Remember

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Ricordo ancora oggi il giorno in cui sono diventato ciò che sono ancora oggi, il capo della manutenzione della nave spaziale Saltafossi

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Ricordo ancora oggi il giorno in cui sono diventato ciò che sono ancora oggi, il capo della manutenzione della nave spaziale Saltafossi.
Avevo solo vent'anni, ora ne ho ottantaquattro e sono ancora qui.
All'epoca salii a bordo per salutare mio padre, il capitano della nave Elliott Spielberg detto Spider, in partenza per il suo primo viaggio di collaudo per testare una nuova diavoleria che avrebbe tolto il lavoro a tante persone: un congegno di pilota automatico collegato alla scatola nera che avrebbe controllato perennemente il suo funzionamento.
In caso di malfunzionamento il sistema si sarebbe settato e riavviato permettendo a chi di dovere di trovare il difetto e porvi rimedio.
Mio padre aveva appena dato l'ordine di accendere i motori e installare il congegno alla console dei comandi e in un secondo momento alla scatola nera. Io avevo a disposizione venti minuti abbondanti per salutarlo ma non andò proprio così.
Appena installato, il congegno prese il controllo del veivolo che partì in fretta e furia.
Nel farlo diede uno scossone alla nave scaraventando me e mio padre, un uomo dalla corporatura possente, violentemente a terra.
Parecchi membri dell'equipaggio risentirono di quello scossone, tra cui anche colui che era stato designato come addetto della manutenzione della nave che nella caduta riportò una frattura multipla scomposta dell'omero, quindi la nave era momentaneamente sprovvista di questa figura.
Lo staff medico stabilì che la sua situazione era grave e che necessitava urgentemente di un intervento di Osteosintesi (cercare di ricomporre i frammenti e bloccarli nella posizione corretta, utilizzando placche e viti oppure chiodi).
«Dottore con sincerità, quanto tempo pensa che serva a Charles per rimettersi?» chiese mio padre accigliato.
Il Dottor McKean dal suo canto sembrò a disagio per la sua domanda.
Si rendeva conto che l'operato dell'uomo sarebbe stato senz'altro utile ma sarebbe stato inutile dare una scadenza veloce che, data la gravità della situazione e l'età non più giovanissima del soggetto, non sarebbe mai potuta essere veritiera.
Per cui suo malgrado fu costretto a dare una lunga scadenza, «Beh, purtroppo almeno per tre mesi non potrà coprire il suo ruolo, signore!» rispose il medico con un'espressione desolata.
Nel frattempo la Saltafossi continuava a librarsi alta nell'atmosfera e a sfrecciare veloce fino ad abbandonare l'orbita terrestre.
Bisognava far qualcosa, ma cosa?
Mentre mio padre parlava con il Dottore, io mi allontanai da loro e mi ritrovai nel freddo e stretto corridoio della nave, continuai a camminare in quei corridoi senza una meta finché arrivato davanti a una porta mi fermai proprio lì fuori.
Potevo andare a destra o a sinistra ma niente rimasi fermo fuori a quella porta aspettando che si aprisse da sola, cosa che non avvenne.
Dopo un po' di tempo lì fuori mi voltai alla mia destra e vidi arrivare un'ombra dal lato opposto che si avvicinava sempre di più.
Mentre si avvicinava sempre di più cominciavo a riconoscere l'uomo che ogni domenica veniva a casa nostra a mangiare e a divertirsi con noi, Harry Forster, abbastanza alto ed esile, in fondo dall'ombra lunga e magrissima si vedeva che era lui.
«No, non ci credo, tu qui? Ne hai fatta di strada! Da tecnico informatico a sostituto manutentore!»
«Che vuoi dire?»
Ma lui senza rispondermi o darmi il tempo di aggiungere altro mi strinse in un abbraccio.
Dopodiché prese un mazzo di chiavi colorate e aprì la tanto desiderata porta quasi spingendomi al suo interno.
Una stanza spaziosa con dei tavolini in legno, un computer portatile appoggiato su uno dei tavolini e sulle pareti alla mia sinistra i tubi, la caldaia, i motori e altro.
«Buon lavoro ragazzo, portaci fuori da questo impiccio, ok?»
«Farò il possibile!»
Lui fece un cenno col capo per annuire e chiuse la porta alle sue spalle.
Dopo un primo momento di esitazione, accesi il computer e lo presi tra le mani.
Mi guardai in giro e mi posizionai su un ripiano posto tra i tubi della sala macchine e su un altro poggiai il PC, al quale collegai per prima cosa il mio apparecchio mp3 per ascoltare la musica.
Senza di essa, ancora oggi, non riesco a concentrarmi.
Con le cuffie nelle orecchie collegai la piccola scatola nera al PC e cominciai a smanettare per cercare di capire almeno qual era il problema e se ero in grado di fare qualcosa per salvarci da una brutta fine dispersi nello spazio profondo.
Da un esame preliminare uscì fuori che il congegno presentava un errore di progettazione, era dotato dello stesso programma usato per gli Androidi, indi per cui il congegno era dotato di una personalità e di un cervello pensante.
Riuscii ad interfacciare la mente del congegno al PC per cercare di capire cosa intendesse fare prendendo il controllo della Saltafossi e quali fossero le sue reali intenzioni.
Improvvisamente una voce metallica prese il posto della musica nelle mie orecchie. «Ciao Rodney, io sono Elver1838, il pilota automatico della nave.»
«Salve Elver, posso farti una domanda?»
«Sento paura nella tua voce, non devi, non ho cattive intenzioni!»
«Leggi anche il pensiero?»
«No ho solo pensato. Tu hai paura perché io ho il controllo del veivolo e credi che ho cattive intenzioni perché ho provocato danni fisici ad alcuni di voi.»
«Ho torto?»
«Sì, non volevo danneggiare i tuoi amici tuo padre ha valutato male il personale della manutenzione. Io ho bisogno di uno come te per essere aggiustato. Per questo ho preso il controllo della nave per impedirti di scendere.»
«Ma io non ne so niente di manutenzione!»
«Io sì, ti insegno tutto basta che sia tu ad occuparti di me! Ora esci e di a tuo padre che non scendi dall'astronave e che sarai un nuovo membro dell'equipaggio!»
Feci un cenno d'assenso con la testa e aprii la porta per andare da mio padre. Strada facendo, mille volte pensai di tornare indietro, con questa storia assurda non credevo potesse essere possibile che mio padre potesse darmi credito.
Arrivai fuori la porta della sua stanza e bussai, lui mi aprì e io gli raccontai tutto l'accaduto e anche del fatto che volle parlarmi per spiegarmi le sue ragioni.
Mio padre mi ascoltò con attenzione e subito dopo mi disse che per lui non c'erano problemi se rimanevo e intraprendevo questa strada.
Rifeci per la terza volta i corridoi stretti e bui che mi avrebbero ricondotto in sala macchine e dissi ad Elver che sarei rimasto sulla Saltafossi per quella volta e per tante altre e che ora più che mai avevo bisogno del suo aiuto.
«Sì, ti aiuterò ad aiutarmi e ad aiutare il reparto motori e la loro manutenzione!»
Mi disse come riprendere il controllo della Saltafossi e come apportare alcune migliorie del sistema in modo da non interferire.
Oggi mi trovo qui davanti a voi, a festeggiare i miei sessantaquattro anni di carriera, grazie ad Elver1838.
Siamo diventati amici inseparabili, collaboratori.
È stata la cosa migliore che mi potesse capitare.

MaidireTEAM

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⏰ Last updated: Jan 28, 2023 ⏰

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