VI

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Respiravo a pieni polmoni il tuo profumo, adagiata sulle tue spalle scure e possenti, mentre i miei occhi trovavano riposo dopo aver incontrato la più infuocata passione.

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Agosto.

L'umido scirocco avvolgeva il tuo corpo quando ti vidi giungere su questa terra bagnata dal mare.
La tua nave era distrutta? Cosa portavi con te? Dov'erano i tuoi compagni?

Erano queste le domande che mi ponevo, mentre lentamente avanzavi per addentrarti nell'esotica isola, piena di alberi dal verde vivido.

Ormai non ero più l'unica naufraga a dover fare i conti con la natura selvaggia. Ma si sa, per sopravvivere non devi fare l'uomo.

Devi fare la bestia.

Polverizzare tutti i tuoi affanni e dare ascolto alla tua carne, e procurarle quello che necessita.

Mi avvicinai rapidamente alla tua figura, senza esitazione, per scoprire chi tu fossi. Parlavi una lingua che non conoscevo, e non sapevo come aiutarti.

Ed è proprio qui che noi uomini dobbiamo diventare ciò che siamo.
Animali.
Seguire solo i bisogni che stringono il nostro ventre, e portarli a completo soddisfacimento.

Era chiaro che dovessi rispondere alla tua prima necessità, nutrirti, così ti presi per mano e ti condussi verso la mia ormai piccola dimora. Non esitasti a seguirmi, ma ti fidasti ciecamente, accompagnato ben presto da un sereno focolaio di luce.

Era d'obbligo per me offrirti del pesce salato di mare grigliato su quel misero, ma vitale, fuoco.
E tu mi ringraziasti subito, e ti saziasti in fretta. E anche nelle barbare passeggiate in mezzo alle sterpaglie ti adattasti ben presto, imparando a domare la fauna circostante.

Poco prima del calar del sole, decidemmo entrambi di ritornare alla caverna, per consumare le nostre provviste. Le chiare fiamme concentravano tutta la luce sulla tua pelle, scura e ricca di segni particolari.
Mi accorsi, solo in quel momento, che sul tuo collo apparivano profonde, intricate, misteriose vene tinte nere d'inchiostro.
La mia attenzione cominciò finalmente a focalizzarsi sul tuo volto singolare, ad osservare i tuoi occhi scuri, profondi, spesso coperti da una bellissima chioma di riccioli neri.
La tua figura longilinea lasciava comunque trasparire delle zone più robuste, toniche, dalla pelle color cappuccino.
Il tuo era un fascino disarmante.
E anche tu, silenzioso e privato della tua lingua, eri curioso del mio viso, delle mie forme, delle stoffe che le esaltavano.

Il nostro era un dialogo di gesti.
Il nostro era un linguaggio guidato dai nostri corpi.
Il nostro era un incontro che solo la nostra carne poteva iniziare.
E in un istante, proprio come bestie pronte a soddisfare le loro esigenze, eliminammo le distanze.
E ci assaggiammo a vicenda, sentendo sotto la nostra pelle il sale che decorava i nostri corpi.

Stringimi, mio pirata, amami come nessuno.

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Un rumore metallico interruppe le coccole delle lenzuola di seta, e stordita cercai di spegnere l'aggeggio infernale che lo produceva.
Una lento lampo di nervi mi colpì la testa facendomi ricordare in che luogo mi fossi svegliata.
Da sola.
Subito si infuocò d'ansia il mio stomaco, mandando scosse di panico in tutto il mio corpo, cercando di riportare alla mente i fatti della notte scorsa.
Portai una mano sulla fronte guardandomi attorno, e i miei occhi si spalancavano sempre più, accorgendomi di essere completamente nuda.

Volevo soltanto urlare.
Dalla vergogna.
Ma la paura di essere registrata dalle centinaia di videocamere che adornavano quell'enorme palazzo fermò la mia gola in fiamme.
Avevo la sola intenzione di vestirmi e fuggire da quel posto il prima possibile.
Poi, tre lievi battiti alla porta.
"P-permesso, signorina Cooper? S-sono la governante del signor Kim" pronunciò una voce debole.
Esitai per un istante, non sapendo minimamente come rivolgermi, data la situazione a dir poco imbarazzante.

"Non voglio crearle alcun disturbo, ma il signor Kim mi ha detto di riferirle che deve presentarsi allo studio tra esattamente mezz'ora e accanto al suo letto troverà pronti tutti i suoi vestiti e oggetti per l'igiene personale, come ordinato da lui. In fondo a sinistra troverà la sala colazione con tutto quello che desidera, e accanto alla sua stanza il bagno per prepararsi. Mi s-scusi ancora, signorina Cooper" annunciò a velocità supersonica.
"G-grazie mille." mi limitai a rispondere, una volta recepito tutto.

Notai, tra la stoffa dell'abito che dovevo indossare, un piccolo biglietto bianco.

"Ben svegliata pupa. Non fare tardi o ti darò la mia punizione."

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"Signorina Cooper, finalmente."

Ti odio.

"Sono 4 minuti di ritardo, impensabile da una come lei."

Mi hai lasciata da sola.

"Non mi costringa a licenziarla... sarebbe un peccato, vero?"

Sei un irresistibile stronzo.

"Venga subito qui e raggiunga le sue colleghe. Oggi iniziamo un lavoro particolare. Voglio proprio vedere se lei ne è all'altezza."

Non meriti neanche un briciolo di me.

I tuoi occhi stavano per scoppiare in una risata beffarda, mentre penetravano nella mia anima tremolante. E io, stupida me, continuavo a essere maledettamente attratta da quel pazzo fotografo.
Le tue iridi dicevano tutto e dicevano niente, mi modellavano in un silenzio assordante.

Ad ogni modo, il tuo lavoro da bel maniaco lo ponevi al primo posto, dato che avevi intenzione di farci posare senza nessun vestito addosso.
Molte sfacciate non esitarono ad accettare, e a poco a poco seguirono le approvazioni di tutte le modelle dell'agenzia. Avresti dedicato ad ognuna, con i tuoi scatti, delle "attenzioni" speciali.
Al sol pensiero, il mio petto iniziava a ribollire di protesta.
La mia testa continuava a mandarmi flash di quelle lenzuola blu, e più ti guardavo, più la tua pelle sudata riappariva vivida.
Lo sapevi tu, tu che dopo avermi stuzzicata, non mi esortasti a seguire immediatamente la tua attuale iniziativa. Mi limitai a mimetizzarmi.

Rifiutò invece una sola ragazza, che riteneva il servizio assurdo per il tipo di lavoro che doveva condurre.
Il suo nome era Lee Hwayoung.
Era una ragazza di cui si sentiva spesso parlare in agenzia, era una ragazza bella, creativa, dolce ma spesso in guardia. Era impossibile non notarla.

"Io non voglio partecipare a questo scempio. Il corpo è mio, posso toccarlo solo io, posso vederlo soltanto io! Non mi metterete mai un dito sopra, mai!" Si ribellava con tono deciso, ma cercando di mantenere la professionalità.

Tu sorridesti. Era un ghigno potente, di quelli che riuscivano a farmi tremare il basso ventre. Maledetto te e la tua essenza.
"Ah, Signorina Lee... sempre la solita. Sa che succede per i ribelli come lei?" La guardasti fermo, con imponente tono di sfida.
"Licenziatemi pure, sarete voi a perdere la vostra modella migliore!" Ribatteva la ragazza, sempre più sicura delle sue scelte.
"Pff... mi segua allora, avanti."


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Quel pazzo maniaco mi portò davanti a una porta d'ufficio, per poi bussare velocemente al proprietario di stanza, che lo accolse subito.
"Baekhyun, pensi tu a questa ribelle?"
Vi bastò un'occhiata per intendervi subito.
"Non devi dire altro."

Non esitasti a sbattere la porta, esortandomi poi, con un tono fin troppo stabile, a prendere posto.
I tuoi occhi incontrarono i miei, e non intendevano lasciarmi un istante.
La tua aura oscura circondava le tue spalle larghe, che segnavano i contorni della tua figura.
"Dunque, cara Hwayoung, qual è il tuo problema?"

that crazy photographer | kthWhere stories live. Discover now