11. Medicina per il cuore

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Il giorno successivo all'incidente mi svegliai con la febbre.

Dopo il grave infortunio alla caviglia, non me ne sorpresi più di tanto. Nei giorni in cui dovetti restare a casa, il mio umore peggiorò drasticamente. L'idea di aver perso importanti ore di lezioni mi faceva salire il nervoso alle stelle, complici anche le continue e costanti intromissioni da parte di mia madre che con il suo atteggiamento dispotico e inquisitorio, aveva contribuito a rendere le mie giornate un vero inferno. Per di più, come se questo non fosse già sufficiente a torturarmi ben bene, il grave litigio che avevamo avuto aveva raffreddato di molto il livello di sintonia tra di noi, non che fosse chissà quanto alto prima, ma inevitabilmente il nostro rapporto era diventato ancora più terribile. Chissà se l'assenza di comprensione era una prerogativa imprescindibile del rapporto tra madre e figlia...

Non riuscii a fare a meno di pensare a Cole, a quello che avevamo condiviso quella sera, a quello che gli avevo detto e il modo in cui sorprendentemente mi ero sentita dopo. La sensazione di essermi sbagliata su di lui si stava lentamente insediando dentro la mia testa. Mi aveva aiutata. E l'aveva fatto sin dal primo istante in cui mi aveva visto sola ed indifesa in quel parcheggio, incapace di affrontare quell'orribile situazione. Non si era mai allontanato da me, e tutto quello che avevo fatto io, invece, era stato insultarlo e maledire il nostro incontro con occhi carichi di rabbia.

Ciononostante, in cuor mio sapevo che non ero veramente arrabbiata con lui, la verità era che avevo avuto paura. Paura che si fosse accorto di quanto fossi fragile e timida. Paura che avesse capito quanto fossi vulnerabile, e quanto bastasse un "non nulla" per sconvolgermi e destabilizzarmi del tutto. Era trascorso molto tempo dall'ultima volta in cui avevo ricevuto delle attenzioni carine da parte di un ragazzo, e se pensavo all'idea di aver avuto i suoi occhi addosso per un'intera sera, il mio corpo cominciava a contorcersi in un profondo disagio. Insomma, era da scemi sentirsi così, ma purtroppo non ero più abituata. Per me tornare a vivere certe situazioni era assurdo e per certi versi persino strano. Era tutto nuovo, insolito e mi sentivo diversa, proprio come chi avesse avuto un grave incidente e si impegnava a reimparare a camminare per la seconda volta nella sua vita. I primi passi erano incerti, sconnessi, c'era il rischio di cadere e farmi di nuovo male, ma forse ne sarebbe valsa la pena, perché poi sarei tornata finalmente a correre.

La mia storia sentimentale era stata molto limitata. Non avevo esperienza, avevo avuto una sola relazione importante, lunga, impegnativa e in un periodo della mia vita in cui forse ero troppo piccola e ingenua per essere in grado di proteggermi. Quindi, mio malgrado, non avevo quel bagaglio importante di conoscenze che forse ogni donna o ragazza matura possedeva, per difendersi e resistere alle occhiate maliziose, i modi gentili, seducenti e meticolosamente studiati, di coloro che avessero voluto provarci.

Io ero sempre stata immune ai ragazzi, soprattutto ai tipi come Cole. Per di più, i miei occhi avevano perso da tempo la capacità di vedere altri uomini, tanto che non mi soffermavo mai a guardare nessuno. Nella mia mente c'era sempre stato solo Seth e vacillare di fronte a quella testa calda, era una consapevolezza nuova, difficile da mandar giù per una testarda ostinata come me. Tuttavia, sapevo di non essere attratta da lui in quel modo.

Oddio...chi volevo prendere in giro. Era senza alcun dubbio un bellissimo ragazzo. Era carismatico, intraprendente, con un fascino irresistibile ed uno sguardo tenebroso capace di metterti subito con le spalle al muro. Trasudava sesso da ogni angolo di pelle, e gli occhi da gatto con cui ti guardava intensamente, divertendosi a studiare ogni tua mossa, erano capaci di farti perdere la testa in un batter di ciglia. Di certo aveva tutti i requisiti per far capitolare a terra qualunque essere vivente capitasse sotto il suo naso, ma... a me non piaceva in quel senso. Ciò che mi piaceva, purtroppo, era ricevere le sue attenzioni, e il problema più grande per me era proprio non sapere il perché mi piacesse.

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