Etica

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La città più sacra degli umani era imprigionata in un'eterna primavera. Per le streghe era una blasfemia. Così come la Luna attraversava le sue fasi, le stagioni dovevano scandire lo scorrere del tempo. La fissità mostrava un mondo in cui nulla sarebbe cambiato: gli schiavi sarebbero rimasti tali e gli stessi dèi avrebbero continuato a regnare.

Ma il tempo non poteva essere sconfitto e ciò che aveva un inizio era destinato a finire.

Selene strinse la scatola coi suoi strumenti da lavoro, aprì una mano e raccolse dei piccoli fiocchi di neve. La sua tunica candida si confondeva col manto circostante e l'aria gelida le trasmetteva un piacevole pizzicorio alla pelle. Nata strega, poteva ammirare l'inverno senza temere per la propria vita... finché era confinata in quella gabbia protettiva.

Levò il capo verso il cielo coperto, segnato da increspature e piccoli movimenti che lo rendevano simile a un mare. La Grande Madre, grazie al sacro Zaffiro Lunare, aveva eretto una barriera che avrebbe ingannato i sensi dei nemici. Chi si fosse avvicinato ad Artemis, sottratta alla colonia dei Dubhe, avrebbe visto una vuota città in rovina. Né l'Usurpatore né la Dea sarebbero stati in grado di scorgere le streghe.

Il confine era tracciato da picchi rocciosi che s'innalzavano per decine di iarde. Oltre che difesa, erano un monito: coloro che li varcavano non erano al sicuro. Non c'erano portoni e le spedizioni dovevano sempre passare attraverso una complessa rete di tunnel sotterranei.

Non erano libere, ma chi poteva esserlo, in mezzo ai Cento Regni? Popoli in perenne guerra, regni e imperi che sorgevano e crollavano di continuo, alleanze che nascevano e si spezzavano.

Un tempo erano appartenuti all'Empusa Nera: un Impero che aveva donato a streghe e umani una lunga e florida epoca di pace.

L'Imperatore Atlas Alioth, però, aveva a lungo premuto lungo i confini, obbligando l'Empusa Nera a reagire. Il casato degli Alioth, a quei tempi al suo picco, aveva tenuto testa ai loro assalti per mesi. L'Empusa Nera aveva affrontato il loro dragone rosso in un duello in cui erano caduti entrambi. La storia narrava di come, prima di spirare per le ferite, il drago l'avesse spezzata in due con un micidiale morso, e che il grido avesse sommerso intere regioni. Le forze umane di entrambi gli schieramenti si erano date alla fuga in preda a un terrore atavico, a parte un pugno d'irriducibili comandati dall'Imperatore. Questi aveva respinto l'ultimo, disperato attacco, e aveva proclamato la sua vittoria. Vittoria a cui era seguito un lento e inesorabile declino.

Per la parte orientale del continente era stato peggio: l'Impero aveva sperperato gran parte delle risorse, i nobili superstiti avevano proclamato la loro indipendenza, i vuoti di potere erano stati colmati da montagne di cadaveri. Gli umani che avevano riverito le empuse si erano rivoltati contro di loro, le sette di fedeli erano state fatte a pezzi in pochi decenni, i segreti magici erano stati raccolti dalle empuse o perduti.

Selene aveva passato le giornate nella biblioteca a cercare una risposta al suo dilemma: perché gli Imperi non si erano uniti contro l'Usurpatore, loro nemico comune? Le superiore le avevano spiegato che la Dea le aveva sempre odiate e non avrebbe mai smesso di dar loro la caccia. Eppure, secondo la storia, la Dea aveva agito in rarissimi casi, delegando vendette e guerre ai fedeli e dando loro piena libertà di scelta. C'erano stati Imperatori pacifici che si erano limitati a riorganizzare i loro confini e gli angeli avevano perso grandi occasioni di vincere.

Selene pregava spesso la Luna affinché la toccasse con la sua infinita saggezza. Non riusciva a capire il caotico piano dei nemici. Una possibilità era che la Dea concedesse agli uomini libero arbitrio, e questo apriva la porta alla diplomazia. Secondo quanto asserivano gli umani, era sempre grazie alla sua influenza che gli angeli non avevano attaccato nei momenti più propizi.

L'avvento dell'ImperatriceWhere stories live. Discover now