eighty-six

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Mi svegliai di soppiatto, sentendo baccano dall'altra parte della casetta. Mi stropicciai gli occhi, mugugnando qualcosa di incomprensibile, cercando a tastoni la sveglia digitale sul mio comodino. La presi tra le mani, strizzando gli occhi per analizzare meglio quel bagliore rosso, il quale segnava le tre del mattino. Sbadigliai, appoggiandomi sui gomiti. Né Carola né Serena erano in camera e nel frattempo le urla continuavano a farsi più intense. Senza riporre i piedi nelle rispettive pantofole invernali, decisi di dirigermi laddove il rumore proveniva. Non appena entrai in cucina, le figure di Luigi, Albe e Luca mi si pararono davanti. Ridevano sottovoce, senza alcun apparente motivo a me conosciuto. D'altra parte, Nunzio borbottava qualcosa e il suo tono spaventato mi fece preoccupare.
«Che cosa sta succedendo? Perché nessuno di voi è a letto a dormire?» domandai, mezza dormiente.
Il ballerino di latino-americano mi venne incontro, poggiandomi le mani sulle spalle.
«Ci sono i fantasmi» mi disse serio, con gli occhi puntati nei miei e le dita tremanti.
Alle sue spalle, Luca fece di tutto pur di trattenere una risata divertita. Fu in quel momento che intravidi anche Alex, fermo stante, coperto dal suo pigiama.
«Fantasmi? Ma di cosa stai parlando?» scossi la testa, togliendo le sue mani dal mio corpo.
Tentò di spiegarmi l'accaduto, stando attento ai dettagli, seppur tradito dal terrore della situazione. Non sapevo cosa stessero tramando, ma Nunzio ci fu dentro in ogni senso. Camminava nervosamente avanti e indietro, portandosi le mani nei capelli. Avrebbe potuto piangere di disperazione da un momento all'altro, ed io avrei fatto lo stesso a causa del sonno interrotto. Feci per avvicinarmi ai miei amici, venendo bloccata da uno strano rumore proveniente da un'altra stanza. Sussultai notevolmente, portandomi una mano al petto e spalancando gli occhi.
«Cos'era?»
«Te l'ho detto!» mi indicò Nunzio.
Lanciai uno sguardo agitato a Luigi, il quale non ebbe il coraggio di incrociare, perché molto probabilmente avrebbe ceduto dal ridere. A differenza di Alex, la cui risata si fece spazio nelle mie orecchie. Guardai lui, questa volta, ma non sarebbe stato il suo divertirsi a rendermi più chiare le cose. Non ho mai temuto il soprannaturale, grazie alle miriadi di serie televisive che ho guardato. Avrei dovuto dire, però, che viverlo in prima persona creava tutt'altro effetto.
«L'hai sentito? È successo di nuovo» continuò Nunzio, venendomi incontro; «facciamo le valigie, andiamo via» mormorò a pochi centimetri dal mio viso, supplicandomi, come se fossi l'unica in quel momento a comprendere le sue emozioni e paure.
«Vieni con me, Nu'?» gli disse Luca, facendogli segno con la testa di seguirlo.
«No» disse l'altro, scuotendo la testa più volte invano, dato che venne trascinato con la forza da Luigi e Alex nella camera arancione.
Li seguii anche io, curiosa. Quando il cantante di Rudy gli indicò una cassa digitale messa in ripetizione automatica, rilasciai un sospiro di sollievo.
«Com'è possibile che ci sia cascata anche tu?» rise Alex, venendomi incontro, tralasciando la cascata di parole che Nunzio ha riservato ai suoi compagni di stanza.
«Tu lo sapevi?» domandai, e lui annuì ridendo.
Non risposi, non dissi nient'altro, perché altrimenti avrebbe escogitato qualsiasi cosa pur di mettermi in imbarazzo per il resto della vita, ricordandomi di quanto fossi fifona.
«Giuro che cambierò stanza» borbottò il ballerino, guardando malamente Albe non appena varcò la soglia della porta. Si poggiò nel suo letto, e solo ora mi accorsi che Crytical fosse lì intento a dormire. Com'era possibile che non avesse sentito nulla?
«Hai sonno?» mi chiese il castano.
«Direi di sì» mormorai.
«Dormi con me?»
«Così sarai tu a proteggerla dagli spiriti lasciati liberi in questa casa?» scherzò Luigi.
«Avevate detto che era uno scherzo» si intromise Nunzio, guardando il suo amico, puntandogli il dito contro.
«Lo è, stai tranquillo» dissi io.
Per quanto Nunzio avesse voluto dimostrarsi forte e senza paura, sarebbe stato capace di cascare in qualsiasi tranello, anche nel più elementare. Il nostro legame si è rafforzato molto, seppure agli inizi parlassimo poco. Il fatto è che Nunzio, sotto la sua anima scherzosa e divertente, nascondeva un velo di angoscia e amarezza. Nessuno sarebbe stato mai capace di venirne a contatto, a meno che non sarebbe stato disposto a mostrare quella piccola e intima parte di sé. Qualche sera fa, qui in questa stanza, sul suo letto, abbiamo parlato a fondo di ciò che ci fa più paura. I fantasmi non rientravano in questa conversazione, però. Entrambi accomunati da una forte volontà di migliorare e fare del nostro meglio, Nunzio ed io avevamo la costante paura di deludere qualcuno. Noi stessi, in primis. Le critiche che la mia maestra gli riservava contro, lo trascinavano nella convinzione che lui non sarebbe mai stato abbastanza. Si sarebbe fatto condizionare da quelle parole, ed io non avrei mai voluto succedesse. Nessuno ci può giudicare in qualcosa che ci piace fare. Qui siamo in un talent, ed è giusto che accada. Ma ciò non vuol dire che questo debba pesargli anche una volta fuori di qui. Nunzio non era perfetto, nessuno lo era. Avrebbe dovuto lavorare ancora per ottenere risultati migliori. Nonostante sia riuscito a scamparsi l'eliminazione, più di una volta, non avrebbe dovuto fermarsi e arrangiarsi di ciò che già possiede. Fu questo il motivo per qui feci il suo nome durante il confessionale sugli ipotetici eliminabili. Accanto al suo, anche quelli di Aisha, Albe e Serena. Quest'ultima per esclusione, in quanto nutrissi grande ammirazione nei suoi confronti. Se mai avessi nominato Alex o Sissi sarei andata controcorrente, risultando incoerente. Non avrei potuto mettere in discussione due voci potenti come le loro, equivarrebbe a nominare Michele, seppure lui sia il miglior ballerino che conosca. Sospirai, uscendo da quella stanza ristretta, riprendendo aria. Se avessi ansia che qualcuno mi abbia nominata? Abbastanza.
Non sapevo che valenza avessero questa votazioni, quindi non mi preoccupai più di tanto. Rimasi in giardino, seduta sulla panchina di ferro bianco. Chiusi gli occhi, portandomi le gambe al petto, lasciandomi cullare dalla freschezza di questa giornata d'aprile. Questa notte ho ceduto: Alex ed io siamo stati insieme, parlando per ore, finendo con l'addormentarci alle quattro e mezzo del mattino. Morivo dal sonno in quel momento, i muscoli mi pregarono di riposarmi e la testa pure. Il sole picchiettava sulla mia pelle, scaldandola. Per un attimo sembrai di essere sulla mia amata amaca, con un libro tra le dita e il ronzio delle api nelle orecchie. Ho sempre amato uscire nel tempo libero, ma quando me ne veniva data occasione, preferivo starmene in casa in pura tranquillità. Quando i miei lavoravano e Timothée era dalla nonna, ne approfittavo per chiudermi in bagno per circa due ore: riempivo la vasca, con qualsiasi tipologia di sapone e bagnoschiuma alla vaniglia, affinché si creasse schiuma; canticchiavo testi di canzoni qualsiasi, anche a me sconosciute; spesso dormivo, per quanto possa essere assurdo.. ma nel momento in cui la mia testa poggiava sulla ceramica bianca, il sonno mi raggiungeva in un lampo.
«Interrompo la tua meditazione?»
«Non sei simpatico, Alex» dissi, aprendo gli occhi per poi rivolgerli alla figura del cantante sull'uscio della porta. Portava un plaid sulle spalle, un pantalone marrone, del medesimo colore era anche il maglione che indossava. Prese posto al mio fianco, lasciandomi un piccolo bacio sulla guancia. Strizzò gli occhi a causa dei raggi luminosi, per poi guardare me in completo silenzio. Quello sguardo sarebbe stato capace di far tremare ogni mio organo interno. Bruciava sulla mia pelle, nelle mie iridi, sulle mie labbra. La nostra era una sfida ogni volta, a chi distogliesse lo sguardo per primo. Ammetto di aver perso qualche volta. Quegli occhi, quel sorriso, quelle fossette sono state la causa della mia rovina. Non ho mai amato altro così, se non la danza. A distrarmi furono dei toni di voce sincronizzati provenienti dall'interno. Fu in quel momento che Alex sembrò ritornare alla realtà, accortosi di quel continuo chiacchiericcio. Torse il busto, protendendo lo sguardo sulla vetrata della porta. Mi sporsi anch'io, scrutando la figura di Carola, Luigi e Dario che parlavano animatamente con Serena e Luca.
«Sai, per caso, di cosa stiano parlando?» chiesi, rivolgendomi al castano, il quale ritornò alla sua posizione precedente.
«Credo abbiano scoperto chi sia stato il più nominato per le ipotesi eliminabili» borbottò, chiudendosi nella morbida coperta grigia.
Alzai entrambe le sopracciglia, e mentre feci per alzarmi per dare un'occhiata, la sua mano bloccò il mio polso; «tu non ci sei» disse.
«Come puoi saperlo?»
«Dei miei, Serena è stata l'unica a fare il tuo nome. E i ragazzi della squadra Pettinelli e Peparini stravedono per te, quindi sarebbe praticamente impossibile» mormorò.
Rimasi in piedi, mentre la sua mano stringeva cautamente la mia pelle. Lasciai perdere ciò che la bionda riccia ha fatto, tralasciando il nostro battibecco e quelle parole dette con sfogo. Tante sarebbero potute essere le motivazioni per avermi nominata, ma non gliele avrei chieste. Di risultare pesante non mi andava, e nemmeno di riprendere l'argomento in maniera brusca. Tutto sarebbe andato come il fluire delle cose avrebbe voluto. Farmi condizionare da un'opinione altrui, sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, per quanto permalosa fossi. Per questo motivo cercai di mettere in secondo piano quel pensiero.
«Torna qui» mi disse Alex, tirandomi per il polso, come se fosse un bambino.
Sospirai, ritornando seduta sulla panchina, prendendo l'estremità di quella coperta così che avessi potuto anch'io coprirmi le spalle. Fummo uno appiccato all'altro. Mi avvicinai maggiormente accoccolandomi al suo petto, abbracciandogli il busto. Una leggera folata di vento fece rabbrividire entrambi, e tra l'avanzare di una lancetta e l'altra, ci ritrovammo sul divano blu del salotto.

DIFFERENT | Alex Wyse Where stories live. Discover now