XI

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Uscita dalla mensa, non ebbi neanche il tempo di chiedergli perché non fosse venuto a trovarmi che mi stampò un bacio sulle labbra, rapido e veloce. Un sorriso si stampò sul suo volto.
"Nico...Perché non mi sei venuto a trovare prima?"
"Ci hanno detto di non venire"
"Chi?" chiesi abbastanza innervosita "Tuo padre, ci ha detto che sarebbe stato meglio aspettare ancora" capì l'intento di mio babbo e non mi arrabbiai, aveva notato che c'era un forte rapporto tra me e loro e di conseguenza aveva paura che le mie emozioni prendessero il sopravvento.
"Ieri ho visto il tuo goal, sei stato bravissimo"
"Non voglio parlare di me, t/n sei stata in coma per 20 giorni! Vieni qua e baciami cazzo" ebbi, ancora una volta, le bollicine in tutto il corpo.
Mi prese dai fianchi e mi tirò verso di lui. Le nostre labbra, ancora una volta, erano diventate un tutt'uno.
Con quel bacio capì che in quel momento non volevo essere da alcun'altra parte pressoché lì; avvolta in una miriade di emozioni e parole che non descrivevano nulla se non un "Ti amo". Non c'era il bisogno di pronunciarle, le sentivo e basta; in qualche modo ci riuscivo.
Non mi sarei mai voluta staccare dalle sue labbra appena inumidite ma avevo un qualcosa da fare e quei ragazzi là dentro, compreso Nico, si meritavano delle spiegazioni.
"Devo tornare dentro" gli dissi restando a pochi centimetri dal suo volto "Si, vai pure; volevo solo essere sicuro che tu fossi veramente qua con noi"
Rientrammo, Nico si andò a sedere mentre io rimasi ferma davanti a tutti aspettando che in quella stanza cadesse il silenzio.
"Ciao giganti del mio cuore" dissi accennando un piccolo sorriso "È difficile per me parlare di questo ma vi meritate delle spiegazioni ed io sono qua per darvele" i miei occhi iniziarono a diventare lucidi ma cercai di ignorare la voglia estrema di piangere e, dopo aver preso un bel respiro, continuai a parlare.
"Il coma, come penso sappiate già tutti, è stato dovuto ad un grave trauma cerebrale; di quel giorno non mi ricordo nulla ma tutto ciò avvenne per colpa di qualcos'altro. Quando avevo 10 anni mia madre, nonché la moglie del vostro mister, ci lasciò a causa di un incidente stradale" mi girai a guardare mio babbo, mi resi conto che stava piangendo e nei tavoli vicino i giocatori avevano facce incredule, evidentemente non sapevano nulla dell'accaduto.
"Da quando lei se ne andò io smisi di mangiare e un anno dopo mi venne diagnosticata l'anoressia. Ho combattuto contro questa battaglia fino ai 16 anni e se ora sono qua con voi è solo grazie a mio padre. Per cinque anni mi ha portato in giro per ospedali e nel mentre continuava il suo lavoro, cercando di starmi, ogni giorno, il più vicino possibile. A mal in cuore sto riscontrando tutt'ora qualche problema con il cibo e senza nemmeno rendermene conto ho iniziato a mangiare meno del dovuto; così svenni per un calo di zucchero e sbattei la testa. A detta della dottoressa non si tratta ancora di anoressia ma rischio di ricaderci" finita la spiegazione mi resi conto che stavo piangendo, le mie guance erano inondate da lacrime; tutti i giocatori si alzarono in piedi e Fede, in quanto non era ancora venuto a salutarmi, mi fece una promessa insieme a tutto il resto dei compagni.
"T/n, noi tutti ti aiuteremo in questa battaglia e non sarà facile, ma hai una mandria di giganti che ti staranno accanto in ogni momento quando ne sentirai il bisogno; è un promessa" finito il discorso notai che Lorenzo si stava avvicinando a me, piangeva.
Mi guardò e poi esclamò ancora con la voce rotta dal pianto "E gelato ogni giorno per tutti!" scoppiai in una risata e ogni membro della squadra mi venne incontro abbraciandomi.
Mi trattavano come avevano sempre fatto, con l'unica differenza che controllavano ogni volta che io finissi il cibo che avevo nel piatto.
Finito il mio discorso mi andai a sedere al tavolo con mio babbo, sapevo che gli si distruggeva il cuore ogni volta che parlavo di mamma e quindi andai a confortarlo.
"Sei bellissima, anche più della mamma" mi disse accarezzandomi il viso ancora umido dalle lacrime.
Feci fatica a mangiare ma lo feci per lui, probabilmente in un altro momento avrei abbandonato tutto ma non potevo farlo.
"Tieni" mi mise davanti un piatto con 4 polpette "Per oggi iniziamo con poco, però voglio che tu le riesca a mangiare tutte" con molta calma riuscì a finirle e aspettai una mezz'oretta lì con lui; per evitare che andassi a infilarmi due dita in gola.
Quando mi alzai da tavola mi diressi verso la stanza di Fede; non ci avevo ancora parlato e mi mancava.
"Fede!" esclamai correnndogli incontro, fui accolta da un suo abbraccio "Eccola la mia scema!" inizammo a parlare e decisi di raccontare anche a lui di me e Nico, in quanto lo sapeva solo Spinazzola.
"Me lo aveva già detto Bare, quando eri in coma era disperato e così me ne parlò" ne fui felice, continuammo a parlare e in tutto quel tempo passato insieme notai che Fede evitò sempre il discorso riguardante il cibo; inutì che aveva paura di farmi domande al riguardo.
Lui era fatto così, faceva di tutto pur di rispettare la persona che gli si trovava davanti.
"Scusa Fede ma Nico?" non lo vedevo da cena e ormai si erano fatte le 23 "il tuo discorso lo ha lasciato a pezzi, se ne è andato subito dopo in modo che te non te ne accorgessi"
"Grazie per avermelo detto, so dove si trova"
Me ne andai sul tetto e infatti lo trovai lì, avvolto nel buio mentre osservava le stelle; mi sedetti ancora una volta di fianco a lui, appoggiando la mia testa alla sua spalla.
"Che hai?"
"Perché non mi hai detto prima di questo?" mi ero accorta che stava piangendo ancora, aveva la voce tremolante e per quel pò che riuscivo a vedere il suo viso notai che aveva gli occhi gonfi.
"Nico nessuno lo sapeva"
"Se me lo avessi detto ti avrei potuto aiutare, è colpa mia. Non me sono reso conto"
"Oi non ti devi dare la colpa di niente. Io sono felice"
"Si ma stai male, ed io non lo sopporto!" alla fine di questa esclamazione si voltò a guardarmi, mi accarezzò il viso e si avvicinò ancora di più a me "Non dartene una colpa okay?" gli chiesi allontandomi un pò, non volevo che stesse così male per me.
Mi avvicinai a lui e gli diedi un bacio, come di sfuggita; non mi dilungai troppo nella cosa.
"Vieni qua" mi fece segno di sedermi sopra di lui e così feci.
Ero avvolta dalle sue braccia che fungevano da coperta, le stringevo sempre di più a me; non volevo che si staccasse.
"Ti starò vicino sempre, la ragazza di cui sono follemente innamorato non può stare male; farò uscire quella stupida vocina nella tua testa che ti dice di non toccare il cibo anzi, al posto della vocina ci mettiamo la pasta al pistacchio"
Mi girai a guardarlo, mi aveva appena fatto una promessa grossissima e mi aveva appena detto che era innamorato di me; non sapevo cosa dire così lo abbracciai fortissimo e quando mi staccai, con un bacio, gli feci capire che l'amore era reciproco.

Un amore in nazionale Where stories live. Discover now