V

319 23 30
                                    

Rosso e peccato si dipingevano sul tuo viso, mentre il tuo sguardo cercava l'equilibrio sull'obiettivo.
Oscillava il tuo corpo, un disordine così ordinato.
Eri così bella, quando le tue labbra si ammorbidivano dolci di vino.
E quelle sottili braccia candide, quella pelle che volevo tastare, assaggiare...

Sentirne ogni centimetro sotto le dita.

E tu, con quella finta innocenza, sorridevi, ma iniziavi ad allentare quell'inutile e stretta stoffa. Non occorreva usare il flash sul tuo corpo che irradiava passione, riscaldato dall'ebbrezza liberatrice.

Scattai la fantasia che si sprigionava dai tuoi occhi, e ben presto si sarebbe mescolata alla mia. Lasciai che fossero le tue forme a parlare, mentre la mia carne bruciava sotto quel lino.
Eri proprio tu, folle assetata, che liberavi la pelle mentre l'obiettivo ti guidava alla vergogna più giusta.
Perché lo volevi anche tu, e io ti lasciavo fare.

E immortalai i tuoi capezzoli turgidi, e tu mi guardavi sorridente, spensierata, libera.
Tu eri ebbra di me, ed eri troppo ebbra per provare vergogna.
E mostravi le tue cosce morbide, mentre la genuina stoffa copriva ancora invano il tuo intimo.

Dalla mia gola non uscì una nota, premevo ripetutamente su quell'aggeggio per immagini che avrei visto io, e soltanto io.
E quel viso... se solo fosse stato mio.
Il mio petto si appesantiva prepotente, mentre il nero invadeva le mie iridi.

Il leone che minacciava di squarciare il mio corpo da dentro era intrappolato, perché quel briciolo di odioso spirito mi aveva ricordato delle quattro mura professionali in cui eravamo.
Posai la fotocamera in un angolino, mentre la tua bocca sussurrava e il tuo corpo gridava il mio nome.
E allora mi avvicinai a quel letto, cercando risposta nei tuoi occhi che sudavano di desiderio.

Ti osservai a lungo, quanto bastasse per farti trasformare quel sorriso ebbro nel vero volto bestiale che ormai ci avvolgeva.
E ci stringeva.
Così mi concentrai a rimanere fermo, e ottenni consenso dalle tue dita curiose, che mi tastavano il petto.
Ed esplose il ruggito del leone, che si avvinghiò alla tua carne e non la lasciò mai più.
Le mie mani stringevano gelose le tue spalle, mentre la mia bocca avida baciava l'incavo tra spalla e collo.
E allora sorridevo io, perché ti sentivo.

Da troppo tempo ormai sognavo di toccare la tua pelle con i denti e succhiare forte, assaporare con la lingua e respirare il tuo profumo.
E i tuoi sospiri erano tanti, insaziabili.
Questo fu il primo pezzo di te che assaggiai, ma ti volevo tutta, tutta per me.
E salii sul collo, e mordicchiai l'orecchio, e accarezzai i tuoi capelli, unico simbolo di delicatezza in questo selvaggio amplesso.

In poco tempo ti ritrovasti distesa sotto le spalle larghe del tuo fotografo, che ti portò le braccia sopra la testa, quando strappò in un solo gesto la sua camicia aderente. Tu chiudesti di scatto gli occhi, in un viso rosso fuoco.
La mia bocca si scagliò sui tuoi grossi seni, duri, così preparati per me. Avviluppai le labbra su uno e sull'altro muovevo la mia mano, per poi fare cambio.
Le tue palpebre si spalancarono di lussuria, dalla tua gola uscì un urlo strozzato, e la mia lingua scorreva più veloce, e impazzivo sulla tua pelle.

Il tuo istinto ti ordinò di aggrappare le gambe ai miei fianchi, eri così disperata per il mio corpo.
Ma non eri tu a dominarmi.
"No no, principessa..." - sollevai le tue cosce e colpii forte il mio palmo sulle tue natiche - "Comportati bene con me." sussurrai, ottenendo un obbediente gemito e una scia di brividi dalla tua pelle.
Sorrisi e lasciai un bacio sulla zona arrossata, per poi stringerne un pezzo: "Brava, piccola." Mugugnasti di piacere.

Le mie labbra bagnate tornarono sul tuo busto, per poi scendere, lentamente, sul tuo ventre piatto.
E i tuoi fianchi, i tuoi fottuti fianchi larghi... erano il mio paradiso.
Le mie dita premevano tanto da lasciare segni violacei che già si erano diffusi sulla tua morbida pelle, così dolce, così invitante, così perfetta.
"Taehyung..." gemevi disperata.
Mugugnai divertito quando tirai giù il tuo intimo con i denti, e ottenni da te il più melodioso urlo.
E allora strinsi quel retro più che mai, perché dovevi essere sotto il mio controllo.
"Comportati bene, Yvonne." sussurrai, e ti impegnasti a soffocare quei gemiti ribelli.

I tuoi innumerevoli respiri inondavano la mia stanza notturna, mentre la mia lingua ti assaporava dentro e fuori, ed eri così bella tu che perdevi il controllo.
Le tue piccole dita si poggiavano sui miei capelli, e la mia bocca non ne aveva abbastanza del tuo salato sapore. Sorrisi, perché eri un fiore tutto per me.
Strinsi con forza le tue cosce per poi leccare un'ultima volta la tua intimità, e tu carezzavi i tuoi seni cercando di allentare la tensione ormai troppo alta.

In un attimo mi spogliai dei miei vestiti da fotografo, e divenni finalmente l'uomo che ben presto ti avrebbe regalato una notte indimenticabile.
Scivolavano le tue mani sulla mia schiena bagnata di sudore, e graffiavano le tue unghie, quando a ritmo dei tuoi gemiti mi inserivo nelle tue avide pareti.
E sorridente piangevi, perché la tua carne non si era mai stirata così tanto, non abituata alle grosse e prepotenti vene che pulsavano dentro di te.

Arrivasti al culmine troppo presto, ma il tuo dolce liquido non tardò a inondarmi. E fu proprio quando stringesti al massimo le gambe al mio torso che provocasti in me una tempesta. Il mio stomaco non ragionò più, le mie braccia si indebolirono, le gambe allentarono la tensione, tutto il mio corpo rispose a un unico comando: sparare dentro di te tanto di quel liquido tale da poterti ingravidare subito, se avessi voluto.
Era abbondante, troppo, e scendeva a veloci gocce dalla tua apertura, colando sulle lenzuola.
Le tue spalle ricoperte di segni, mentre mi assicuravo che tutto me stesso si unisse interamente al tuo corpo, non muovendomi di un centimetro.
"Tae..." le tue labbra erano dolcemente confidenziali, in uno scenario perfettamente sbagliato.
Ti lasciai esprimere, sapendo che al posto tuo a parlare era l'alcol, e non più la ragione.
Perché era il tuo istinto a chiamarmi per nome.
Era la tua vera essenza a volermi.
Quella parte di te che finalmente avevo scoperto, la tua pelle nuda che finalmente mi facesti toccare e gustare.
Sospirai tremante sul tuo petto, per poi staccarmi e sovrastare la tua figura ancora una volta.
L'ultima, per questa notte.

"Sei bellissima." Le mie pupille erano fisse sulle tue vagabonde, le mie labbra erano rosse sui tuoi seni ricoperti di sudore.
E il mio corpo non riusciva a smettere di sorridere.

Come le tue labbra, che si schiusero timide mentre la tua figura si rimpiccioliva tra le lenzuola.
E allora sollevai quel cotone sui nostri corpi, anche se la temperatura di quei muri lo avrebbero quasi liquefatto. Ma forse avevo capito perché ti eri coperta. Non cercavi ulteriore calore, ma cercavi protezione, conforto per la tua anima sprigionata.
Le tue forme chiamavano le mie, in un'attrazione che mai si spense.

E ti tirai allora sul mio petto umido, rovente, e ne trovasti casa stringendoti forte. Eri come se gelosa di qualcosa, o qualcuno, che avresti potuto perdere. Un dolce desiderio che, con la tua bocca, si concentrava sui miei pettorali.
E io ti accarezzavo le braccia, morbide e vellutate.

Il mio sorriso minacciava di esplodere con la più grande felicità, ma incontrò troppi ostacoli.
Avevo conosciuto il tuo corpo, imparato a dominarlo, a mescolarmi con la tua carne impaziente. La passione che lasciava forti scosse elettriche sui nostri corpi.
Una delizia per i nostri sessi.
Ma non avevo ancora conosciuto il tuo viso.
Sentivo le mie labbra troppo colpevoli per poterle posare sulle tue, ancora fresche e delicate.
Permaneva in me quell'animalesca voglia di consumartele fino a rendertele rosse e gonfie, ma stranamente stavolta fu la ragione a guidarmi.
Toccare il tuo bel viso sarebbe stato un paradiso, e dirti davanti agli occhi quanto tu per me stavi diventando essenziale.

Eri bellissima.
Eri stravagante.
Eri irresistibile.
Eri diventata la mia fantasia più grande.
Eri diventata la sola donna pronta ad aprire il mio cuore duro di leone.
Ma non potevo nemmeno sfiorare il tuo volto. Non mi era lecito pensarlo, dovendo obbedire alla professione con cui ti avevo incontrata.
Non mi era lecito guardare nel profondo quegli occhi, al sapore di cioccolato fondente, che racchiudevano tanta passione.

La mia testa allontanava il mio cuore dal tuo, imponendogli di stare calmo.
Imponendogli di non poterti dire, guardandoti fissa negli occhi, prima di baciare le tue rosee labbra, e ammirate il tuo splendore...

...Ti amo.

that crazy photographer | kthDove le storie prendono vita. Scoprilo ora