La versione migliore di te

13. Listen to your heart

Cole

Nel corso della mia vita non mi era mai capitato di incontrare qualcuno che reputassi veramente interessante. Non mi ero neanche mai più di tanto impegnato per conoscere seriamente una persona. C'erano tanti limiti al mio modo di relazionarmi con il mondo. In ogni situazione che vivevo, mi portavo appresso molteplici paranoie e insicurezze insormontabili, difficili da superare, che mi impedivano di essere me stesso. Il modo che avevo di rapportarmi con le persone, e soprattutto con le ragazze, era come dire...singolare. La mia costante paura di perdere qualcuno, gli innumerevoli problemi di fiducia che avevo collezionato nel tempo e il senso di apatia che aveva ormai condizionato irreversibilmente il mio stato d'animo, mi ostacolavano nel trovare la forza necessaria per conoscere una donna, impegnarmi, e magari chissà, persino costruire qualcosa di bello con lei.

Qualcosa degno della mia attenzione.

Qualcosa che alla fine valesse la pena e tutti i miei sforzi.

Ma non ci riuscivo. Ci avevo provato più e più volte, ma niente. Dentro di me non sentivo alcun desiderio di legarmi a qualcuno. Mia sorella era l'unica persona con la quale avrei voluto mantenere un legame; lei era un'anima buona e gentile, con cui avrei trascorso volentieri il resto della mia vita, senza nessun'altro accanto. L'idea di affiancarmi ad una ragazza, condividere la mia esistenza con la sua, il mio tempo, renderla partecipe delle mie difficoltà, chiederle aiuto nei momenti difficili, gioire insieme negli istanti felici, non era nelle mie corde. Non faceva proprio per me.

Da parecchio ormai, le ragazze avevano cominciato a prendere la forma di un banale, ma mai scontato, piacevole passatempo. Mi divertivo senza impegno e mi andava bene così. Ciononostante, non avevo portato nessuna a casa, ovviamente per rispetto di Aurora, ed ero più che convinto non sarebbe mai accaduto neanche in un futuro lontano, neppure per sbaglio. Ero io a spostarmi ben volentieri di letto in letto, senza alcun tipo di obbligo o responsabilità alcuna. Loro sapevano bene cosa volessi perché mi dimostravo chiaro e diretto nelle intenzioni sin dal primo istante, e infatti, per fortuna, nessuna mai si faceva venire strane idee con me. 

Volevo solo scopare.

Fine.

Ci stavano? Bene, altrimenti ciao.

Questo modo di relazionarmi con il genere femminile, del tutto particolare e indubbiamente controverso, dovetti ammetterlo, era davvero soddisfacente. Semplice, automatico, mi veniva naturale e per di più non mi aveva mai causato alcun tipo di problema. Non c'erano mai state eccezioni...

Tutto questo però, fino a quel momento.

Joy era diversa dalle ragazze con cui avevo sempre avuto a che fare.

Era strana, completamente fuori di testa. In quei pochi giorni che l'avevo conosciuta avevo potuto capire quanto fosse instabile. Dentro di lei viveva una gigantesca montagna russa emotiva. E non aveva la benché minima idea su cosa fare o come fare per riuscire a controllarla.

Viveva tutte le sensazioni che provava senza un apparente senso logico, senza sapere realmente che cosa queste significassero o, peggio, senza conoscere quali conseguenze queste comportassero. Tanto che nella maggior parte dei casi, si ritrovava sempre appesa, in bilico, tra il fare o non fare qualcosa di apparentemente stupido, ma di fottutamente bello. Come, ad esempio: cedermi. 

Diceva a me che ero contraddittorio, ma cazzo, anche lei non scherzava affatto. Passava dal sembrare debole, disposta finalmente a compiacermi, al tenermi testa e ringhiarmi contro arrabbiata quanto poco tollerasse il modo arrogante e presuntuoso con cui le parlavo.

Mi faceva uscire pazzo.

Io mi impegnavo fino in fondo per testare fin dove si spingesse il suo autocontrollo, e lei si impressionava ogni volta nel constatare quanto fosse invece ostinata la mia terribile arroganza.