~Capitolo 9.

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-Signorina Williams, qual é la parallela all'origine dell'asse?-Domandó il professore svegliandomi bruscamente.
Dormire sul banco é la cosa più scomoda che esista, ma dopo aver dormito tre orette scarse, diviene una reggia.
Eravamo tornate verso le cinque del mattino, e nessuna di noi aveva un'espressione molto sveglia. Forse solo Lena, ma lei era un caso a parte.

-Cosa?- Chiesi, con uno sbadiglio, alzando appena la testa. Poi, quasi non riuscendo a sostenerla, la testa mi ricadde sul banco.

-Signorina, se non ha dormito abbastanza é un problema suo. Ma non deve approfittare della mia ora per dormire.-

Sbraitó il professore, e mi toccò sforzarmi di seguire per tutta l'ora.
Grazie al cielo, mancava poco e la tortura sarebbe finita.
Non seguivo matematica con Lena, Jacob o con le mie sorelle perciò non potevo neppure sperare di fare una conversazione decente.
Ma siamo nel ventunesimo secolo, nel bel pieno dell'era della tecnologia, perciò potevo comunicare in un altro modo.
Presi in mano il telefono e mandai rapida un messaggio a Lucas, un mio amico che abitava in Spagna.
Lucas era più grande di me di qualche mese, e quando ancora frequentava la scuola, formavamo un trio magnifico.
Aveva un bellissimo rapporto con Lena, tanto che tutti erano convinti che stessero insieme. Peccato che  fosse gay.
Ma un giorno, non sopportando più le critiche pesanti sull'orientamento sessuale del figlio, il padre decise di accettare il lavoro che la sua ditta gli offriva in Spagna, e di portarsi dietro tutta la sua famiglia. (Lucas e il gatto).

Mi mancava tantissimo, ma mi rincuorava che in Spagna avesse  avuto modo di ricominciare.
Gli raccontai tutto, senza tralasciare nessun dettaglio.

Gli narrai di James, di Annie ubriaca e della nottata a casa di Lena. Gli scrissi di come James fosse simpaticissimo e cordiale, della reazione di Arya al lancio della maglia della Colombia e del professore stronzo di matematica.
E il bello fu che Lucas non sbatté ciglio. Se lo avessi raccontato a un qualsiasi ragazzo della scuola mi avrebbe rinchiuso in manicomio, mentre per Lucas tutto questo era ordinario.

Grazie al cielo quando suonó la campanella fui libera di andarmene a casa.
Già pregustavo il mio letto caldo e accogliente.
Quando mi vibró il telefono pensai subito che fosse Lucas, perciò non gli risposi. Poteva benissimo aspettare.

Ma quando udii la suoneria della chiamata, risposi subito.

Quasi subito.

Ci vollero ben dodici secondi per intuire che era proprio dal mio telefono che era partita la sigla di Violetta.

Sicuramente era stata Annabeth da ubriaca. Doveva per forza essere così.

-Pronto?- Chiesi, senza aver visto il mittente della chiamata.

-Gail, puoi girarti?- Disse una voce che ormai avevo imparato a conoscere molto bene.

Mi girai perplessa, ma non feci in tempo a capire cosa stesse succedendo perché qualcuno mi abbracció.

-James!- Esclamai, presa alla sprovvista.

-Shhh, non urlare!- Rise lui, mettendomi una mano davanti alla bocca.

La prima volta che l'avevo visto aveva accennato che sarebbe venuto a prendermi a scuola, ma non avrei mai pensato che l'avrebbe fatto sul serio.
Indossava il casco della moto perciò non era riconoscibile, ma...un secondo. Perché mi stava porgendo un altro casco?

-Dai, ho il pomeriggio libero. Facciamo un giro? Ho affittato questa moto proprio per questo.- Sorrise alla mia faccia traumatizzata. - Giuro che sarò prudente. -

Scrollai le spalle e accettai.
Senza dubbio, si prospettava un pomeriggio interessante.

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Serendipity « James Rodriguez.Where stories live. Discover now