XIII

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Il sole del mezzodì splendeva in quella radiosa giornata di domenica, illuminando la camera che sapeva di te. Non mi capitava di svegliarmi così tardi da mesi e mesi. Ma a colpire i miei sensi era soprattutto una curiosa melodia, probabilmente polistrumentale, che proveniva da una zona non troppo lontana.
Mi sciacquai viso e corpo e rapidamente indossai i vestiti trovati la sera precedente, per poi dirigermi verso il lungo corridoio dell'appartamento.

Ed ecco che quella melodia ritmata e molto, molto allegra, si faceva ancora più vicina.
Obiettivo raggiunto.
Si trattava del mio incantato fotografo 26 enne - in questo momento sembrava ne avesse la metà - che, in maniera del tutto buffa e spensierata, ballava e cantava sulle note di Closer, una canzone riarrangiata in stile Retrò anni '50.
Eri così grande nel tuo corpo ma così piccolo nella tua testa, con i pantaloncini del pigiama che oscillavano con ogni dondolio delle tue preziosissime gambe.
E imitavi tutti i passi del cantante sullo schermo, sorridendo beato nei tuoi vestiti oversized.
Trovai la scena troppo comica per non essere ripresa, così iniziai a fare un breve video con il mio cellulare.

Una volta finita la canzone e spento il televisore del salone, il cucciolotto perso nel vuoto si accorse della mia figura appoggiata al telaio della porta, con un sorriso così puro che mi veniva davvero difficile nascondere.
"Oh! Yvonne! Sei sveglia... stavo venendo a portarti la colazione..." Ti allontanavi dal televisore tutto frettoloso.
"Mi dispiace se ti ho svegliata così..." Le guanciotte si facevano morbide mentre calavi la testa come un bimbo in colpa, ed eri semplicemente mio.
Non ancora in realtà, ma mancava davvero poco. Sorridevo divertita.
"P-perché ridi così? Che succede? ...Non dirmi che... Mi hai filmato mentre ero davanti alla TV??" Finalmente realizzasti in un broncio troppo carino.
"Forse..." soffocai invano una risata piena di infatuazione.
"Fammi vedere e dammi il telefono... vieni qui!!!"
E l'inseguimento ebbe inizio.
Eravamo proprio due ragazzini.

Tutto il corridoio in una spiritosa corsa, fino a quando non tornai verso il salotto, ma qualcosa stravolse tutti i miei piani.
In un solo attimo frenetico, il tuo corpo collassato sul mio.
Pupille enormi, nere come il carbone, mi dominavano tutta intera.
Il mio sguardo si spostò sul tuo collo, invaso da quelle vene di inchiostro che ricordavano il mio sogno leggendario di passione, e tremavano poi le palpebre sulle tue labbra color lampone.
I tuoi occhi rimanevano fermi sui miei vaganti.
Deglutii mentre su di te si formò il ghigno più malizioso di sempre.
Lenti sospiri, poi tre dita lunghe e affusolate si fanno strada tra i miei capelli scompigliati.
"Signorina Cooper, ti hanno mai detto che sei bellissima?" La tua fottuta voce vibrava sotto la mia pelle.
Ma riuscii, non so come, a liberare una risatina imbarazzata: "Togliti di dosso!"
"Perché mai? Stai così bene sotto di
m-" Leccavi già il tuo labbro, ma il mio palmo ti fermò in pieno in un grazioso - gentile seppur deciso - schiaffo.
Lo stesso sospiro, lo stesso sorrisetto divertito con cui volevi divorarmi viva.
"Lo sai anche tu che più mi respingi, più mi avvicino." Adesso soltanto pochi centimetri separavano i nostri visi, e io voltai il mio lontano dal tuo sguardo.

Fu tutto inutile, perché le tue mani lo portarono delicatamente al suo posto.
"Sei così bella, piccola mia." Mi rendevi così debole sotto il tuo contatto, che fosse visivo o fisico.
"Taehyung, ti prego, non rendere tutto più difficile!" Stavi facendo impazzire ogni vena del mio cuore, e facevo fatica a mantenere le mie "risate", perché cazzo se volevo spolparti le labbra in quel momento.
"Va bene, ti lascio andare... ma almeno fammi vedere questo video!"
E feci come dicesti, finalmente. Ma quel video era così buffo che non potei trattenermi.
"Ah adesso ridi? Sei proprio terribile"
Parole che lasciarono posto a un disarmante solletico, tutto sotto di te.
Eravamo un tenero disastro, io che sorridevo quando tu riuscisti a lasciare un dolce bacio sulla mia fronte.
"Non reprimere mai quello che hai dentro" Mi ricordavi, anche tu con il rosa tra le guance.
"Si, come no" ormai stavo tentando di tutto per non cadere tra le tue braccia.

Ma a chi la volevo dare a bere, immenso stronzone mio.

"Usciamo oggi? Voglio portarti en plein air e dipingere tutta la tua figura su tela."

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Il Seoul Forest Park era infinitamente ricco di verde, piante ed alberi di ogni tipo, così belli e rigogliosi. E mi sentivo un piccolo germoglio sotto la tua soffice chioma.
Immancabili i tuoi scatti alla bellezza della natura, nella quale mi immergesti con una facilità estrema.
E sorridevo come non mai, innamorata di te e di tutto quello che eri, mentre venivo ritratta dalle tue dolci pennellate sulla tela bianca.
Il tuo cuore gridava al mio in tutti i modi, battiti rapidi che si intrecciavano nell'aria.
Oggi eri tu a dipingere ma, diamine, ormai io ero capace di riprodurre tutti i nei del tuo viso alla perfezione, ancora e ancora.
Ogni tanto facevi una pausa dal tuo lavoro variopinto e provavi a carezzarmi con le labbra.

"Beh, questo sarà il tuo sesto o settimo tentativo di baciarmi" Affermai divertita, quando in realtà ero io a pendere dalle tue labbra e seguire i passi che facevi. Alla mia frase ti gettasti sul prato come un disperato: "Aish... Quando mi darai una chance?"
"Shh, devi aspettare il momento!" Toccai con l'indice il tuo meraviglioso neo sul naso.
"Non prendermi in giro, Yvonne"
La voce usciva rauca, il tuo sorriso frustrato mentre i tuoi pantaloni si stringevano sempre più visibilmente.

Ti facevo davvero quest'effetto?

Una volta terminato il ritratto en plein air, i miei occhi brillarono riflettendo gli stessi colori di quella tela. Poi ci sdraiammo entrambi a fissare il cielo, dopo un'intera giornata immersi nell'aria salubre. Avrei voluto tanto prenderti la mano in quel momento, ma sotto l'eventuale sguardo di un qualche conoscente saremmo finiti proprio male.
"Grazie" sussurrai con voce flebile.
"Per cosa?" Il tuo orizzonte era solo il mio viso.
"Per tutto. Per aver interrotto il lavoro, per aver chiamato subito i soccorsi, per esserti preso cura di me. Non c'è stato un attimo in cui mi hai lasciata sola in questi due giorni." Rivelai a pieni polmoni.
"Sei la mia modella preferita, cara.."
Iniziasti stupidamente.
"...Fino a quando stai con me, non ti potrà mai succedere niente." Adesso sì che riconoscevo il tuo vero lato, quello tenero. Ma ce n'è voluto di tempo per rivelarlo.

"Guarda che bel tramonto" alzai il mio busto per osservare le decine di sfumature viola presenti nel cielo.
Mi incantavo sempre a guardare i tramonti, fin da ragazzina credevo che ogni suo colore rappresentasse un pezzo d'animo di una persona speciale. Forse l'avevo già trovata, chissà.
"Già." Ti limitasti ad annuire, appena dietro le mie spalle, a fare non so che cosa.
Il tuo respiro premeva sulla mia nuca: "Ti accompagno a casa."

E ritornavo, tutta guarita, tra le stanze del mio appartamento minuscolo, mangiando un'insalata e guardando la TV, con la testa piena di pensieri.
Perché non riuscivo a togliermi dalla vista quel paio di occhioni neri sormontati da un cespuglio lucido e morbido. Perché mi abituavo sempre più a sentire, nelle mie giornate, la tua splendida voce, e a bramare il tuo delizioso tocco.
Fortunatamente il giorno ssguente sarei tornata al lavoro, e tutto di questo si sarebbe palesato ai miei insaziabili sensi.
Ma di una cosa non mi accorsi minimamente, mentre mi cambiavo per mettermi il pigiama, osservando allo specchio il retro del mio braccio.
Definirmi sorpresa era fin troppo poco: ero accecata d'amore.

"보라해"

that crazy photographer | kthWhere stories live. Discover now