III

346 29 16
                                    

"I can be temptation,
you can be my sin"

Eri sempre stata la mia preferita.

Di modelle ne avevo tante, ognuna impreziosita da curve aggraziate e viso candido.

Ash Lewis era il mio gioiellino: lunghe ciocche color moka, labbra fresche e rosee e sguardo sempre accattivante. Era molto introversa, ma le sue pose riflettevano la sua fermezza e la sua eleganza.

Miyamoto Haru irradiava colori caldi, sensuale ed energica. Dolce ma onesta con tutti, di lei era il coraggio che mi affascinava. I suoi occhi sprigionavano forza e delicatezza.

Completamente diversa era la sua amica, Lee Hwayoung: era un vulcano pieno di idee, e il suo sorriso metteva tutti di buon umore in agenzia. I suoi occhioni dolci rivelavano in realtà una forte passione, che soltanto nelle foto traspariva.

Non pochi brividi mi provocava Alice Wood: i suoi capelli erano tinti di un acceso magenta, e i suoi occhi scuri potevano mangiare chiunque in un batter d'occhio. Tengo ben custodito ogni suo scatto.

Ognuna di loro era una stella, ma tu eri la fiamma nascente tra le mie mani.
Ti insinuavi nel mio petto e bruciavi, bruciavi più misteriosa che mai.
Ma era la mia presenza ad accendere la parte più bella di te, quella più nascosta, quella che tu temevi tanto.
Riuscii a percepirlo il giorno precedente, quando mordevi le labbra cercando di frenare quella impaziente vibrazione.

In un attimo catturai il tuo talento speciale. Eri diversa dalle altre: il tuo corpo racchiudeva leggerezza, grinta e seduzione. Ed era quest'ultima ad attrarmi maggiormente. Ogni tuo singolo movimento era una magica tentazione.

Notai subito l'invidia che ribolliva nelle tue colleghe, nel momento in cui decisi di portarti con me sul tetto dell'edificio. Non avevi bisogno di ulteriori servizi di prova in quel noioso studio.
Il mio desiderio era quello di verifica.

Il sole dorato riscaldava i nostri corpi, mentre preparavo la fotocamera e aggiustavi il tuo abitino floreale rosa, accompagnato da una giacca beige.
Il tuo viso era adorabile, ma le tue curve erano pericolose.

"Naturale." Ti diedi soltanto quest'istruzione.
Già tesa, iniziasti a improvvisare alcuni gesti lontani dalla semplicità.
Annullai dunque la nostra distanza per specificarti il mio invito.
"Non ho detto pose ridicole, ho detto naturale. Te stessa." abbassai il tono di voce.
"Non... non ci riesco..." eri diventata di pastafrolla.
"Guardami quando ti parlo. Maledizione, datti un po' di arie!" Sospirai, alquanto deluso dal tuo atteggiamento.
Le tue palpebre, una volta allontanatomi, si aprivano e si chiudevano ininterrottamente.

La tua intera superbia con cui avevi messo piede in questa agenzia stava pian piano sgretolandosi, lasciando il posto a una ragazza fragile e insignificante.

L'intera situazione non ti metteva a tuo agio, o meglio, eri tu troppo pigra a non lasciare questa fottutissima compostezza.
"Senti signorina, mi stai dando molto fastidio. La porta è di là, ti aspetta." Iniziai a indicarti l'uscita dell'edificio, prima di tornare incurante sui miei passi.
"Una nullità." dissi tra me e me, mentre tu eri ancora nello stesso punto.

E finalmente ottenni la reazione che speravo, l'unica che mi avrebbe pienamente convinto del tuo valore.
"Come ha detto, scusi?" La tua voce esplose dal tuo petto, vibrante.
"Ho detto una nullità." Pronunciai, tranquillo, ancora una volta la mia provocazione, e finalmente liberasti un profondo, sonoro sospiro.

"Vuole ritrarmi naturale? Lo faccia. E in fretta, non ho tempo da perdere." Il tuo tono si manteneva corposo, ribelle.

L'obiettivo focalizzava sempre più le tue espressioni e i tuoi gesti che, finalmente, dal petto prorompente, sbocciavano uno ad uno.
Occhi di fuoco, labbra serrate, e spesso anche pugni chiusi.

La rabbia ti spolpava viva, e mi piaceva infinitamente.

"Abbiamo finito, signorina Cooper." Annunciai mentre spegnevo la macchina fotografica.

Dalle tue labbra maledettamente belle, gonfie e rosse, uscivano ancora tanti sospiri, carichi di tensione.
Non dicesti una parola, o meglio, la tua condizione non ti permetteva una minima replica.

"Domani ti aspetto a questo indirizzo, 20:30, sii puntuale." Ti avvisai, porgendoti il biglietto del luogo da frequentare.

Il tuo sguardo era agganciato al mio e non osava liberarmi, come il mio desiderio di te non intendeva abbandonare la mia carne.

that crazy photographer | kthDove le storie prendono vita. Scoprilo ora