thirty-nine

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«Faceva più o meno così» dissi vicino a Christian, seduta sul piccolo seggiolino del pianoforte, nella stanza delle gradinate. Iniziai a pigiare i tasti bianchi e neri, e fortunatamente ricordavo ancora la melodia. Pensai al fatto che dovrebbe essere stato Alex a dovermi insegnare, un giorno, a suonare il piano. Ma forse per dimenticanza, o non so quale ragione, non abbiamo avuto modo di farlo.
Christian, il quale ebbe la mia stessa opportunità di seguire una lezione di piano, mi osservava attentamente, sorridendo qualche volta.
«Ma non sarai mai forte quanto me» disse lui. Mi voltai a guardarlo e sentii una strana sensazione di malinconia.
«Provamelo» lo sfidai.
«Se solo ricordassi le note» brontolò, guardando la tastiera sotto il suo naso. Poi, d'un tratto, iniziò a pigiarli tutti senza alcun ritmo o sequenza. Scoppiai a ridere e lui mi seguì a ruota.
«Che succede?»
Alex entrò, iniziando a fare qualche passo avanti verso di noi. Si appoggiò alla struttura nera del pianoforte e in quel momento cessai di scherzare col ragazzo al mio fianco.
«Suonavamo» risposi.
Feci per alzarmi e Christian mi seguì, e come se non bastasse anche Crytical fece la sua entrata.
«Sapete dov'è lo sgabuzzino?» chiese.
Alzai un sopracciglio e Alex gli rispose dicendo che era fuori in giardino.
«Ti accompagno?» chiesi, vedendolo confuso.
«Non ha bisogno dell'accompagnamento» si intromise il castano.
«Sarei comunque uscita fuori per una boccata d'aria, tanto vale che venga con me» dissi, guardandolo a fondo.
«Ragazzi» ci richiamò Christian.
Mi ricomposi e come detto, andai fuori. Dopo due minuti il rapper uscì dalla porta e smarrito, feci per indicargli la porta dello sgabuzzino. Entrò e se ne uscì con una bottiglia di detersivo.
«È il mio turno» disse imbarazzato.
«Capisco» feci un sorriso di circostanza.
«Tutto bene?»
«Certo» lo guardai.
Lui si limitò ad annuire e non volendo più recarmi disturbo, fece per entrare in casa.
Sbuffai sonoramente, portandomi le gambe al petto come ero solita fare. Appoggiai la testa ai miei ginocchi e pensai ad Alex, alla sua gelosia ingiustificata e il suo comportamento nei confronti di Crytical. Cercavo solo di essere gentile, lo faccio con tutti. Ho un atteggiamento aperto con molti dei miei compagni, ad esempio Luigi e Luca, quindi perché soffermarci sul nuovo arrivato?
«Oi, ballerini. Andiamo tutti in gradinata» sentii dire dalla voce della conduttrice.
Sospirai e, una volta rientrata, andai a sedermi sul cuscinetto azzurro.
«Oggi si terrà una gara a coppie» disse, per poi iniziare a spiegare in cosa consistesse: ognuno di noi avrebbe scelto un partner, ma data la mancanza di Serena - ed essendo dispari - l'escluso sarebbe stato mandato in sfida.
Iniziò Cristiano, che scelse Carola. Poi Mattia con Christian. Restavamo io, Cosmery e Dario.
«Con chi decidi di ballare?» domandò Maria alla ragazza. Ci guardò entrambi, mordendosi l'interno del labbro inferiore.
«Dario» rispose lei.
Perfetto, ero anche in sfida adesso.
«Mi dispiace, Va'» mormorò il ricciolino sedutosi dietro me. Mi voltai a guardarlo e feci un mezzo sorriso. Io e Cosmery siamo simili fisicamente, quindi credevo che avrebbe scelto me per facilitarsi durante la gara contact.
Ah, cavolo, la mia prima sfida. Avevo un'ansia addosso terribile. L'ansia di poter andar via e di abbandonare tutto questo.
Non appena Maria ci lasciò, i ragazzi si prepararono per raggiungere gli studios. Carola venne ad abbracciarmi e mi lasciò un bacio sulla guancia prima di andar via.
«Perché non vai con loro?»
Mi voltai verso la figura di Luigi e lo vidi insieme ad Alex raggiungere il divano su cu mi ero seduta.
«Gara a coppie» dissi, spiegando i meccanismi e il fatto che, per esclusione, non fui scelta.
«Sei in sfida?» chiese sempre lui, alla mia sinistra.
«Già» sospirai.
E se avessero trovato una ballerina molto più efficace di me? Come avrei superato l'uscita?
Vidi Alex, che dapprima era seduto alla mia destra, uscire fuori in giardino sbuffando. Aggrottai la fronte e Luigi mi fece cenno con la testa di seguirlo. Feci come detto e, restando in piedi, lo guardai mentre era seduto sulla panchina.
Forse la cosa che più mi sarebbe dispiaciuta, se andassi via, è lasciare lui.
Ma perché così negativa? Basta.
«Voglio stare solo» mormorò.
«Cos'hai?»
«Non ho niente. Ho semplicemente detto di voler stare da solo, non puoi starmi solo a sentire?» domandò sbuffando.
«Ti sei improvvisamente stizzito?» domandai io, incrociando le braccia al petto.
«Vai dentro, V.»
«Tu dimmi cosa ti prende, e forse magari entrerò» dissi, sedendomi accanto a lui. Scosse la testa in una risatina isterica e fece per guardarmi.
«Perché sei così testarda?» gettò la testa nelle sue mani, mentre con i gomiti si appoggiò sulle ginocchia.
Iniziava a scurare notte, erano le sei del pomeriggio in casetta. Chi a lezione, chi in studio e chi, come noi, qui.
«Non me lo dirai?»
«No» rispose freddo.
«Perfetto» mormorai, prima di calare la maniglia della porta e rifugiarmi in camera mia. Voleva stare solo, va bene, non lo avrei più disturbato. Ma odiavo il fatto che si tenesse tutto dentro con me. Me, la stessa persona che con lui si è lasciata andare, la stessa che  - fino a poche ore fa - baciava e toccava. Alex è un ragazzo fin troppo riservato, e forse non ero abbastanza per far sì che potesse confidarmi ogni cosa gli passasse per la testa.

DIFFERENT | Alex Wyse Where stories live. Discover now