1. Alba di una nuova vita

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Auburn, settembre 2022

Era una tipica mattina di settembre. Il cielo era nuvoloso e grigio e il vento di tramontana sibilava gelido.

L'aria era tersa e fresca, sferzava le fronde degli alberi e piegava gli steli d'erba, portando con sé goccioline di pioggia. Fuggiva silenziosa dalla finestra ed entrava in punta di piedi dentro il mio letto. Il freddo autunnale mi baciava soave la pelle, provocandomi brividi sul cuore.

Continuai a guardare fuori, attraverso quello specchio di vetro che si apriva sul mondo, e mi soffermai sulle gocce di pioggia che scivolavano lente sulla superficie liscia e trasparente. Sembravano lacrime di cristallo che si rincorrevano a vicenda. Sin da bambina, mi divertiva immaginare che ci fosse una sorta di gara a chi arrivasse prima. Ma non c'erano né vincitori né vinti, perché, quasi sempre, le due gocce che competevano fra loro si fondevano insieme, diventando una sola, ed arrivavano al traguardo insieme. Era come se, anche nelle piccole cose, l'universo mi ricordasse che nascevamo come uno, ma grazie all'amore, vivevamo come due.

L'amore era la legge che governava il mondo, l'energia che univa due anime, la forza che permetteva di affrontare la paura e l'incertezza con coraggio. Il respiro da cui nasceva la vita.

Il rumore della pioggia spezzava l'assenza di suoni. Ogni singola goccia custodiva dentro di sé una melodia unica che unita a quella delle sue compagne, dava vita ad una sinfonia meravigliosa che avrei ascoltato per sempre.

Stavo per addormentarmi di nuovo, cullata dal suono di quella splendida canzone, quando qualcuno catturò la mia attenzione. Mi resi conto che posata sul davanzale della finestra, c'era una bellissima farfalla. Sgranai gli occhi incredula di fronte a quella meravigliosa creatura, perché era estremamente raro incontrarla. In questo periodo dell'anno, si rifugiavano fra le fronde degli alberi di un bosco, oppure volavano libere sopra le rive dei fiumi. Era delicatamente poggiata sulla striscia sottile in pietra che correva lungo la finestra, sbatteva le ali variopinte di rosso e arancione, agitava con estrema velocità le piccole mazze filiformi che aveva sulla testa che l'aiutavano a scoprire e conoscere il mondo di cui faceva parte.

Mi piacevano molto le farfalle, le consideravo bellissime non solo per l'arcobaleno di colori che avevano sulle ali e per il profondo senso di libertà che incarnavano, ma soprattutto per lo stupefacente aspetto della metamorfosi che subivano. Dalle lacrime di seta del bruco nasceva una creatura leggiadra ed eterea che volava alta nel cielo e aliava di fiore in fiore. Le farfalle altro non erano che la versione migliore dell'esistenza di un piccolo e goffo animaletto che aveva un solo scopo nella vita: cambiare, diventare qualcosa di unico e inimitabile.

All'improvviso, una folata di vento fece volare via la farfalla, ed io mi ridestai dai miei pensieri. Il sonno mi aveva abbandonato, così stropicciai gli occhi con le nocche delle dita, sbadigliai sonoramente e stiracchiai i muscoli intorpiditi. Decisi di alzarmi. Tolsi il pigiama e rabbrividii. Mi riscossi da quella spiacevole sensazione, avvolgendo il corpo nell'abbraccio caldo della mia vestaglia di flanella, incastrai i capelli in una coda disordinata e mi incamminai verso il bagno. Aprii l'acqua, lavai i denti e il viso, poi sollevai lo sguardo verso lo specchio. Gli occhi lucidi e stanchi, contornati da profonde occhiaie dello stesso colore delle viole d'inverno, erano in contrasto con il mio incarnato, sorprendentemente pallido.

Quell'immagine riflessa mi provocò una fitta profonda allo stomaco. Solo il cielo sapeva quanto odiassi vedermi in quello stato, ma per quanto mi sforzassi di sorridere ed essere felice, non ci riuscivo. Ero triste, stanca e avrei voluto dormire e basta, con la speranza infusa nel cuore di non svegliarmi più. Nel sonno avevo trovato la mia pace, mi rifugiavo nel mondo dei sogni dove mi piaceva perdermi, e vivevo spensierata nell'universo lontano dei ricordi.

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