Fuga

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In tre giorni Lesath e Naos sarebbero partiti.

Ain aveva preparato un piano di fuga. Nei vari giri fuori dalle mura aveva appurato che solo gli ingressi principali erano ben sorvegliati. La capitale era un progetto troppo grandioso per poter essere gestito. Dal canto suo, Naos sapeva bene che la profondità ufficiale delle mura nel sottosuolo era di dieci iarde.

C'erano due opzioni: la prima prevedeva di fuggire in caso di attacco, evento probabile, dato che la sorveglianza era stata rafforzata; la seconda, invece, avrebbe cavalcato la paura.

Al momento stabilito, il giovane alchimista avrebbe dovuto recarsi nel laboratorio di Lesath e incendiarlo, poi uscire in preda al panico e dare l'allarme. Mentre i soldati spegnevano l'incendio, Enif e Sirrah avrebbero appiccato il fuoco a qualche catapecchia, per poi gridare per le strade e far scappare in fretta gli abitanti. Enif sarebbe corso per le strade, minacciando l'arrivo di un'empusa.

Ain e Naos avrebbero dovuto inseguire il fantomatico mostro. Superare la cinta del distretto non sarebbe stato difficile.

Avrebbero attraversato il breve tratto che separava le cinte dei distretti alle mura esterne. Ain avrebbe aperto un percorso sotterraneo e la scomparsa dell'amico sarebbe stata imputata all'empusa. La medaglietta insanguinata sarebbe stata una prova.

Naos sentiva che qualcosa non andava in quel piano e si domandò se non stesse per fare il più grande errore della sua vita. La tensione era tale che, quella notte, non era riuscito ad addormentarsi.

Le ore erano passate lentamente, si era rigirato un centinaio di volte, era trasalito quando aveva sentito degli scoppi e si era messo a girare in circolo per la piccola stanza.

Non potendo più sopportare la fame d'aria, decise di aprire la finestra. Il cielo sembrava più scuro del solito e faceva freddo. Un gelo che faceva accapponare la pelle e lo spingeva a chiudere la finestra, come se quel ridicolo gesto potesse proteggerlo. 

Sbatté ripetutamente gli occhi, si aggrappò per non cadere e guardò verso l'alto. 

Scrutò le nubi senza scorgere minaccia alcuna. 

Un'altra folata lo colpì. L'istinto gli suggerì di accovacciarsi e lasciarsi avviluppare. Aveva sentito dire che la morte per assideramento fosse tra le più clementi. Non ti colpiva con violenza, ma ti guidava da lei, indebolendoti gradualmente e invitandoti in un sonno dolce come un'amante. 

Il suo corpo lo stava avvertendo di qualcosa di ben peggiore di una dolce morte.

Un granello bianco gli arrivò sul volto. Altri due gli caddero sulle mani. «Neve?» Rise della sua paura e tornò a dormire con un sorriso ironico. Era davvero paranoico. 

Si fermò. Non riusciva a muoversi, come se fosse stato trasformato in una statua. La sua ironia aveva inutilmente tentato di negare la minaccia.

Un ruggito forte come mille tuoni ruppe la quiete, un battito d'ali frantumò il vetro e sbalzò via il carillon, un'ombra coprì intere case. Naos rotolò giù e si coprì la testa con le mani. Istintivamente pregò che non fosse ciò che temeva.

La campana suonò, dando l'allarme. «Cocitoooo!»

Naos non osò strisciare verso l'apertura. La paura lo aveva assalito. Era colpa sua se il mostro aveva attaccato? Era stato lui a offendere la Dea e ad attirare la sventura sull'intera Alcyone?

Cosa doveva fare?

La porta venne sfondata. Ain entrò e lo sollevò di peso.

Naos provò a fermarlo. «È colpa nostra, noi...»

«Non dire puttanate e corri!» ordinò Ain sbattendolo fuori. 

Il cielo era riempito da strane creature. Erano lunghe una ventina di metri e la loro materia sembrava la stessa delle nuvole. Ricordavano una nave con la prua composta da un teschio lattiginoso con gigantesche gemme dorate a riempire i bulbi oculari. Dai lati del corpo uscivano sei remi, le cui pale avevano la forma di ali piumate; si muovevano con un moto armonico. Dal corpo emergeva un prolungamento ondulato e appuntito, vagamente simile all'albero maestro di una nave, che a sua volta si ampliava in una singola ala membranosa attraversata da vene ricolme di pura luce. Altri due corni e altre due creature comparvero. La loro struttura, così perfetta e simile alla fattura umana, le rendeva ancora più terrificanti. Erano armi dotate d'intelletto e prive di qualsiasi emozione umana.

«Principati!» Naos osservò impietrito quella scena. Era lui la causa di quell'attacco?

L'avvento dell'ImperatriceWhere stories live. Discover now