24. Il rischio calcolato

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"Ovunque andrai io ti troverò, amico mio".

Vittorio gli allunga una bottiglia di birra e si siede sul prato, vicino.

"Bevi, ti farà bene", butta giù un sorso deciso.

Edoardo si rigira tra le mani la bottiglietta d'un verde opaco. Le bollicine la percorrono dal basso verso l'alto e vanno a perdersi nella schiuma. "Grazie", si limita a sospirare a un certo punto, con lo sguardo perso sulla linea dell'orizzonte.

Il giardino di Villa Marilena è tornato silenzioso. Una quiete fatta di parole soffocate che addolora.

"Come stai?". Vittorio non aggiunge altro, non ha fretta. Vuole semplicemente esserci. Una birra, le ginocchia che si toccano, il culo bagnato dall'umidità che sale dalla terra.

"Così così". Sospira, Edoardo. Alla fine si decide e beve. Occhi chiusi, la mente altrove.

"L'assenza di Paolo si sente, accidenti". Colombo scuote la testa, e con quella la paura che gli si è appiccicata contro, la stessa che legge sul viso dell'amico. Paura che a casa, il Professore, non torni più, nonostante le rassicurazioni dei medici.

"Sei preoccupato? Con me puoi sfogarti, lo sai".

"Lo so". Edoardo schiude un sorriso riconoscente. "Il fatto è che...". Una mano gli passa tra i capelli, li scompiglia. "Io - esita ancora - non sono pronto a perdere mio padre. Capisci? Ma nemmeno a fare pace con lui, almeno non apertamente come vorrebbe".

"Non l'hai ancora perdonato, e te ne fai una colpa. È così?".

"Sì, invece. Davvero, Vitty, l'ho perdonato. E sai perché?".

Vittorio resta fermo ad ascoltare.

"Perché sono riuscito a perdonare me stesso, tornando qui". Ancora una pausa, un tentennamento: "Oggi mi considero migliore del figlio che sono stato. Ho capito che, dopo che papà si è messo con Alba, avrei dovuto restargli accanto. Era fragile, indifeso, perso. In fondo, ne ero consapevole: ho sbagliato anch'io, come lui. E non volevo ammetterlo".

"Però?".

"Be', questo non significa che io abbia dimenticato quanto ho sofferto, vedendolo cedere alle pretese insensate e irrispettose di quella donna. L'ho accettato, questo sì. E farò un passo alla volta. Per me, Paolo Marchesi era il filosofo dalla grandi verità. Non ammettevo che potesse deludermi. Ma ha sbagliato; d'altronde, non è che un uomo. Un passo alla volta, sì".

"Solo un uomo. È vero. E tu hai semplicemente bisogno di tempo".

"Io stesso sono solo un uomo". Altra birra, Edoardo deglutisce e riprende a confidarsi: "Ho sbagliato anche con Adam. Mi odia, e ne ha tutto il diritto. L'ho criticato, però sai che ti dico? Dieci anni non sono poi molti. Prendi me: anch'io fatico a dimenticare. La verità è questa, è miseramente questa: non sono infallibile, né tanto speciale come credevo. Il paradosso è che, nonostante tutto, mi sento migliore di prima".

"Prima non eri tu". Vittorio inspira profondamente. "È bello ritrovarti, fratello mio. Come faceva quella canzone?".

Edoardo corruga la fronte, non capisce o forse non è in vena di pensare alla musica. Ad altro che non sia suo padre.

"Massì, quella che cantavamo in duetto, io e te...". Vittorio il batterista si schiarisce la voce: "I'm waitin', waitin' on a sunny day". E subito Edoardo reagisce, ride stavolta. Impressionato dal ricordo, continua e timidamente canta: "Gonna chase the clouds away. Yeah, I'm waiting on a sunny day".

"Te la cavi ancora alla grande, caro il nostro Boss. Dovremmo far resuscitare i Born to Run, che ne dici?".

"In un'altra vita, forse. Lontani da incomprensioni, paure e fraintendimenti".

La coinquilina di papàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora