È trascorsa una settimana.
Una settimana dal primo giorno in cui ho sognato quel misterioso individuo a cui insegnavo il violino.
Una settimana che vivo questa situazione che si è insinuata nella mia mente facendo in modo che la visualizzassi ogni notte, in ogni occasione in cui capitasse di addormentarmi.
È mattino in questo momento, per cui sono in procinto di iniziare le mie lezioni quotidiane, mentre mi aggiusto il fiocco legato al collo e che si adagia delicatamente sul mio petto sento qualcuno bussare alla porta, che sia in ritardo? Controllo l'orologio, smentendo questo mio pensiero.
Apro la porta della mia stanza, trovandomi davanti una delle tante domestiche, annunciandomi che le lezioni sono state annullate, per poi informarmi del fatto che i miei genitori, entrambi, desideravano vedermi. La guardo perplesso per due secondi e successivamente mi siedo sul piccolo divano presente ad un angolo della mia camera, iniziando a infilarmi le scarpe.
-Dì che arrivo subito.-
-Vado subito signorino Giorno.-
Dopo circa 5 minuti scendo le imponenti scalinate che portano alla sala principale e l'entrata, dove trovo mio padre e mia madre, vestiti entrambi con tonalità molto scure, se non nere, di vestiario. Non ci faccio troppo caso e mi avvicino a loro, ancora chiedendomi cosa fosse successo di così tanto grave.
-Padre, madre, mi avete chiamato?-
I miei, precedentemente di spalle, rivolgono il loro sguardo verso di me, per poi annuire, prima che mio padre prendesse la parola.
-Giorno, oggi andremo ad un funerale.-
-Un funerale? Chi è lo sfortunato?-
-Tuo zio, nonché mio fratello, Jonathan. Non lo conoscevi molto bene, ma sia io che tua madre vorremmo venissi con noi a dargli un ultimo saluto.-
-Oh... Mi dispiace, padre. Corro a cambiarmi.-
Mi bloccano dicendomi che non ce ne sarebbe stato bisogno, per poi informarmi del fatto che la carrozza si trovava già nel vialetto fuori all'entrata.
-Ah dimenticavo. Figlio, trascorreremo una notte lontano da casa, poiché tuo zio viveva con la figlia lontano da Napoli, andremo a Roma. Stai tranquillo, non abbiamo bisogno di valigie, in quanto tutto l'occorrente si troverà sul posto.-
Suppongo che oggi né domani vedrò Guido...
Potrei chiedere i miei genitori se potrei fare un salto sotto al nostro solito albero, sapendo che si reca in quel posto anche la mattina, ma non devono sapere che esco insieme a qualcuno di un ceto sociale così basso... Chissà se mi farebbero ancora uscire, soprattutto mio padre.
Saliamo sulla bella carrozza, sentendo poi le redini, segno che il cocchiere sta facendo iniziare a camminare i cavalli, per poi percepire le grandi ruote attraversare il nostro vialetto acciottolato, barcollando lievemente.
Dato che trascorreremo molte ore in viaggio decido di addormentarmi per qualche minuto, appoggiandomi alla parete accanto a me. Chiudo gli occhi, poi il buio, cullato dal brusco dondolio della carrozza.
Mi accorgo subito dopo con ben poca sorpresa di trovarmi di nuovo nel luogo del solito mio sogno che infesta le mie nottate. Questa volta mi accorgo che è tutto più... Nitido. Noto che al posto delle solite luci soffuse che rendono tutto ovattato sono presenti illuminazioni normali che bastano per illuminare me e il mio presunto studente di violino. Mi accorgo anche che riesco a vedere il suo viso e riconoscere la sua voce finalmente, trovando davanti a me Guido.
Guido? Perché proprio lui?
Ora che lo guardo noto il solito rossore che ha accompagnato le nostre "avventure" nelle ultime settimane, solo più accentuato.
-Giorno, vedi, io... Sai che non sono bravo con le parole quanto te ma devi sapere una cosa che ti sto tenendo nascosta per un po' di tempo...-
Lo osservo perplesso, per poi inclinare leggermente la testa.
-Che cosa? Dimmi tutto, sono qui.-
-Vedi... Io...-
Il sogno finisce facendomi tornare alla realtà in un istante, notando che i miei genitori cercavano di svegliarmi divertiti dal mio sguardo confuso una volta aperti gli occhi.
La carrozza è ferma, per cui supponendo che siamo arrivati a destinazione apro la porta in betulla, a quanto pare, e scendo con l'aiuto dei gradini presenti.
Trovo davanti a me una maestosa reggia, con la targhetta "Joestar", scritto in un corsivo molto elegante, fissata sul cancello. Esso viene spalancato completamente al nostro arrivo come segno di benvenuto e tutti e tre ci incamminiamo verso l'entrata di quella enorme villa, che mi ricorda vagamente quella in cui ho sempre vissuto, a Napoli.
Una volta entrati una piccola bambina fa capolino da una porta accanto ad una rampa di scale, e una volta uscita noto che è accompagnata da un maggiordomo. Si avvicina a me e mi prende per mano timidamente, le rivolgo un'occhiata incuriosita abbassando lo sguardo, notando i suoi occhi lucidi.
-Sarai tu mio fratello...?-
-Fratello?-
Guardo i miei genitori, fino a che mia madre prende parola.
-Vedi Giorno... Dopo la morte di suo padre non le è rimasto nessuno... Quindi verrà a vivere con noi.-
-Cosa... Perché non mi avete avvertito?-
-Pensavo ti opponessi al nostro volere e non volessi più incontrare Jolyne.-
-Capisco... Ad ogni modo non potrei in nessun caso oppormi e avere il coraggio di lasciare una bambina così piccola da sola.-
La prendo in braccio e le sorrido. Ad occhio e croce avrà circa 5 anni, per cui non faccio troppa fatica a tenerla. Noto gli adulti intorno a me cercare di fermarmi dal prenderla, ma notando come la faccio sorridere e come me la cavo mi lasciano fare.
-Quindi tu sei la piccola Jolyne... Piacere di conoscerti my lady.-
Le sorrido e bacio il dorso di una delle sue piccole mani e lei ridacchia, divertita dalla mia scenetta.
-Andremo insieme a lei al funerale?-
-No, per cui vorremmo chiederti di stare per qualche ora qui insieme a lei.-
-Allora vi servivo per questo... Va bene, andiamo a giocare insieme, Jolyne?-
La piccola annuisce con decisione facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli per poi aggrapparsi al mio collo in modo deciso.
~
In questo momento mi trovo nella sua stanza, presumo, e la sto facendo disegnare, insegnandole a creare degli alberi stilizzati o delle persone, facendo in modo di distrarla dalla morte del padre o dal silenzio gelido della dimora disturbato dai passi dei pochi servitori presenti, rallegrato leggermente dalla candida risata della bambina. Ogni tanto mi fa delle domande, che siano riguardo ai miei vestiti, alla mia pettinatura o del perché assomigli così tanto a una ragazza.
Passano circa due ore per poi notare la piccola Jolyne crollare dal sonno. La adagio dolcemente sul suo letto, coprendola dalla temperatura leggermente fredda dell'autunno. Dopo pochi minuti mi accorgo dell'arrivo dei miei genitori, per poi trovarli alla porta della camera della bambina. Li invito a creare poco trambusto, notando che è già sera tarda e che la bambina stava dormendo fortunatamente dei sonni tranquilli. Informo i miei genitori del mio voler dormire insieme alla piccola per essere sicuro non le succeda nulla durante la notte, per cui mi reco in quella che sarebbe dovuta essere la mia stanza per la nottata e dopo essermi preparato per coricarmi a letto torno nella grande stanza di Jolyne, mi insinuo tra le coperte dell'ampio letto accanto a lei stando sul fianco, con dei mattoni al posto delle palpebre che non riesco a tenere aperte.
-Dato che dovrò farti da fratello maggiore... Sarà meglio abituarmici... Il prima possibile...-
Dopo aver sussurrato questa frase mi addormento definitivamente, stavolta non sognando niente, probabilmente per la grande quantità di avvenimenti di questa giornata.
Angolo autrice
Doppio aggiornamento in due giorni perché volevo continuare questa storia. Allora, bella la sorpresa di Jolyne? :D
Non so che dire, nel dubbio nell'episodio 10 di Sk8 la renga è canon period.
Se vi è piaciuto questo capitolo come al solito votate e ci vediamo al capitolo 7 probabilmente settimana prossima! :3
~Hikaru
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Dreams - Giomis (IN REVISIONE)
FanfictionÈ un peccatore... È orribile... È disgustoso... È... È... ... Il mio unico amico.
