Partenza

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La cella in cui Zadok era stato gettato era angusta e fredda. Se fosse stato qualcun altro i soldati gli avrebbero strappato le vesti e dato solo uno straccio per coprirsi le vergogne. Il suo legame con Muliphein lo aveva protetto da loro, ma non dalla Dea.

La delusione era comune. Dopo tutto quello che aveva fatto in nome suo, le preghiere, le vessazioni, le morti... non aveva mosso un dito per aiutarlo nel momento di crisi e aveva lasciato che i soldati cadessero.

Aveva creduto di contare per lei. Perfino di amarla. La sua era stata una superficiale illusione, l'errore di un uomo che non sapeva andare oltre alle apparenze.

Dopo decenni, la sua abnegazione si era incrinata.

«Signore, vi prego, bevete qualcosa». Muliphein si era preso uno sgabello e si era seduto davanti alla cella. Tra loro, era lui che aveva sofferto di più.

Zadok guardò la bottiglia piena d'acqua. «Lascia stare». Si accovacciò e premette la schiena contro la parete. «E smettila di chiamarmi così. Ora sei tu il generale».

«Non è un ruolo che mi si confà». Muliphein rise nervoso. «Ci pensi, Zadok? Se quell'idiota di Dabih non avesse distrutto da solo il nostro esercito, avremmo pianto comunque mio fratello, ma avremmo conseguito una vittoria e dato speranza. Il progetto di Acrux è morto con lui».

«Non è morto finché Adhil è in libertà». Zadok aveva mentito, non era stato lui a contattare Adhil, ma Muliphein, che aveva mantenuto la lucidità nella crisi. «Dove hai trovato la forza?»

Muliphein si dondolò. Sotto il suo peso, lo sgabello scricchiolò. «Ho pensato a te e a mio fratello. Ho pensato a quanto avete sognato. Lady Adhil era l'unica che potesse far divampare il vostro progetto. Mentre scrivevo, mi sono detto che non era giusto che fosse lei a pagare. Qualsiasi servitore coinvolto è stato messo in guardia».

«Sei stato furbo, sebbene tu abbia solo rimandato l'inevitabile». Zadok guardò il cupo soffitto. «Ancora non riesco a capacitarmi che Acrux ci stesse usando. Avevi dei dubbi su di lui?»

«La sua ambizione mi aveva sempre spaventato». Muliphein evitò il contatto visivo. «Credo solo perché lo dice la Dea».

Era un pessimo bugiardo. «Non è il momento di piangere, amico mio. Hai una città in crisi sulle tue spalle».

«Cosa farò mai? Non valgo un decimo di te, come generale».

«Ma come uomo, vali cento volte di più».

Muliphein ebbe un sussulto. Vibrava e i suoi occhi ambrati scintillavano. «Non avrei voluto che finisse così».

«Non dirlo a me». Zadok si sforzò di essere ironico mentre mostrava il moncherino. «Ci sono cose che non possiamo evitare, a noi sta decidere solo come andarci incontro».

Muliphein si strinse le braccia. «Già. Le mie sorelle combatteranno. So che Mintaka non ucciderebbe mai Alnilam, ma lei...» Si dette un pugno sulla fronte. «Non sono stato capace di fermarle!»

«Mintaka ha fatto la sua scelta e il rancore tra loro perdura da anni. Deve finire, in un modo o nell'altro».

«In qualsiasi modo vada, non ho potuto dire addio a Mintaka come avrei voluto. Ho così tanti rimpianti...»

«Ne ho tanti anch'io, Muliphein. Sono stato una persona orribile. Per me è finita, ma non per lei». Zadok era svuotato dalla rabbia. «Mintaka ha riservato molte sorprese. Credi in lei e nel suo trionfo».

«Sarà difficile farlo, se mi inciti con questo tono».

«Quando si è vicini al baratro e si guarda nell'abisso, pensi a tutte le persone che hai incontrato, al bene che potevi fare, al male che hai fatto, ai compagni caduti... forse è un modo per punirmi per ciò che ho fatto, oppure è la paura di diventare uno spirito affamato... non lo so».

L'avvento dell'ImperatriceWhere stories live. Discover now