XII

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Numerosi beep metallici invadevano il mio udito mentre la visuale si apriva ad una stanza dai toni grigi e azzurri. Il tipico odore dell'ospedale, quello che vorresti sentire il meno possibile, si mescolava ad un'intensa colonia a me fin troppo familiare.
Eri qui, proprio accanto a me, con lo sguardo allarmato e le mani che tremavano sulle cosce, mentre io distesa conducevo la mia ultima battaglia con il mal di testa che pian piano, seppur lentamente, si affievoliva.
Ma non potei fare a meno di schiudere un sorriso, perché eri così bello.

E finalmente tirasti un sospiro di sollievo: "Grazie al Cielo, Yvonne..." perché il mio nome sulle tue labbra suonava come 100 poesie d'amore concentrate in un solo secondo.
"T-Tae.. sono... contenta... che tu sia qui" Ormai il mio cuore iniziava, a passi molto piccoli, a parlare chiaro, dato che in questione di minuti mi avevi salvato la vita, portandomi qui.
Sotto il tuo sorriso c'era il tuo petto che stava per scoppiare, ma mantenesti il tuo adorabile tono professionale.
"Ben svegliata, signorina Cooper! Il suo ragazzo è stato fenomenale, se non fosse stato per la sua chiamata le sue funzioni vitali sarebbero crollate in meno di un minuto." Dichiarò la dottoressa in sala, facendomi quasi perdere - stavolta per davvero - un polmone e mezzo con la storia improvvisata del mio... "ragazzo". Ma feci del mio meglio a continuare la "nostra" scenata.

"Quanto tempo ci vorrà prima che la dimettano?" Tornava la preoccupazione sul tuo volto.
"Sta benissimo, fortunatamente. Solo un lieve trauma cranico ma nulla di grave, battito e respirazione sono regolarissimi. Entro un paio d'ore potrà finalmente tornare a casa, ma le raccomando signorina, non si stressi in alcun modo!" Spiegò in modo chiaro la dottoressa, seguita da un mio cenno, per poi passare da un altro paziente in una stanza vicina.
Incastonai le mie iridi alle tue, perché in quel momento non ero solo io a essere vulnerabile.
Le tue labbra rosee si curvarono in un sorriso dannatamente contenuto.
"Grazie."

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Era così rilassante, per me, osservare gli sfondi variopinti, selezionare con cura gli oggetti di scena per realizzare i migliori scatti della mia agenzia. Passavo molto del mio tempo libero a organizzare e selezionare il materiale della migliore qualità, e soprattutto mi piaceva aggiungere sempre qualcosa di nuovo alla mia collezione di interior design; volevo che casa mia fosse semplice ma accogliente, con una varietà di colori, arredata unicamente.

Soddisfatto dei miei acquisti mi diressi subito alla mia Audi posteggiata, e mentre il sole splendeva gioioso il mio sguardo si abbassò su una scena che mi schiacciò il petto.

Eri proprio tu. Eri proprio lì, ma sembravi così... diversa.

Come potevi passare la lingua sulle labbra di un coglione qualunque? Come potevi adagiare il tuo corpo su una rognosa moto randagia? Come potevi ridere e poi ridere con un volto anonimo, un cuore estraneo, che neanche conosceva la tua vera anima?

"Hwayoung! Che cazzo fai!" I miei urli rabbiosi si scontravano con quella mattinata felice.
Osservai attentamente la tua testa, che lievemente scattò, ma senza un successo. Anzi, sembravi più soddisfatta di prima. E subito facevi cenno alla tua "fiamma misteriosa" di partire per la vostra insensata strada.

E gridavo il tuo nome altre innumerevoli volte, e correvo come un pazzo, con gli occhi esplosi di nero, cercando invano di raggiungere la bellezza che eri.
Ma maledizione, stavi già sfuggendo dalla mia vita.

Un dolore lancinante alla testa mi fece finalmente spalancare le palpebre, e arruffavo i capelli richiamando alla mente l'incubo che si era appena creato. Con una forza sovrumana piombai giù dal letto, con i pugni completamente chiusi, e le labbra che minacciavano un ringhio disperato.

that crazy photographer | kthUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum