17. Un colpo di fulmine

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"A te, amico mio, ha dato di volta il cervello".

Vittorio sfrega le suole sulla ghiaia per ripulirle dal terriccio. Saltella sgraziato tra le foglie e impreca: "Dannazione! Queste scarpe sono nuove e costano una fortuna. E tu cosa mi proponi? Facciamo due passi fino al Belvedere. Dico, hai bisogno che ti ricordi che il tempo stringe e che, mentre tu ti diletti con i mazzi di lavanda, io sto cercando di portare avanti il progetto del grand hotel?".

"No. Non ce n'è bisogno, socio". Edoardo è seduto cavalcioni sulla staccionata che delimita lo spiazzo panoramico. Respira il profumo della resina e intanto ride, scanzonato e stranamente disteso.

"Come ti ho scritto nel messaggio, il Cabanon è definito. Non mi resta che passare alla resa grafica. Una decina di giorni e sarà pronto, con largo anticipo per di più".

"E allora perché siamo qui e non in ufficio?". Vittorio accenna a un passo, subito tentenna, alla fine indietreggia: "Dai, scendi dalla staccionata, Edy", sbandiera un fazzoletto di carta che da bianco è passato al marrone fango misto verde muschio. "Sai benissimo che soffro di vertigini".

Edoardo lo asseconda, adesso soprappensiero. "Devo confessarti qualcosa che ti sorprenderà, Vittorio. Ho aspettato sin troppo, se penso che la nostra amicizia non ha mai incluso segreti. È ora. Scusa per l'inconveniente", e indica i mocassini malconci. "Ma non potrei parlarti in un posto che non sia questo, credimi".

"Se la metti così, parla, accidenti. Che ti succede?".

Sospira, Edoardo. Ha di fronte il suo migliore amico, il fratello che non ha mai avuto e che insieme si sono sforzati di essere l'uno per l'altro, ma per la prima volta nella sua vita non immagina quale sarà la reazione di Vittorio. Se Vittorio lo saprà capire, se sarà disposto a sostenerlo o, al contrario, sarà pronto a sconsigliarlo.

"Be', è iniziato tutto proprio qui, al Belvedere. È qui che ho incontrato Lura".

L'espressione di Colombo si indurisce.

"Non sapevo chi fosse. Era la ragazza con la bicicletta azzurra che un'auto aveva fatto cadere. Io passavo per caso, mi sono fermato e le ho medicato la gamba ferita".

"Cosa? Edy, non ti seguo".

"Non so come sia successo, io non ho fatto altro che pensare a quella ragazza per giorni.  Non mi ero mai sentito tanto vivo e confuso. Però non sapevo come ritrovarla, mi aveva detto che viveva a Verderaso e veniva dalla Provenza. Null'altro".

"Aspetta, tu conoscevi già Lura?".

Edoardo fruga nella tasca ed estrae il pugno: "Di lei avevo solo questo ciondolo", e la piccola cicala di ceramica sembra destarsi da un lungo sonno, al centro del suo palmo. "È un portafortuna. Me l'ha regalato per ringraziarmi di averla soccorsa e, come uno stupido superstizioso, non me ne sono mai separato".

I suoi occhi scuri corrono tra gli alberi del Poggio Rosso Belvedere che, sino a quel momento, sono stati gli unici custodi di quella storia.

L'amico lo sta ascoltando a bocca aperta. E tanto gli basta per trovare il coraggio di proseguire.

"Il mio piano non è mai partito sul serio. Ci credi? Quello che mi fa imbestialire è che io non sono mai stato un sentimentale. Avevo un obiettivo? Perfetto, era già raggiunto. In questo caso, dannazione, al via ero già in svantaggio. Con la ragazza della bicicletta azzurra è stato un colpo di fulmine".

Il sole prova a infilarsi tra i rami del fitto del bosco, ci riesce appena. Tuttavia, il volto di Vittorio pare rischiararsi d'un colpo: "Sto cominciando a capire", sorride scuotendo il capo. "Quando l'hai rivista alla villa, per la festa di Paolo, e te l'hanno presentata come Lura Camatel ti è mancata la terra sotto i piedi, non è vero?".

La coinquilina di papàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora