mi chiede Patterson, tra i risolini dei presenti.
«S...sì, Eveline Valentine» balbetto presa alla sprovvista.
«Allora?» incalza il professore.

Oddio, di cosa sta parlando? Ero qui con il corpo ma la mia mente stava vedendo “Eve e Chester”, il candidato a miglior film mentale dell’ultimo anno.

«L’errore al settimo rigo, qual è?» ripete la domanda, alzando gli occhi al cielo.
Guardo il foglio ma non mi dà neanche il tempo di rispondere.
«Mr. Hampton?» chiede a James, l’altro ragazzo della casa editrice, seduto davanti a me, e lui risponde alla velocità della luce.
Patterson mi fa una smorfietta antipatica e poi riprende la sua lezione.




«Bene, per oggi abbiamo finito, ci vediamo domani ad Innsville alle dodici. Ricordate di portare il materiale su cui abbiamo lavorato. Buona giornata» si congeda.
Raccolgo i fogli con gli appunti, li ripongo nel quaderno ad anelli e mi dirigo verso la porta.

Mentre cerco il mio cellulare, disperso nella borsa, sento qualcuno avvicinarsi a me.
«A cosa pensavi di così interessante? A un uomo?».
Alzo gli occhi, è di nuovo lui: Patterson.
«Io... no.» rispondo colta alla sprovvista.

«Quindi non hai una ragazzo?» mi chiede, guardandomi dritta negli occhi.
I suoi occhi verdi e il suo modo di fare non mi fanno sentire per niente a mio agio. Ma che domanda è mai questa?

«Credo che questi non siano affari suoi» rispondo sicura, in un impeto di coraggio.
«Touché», ribatte alzando le mani, «tu non sei fatta per questo lavoro...»
«Non sono fatta per questo lavoro perché non le ho detto se ho un ragazzo?»
«No, non sei fatta per questo lavoro perché è noioso per una come te. Ami l’avventura, il brivido, il mistero...».

Lo guardo attonita.
Cavolo, come fa a sapere queste cose di me?

«Emani quell’energia vitale che emanano gli scrittori... dovresti scrivere, non correggere il lavoro degli altri» conclude e se ne va, lasciandomi in piedi vicino alla porta, come una che si è appena svegliata da un sogno ambiguo e inquietante, di cui non ha capito niente.




«Mi dispiace per il ritardo» esordisce, entrando in aula, un signore calvo con dei simpatici piccoli occhiali tondi sul naso e una borsa da lavoro di un blu elettrico tutt’altro che sobrio.
«Buonasera a tutti, io sono Thomas Lee, professore di grammatica all’Università di Oxford» si presenta.

Bitter LoveWhere stories live. Discover now