ninety-two

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Un braccio sul viso, l'altro attorno il mio giro vita, una gamba penzolante e un ammasso di capelli castani pungenti nell'incavo del mio collo. Il sospiro leggero di Alex continuava a scontrarsi contro la pelle del mio petto, provocandomi il solletico. Aprii cautamente gli occhi, spostando lo sguardo sul ragazzo alla mia sinistra, spiaggiato sul mio letto e su metà del mio corpo. La guancia spiaccicata contro il mio petto, lasciato scoperto dalla striminzita canottiera che indossavo. Sorrisi inconsciamente, accarezzandogli i capelli. Poi mi scostai, cercando di non svegliarlo, e lo guardai bene. Con il polpastrello tracciai ogni centimetro del suo viso. Le ciglia lunghe ricadevano appoggiate sulle goti, queste ultime arrossate per il sonno e le labbra socchiuse da cui fuoriusciva il suo respiro. Accarezzai le sue lentiggini, le quali avrei contato una ad una se solo il suo mugolio non mi avesse distratto. Si leccò la bocca, strizzando gli occhi. Mi cercò a testoni, sebbene fossi ancora stretta a lui. Ridacchiai, alludendo ad un suo non risveglio. Non fece altro che rannicchiarsi maggiormente a me.
Lanciai uno sguardo alla sveglia, la quale segnò le undici del mattino appena spaccate. Non tenendo impegni, decisi di restare a letto ancora un altro po'. Tirai su le lenzuola, baciando la punta del naso di Alex prima di richiudere occhio.
Avrei dormito ancora se la mia testa avesse evitato di imbattersi in pensieri negativi riguardo alla registrazione di questa puntata. Esattamente una settimana fa ho visto uscire una delle persone più importanti, con cui avessi costruito un rapporto. Oggi, avrei potuto perderne un'altra, o qualcuno avrebbe perso me. Di questi tempi, nessuno sembra capirci più niente. Mancavano giusto tre settimane e tutto si sarebbe concluso. Faticavo a crederci, a volte, di essere ancora qui. Non avrei mai creduto di poter piacere, che qualcuno potesse godere della mia danza. La me di qualche tempo fa non l'avrebbe mai immaginato. Uscire dallo stile classico l'ho sempre considerato impossibile. Nonostante ballassi, per svago, con mio fratello, gli altri stili non mi sono mai calzati perfettamente addosso. Qui ho imparato, ho imparato tanto. A mettermi in gioco, ad affrontare le sfide e le difficoltà. Sono uscita fuori dagli schemi e, senza superbia, avrei potuto quasi considerarmi versatile. Forse, tutto stava nel metterlo bene in pratica. La mia iniziale amicizia con Christian mi ha permesso di seguirlo in palestra e di provare, scherzosamente, con lui. Con John Erik successe lo stesso, essendo però uno stile ben diverso dal primo. Molto più fluido, giocato sul movimento morbido delle gambe e delle braccia. Quasi mi dispiacque non aver potuto eseguire il guanto di sfida con lui, ci saremmo divertiti tanto.
Sospirai nello stesso momento in cui delle labbra umide iniziarono a percorrermi il collo lentamente. Mi lasciai scappare un sorriso, restando ad occhi chiusi, lasciandomi cullare.
«Buongiorno» mormorò Alex, con voce roca e impastata dal sonno, il che gli rendeva l'aria tremendamente sexy e provocatoria.
Ricambiai, avvicinandomi alla sua bocca, baciandola attraverso piccoli scocchi veloci. Sorrise, posizionandosi su di me. A petto nudo, il quale testai con le mie mani, arrivando dritto sulla schiena, poi lungo i suoi addominali. Istintivamente aprii le gambe, permettendogli di posizionarsi tra di esse, per comodità.
«Non ti è bastata questa notte?» ammiccò, dopo avermi morso il labbro inferiore e aver stretto un fianco nella sua mano, mentre con l'altra si reggeva per non farmi del male. Sussultai, guardandolo negli occhi. Cercai di restare impassibile a quel sorrisetto. Sembrai un'idiota ipnotizzata a quella vista. Così trasparente nell'esprimere emozioni.
«Cosa te lo fa pensare?» sussurrai, mentre i polpastrelli seguirono un percorso immaginario a partire dal suo collo alle sue spalle.
Non rispose. Incollò un sorrisetto tirato sulle labbra, avvicinandole alle mie. Continuava a baciarmi, facendo scontrare la mia intimità con la sua. Trattenni un verso di piacere quando iniziò a mordermi il collo. Portò una mano sul mio seno, trattenendolo nel suo palmo. Scese lungo il mio addome, testandomi la pelle al di sotto della maglia del pigiama. Percepii qualcosa intrufolarsi nel tessuto dei miei pantaloni. Labbra infuocate, dita desiderose, anime incrociate. Restai in silenzio, contendo i gemiti, proprio come questa notte. Un momento dopo schiusi la bocca, lasciandomi andare completamente. Quasi tremai. Inarcai la schiena, rilassandomi subito dopo essere arrivata al culmine. Si accasciò sul mio corpo, lasciandomi un bacio prima sul collo e poi sulla guancia. Ridacchiò guardando il rossore sulle mie guance. Non riuscivo ancora a capirne il motivo, insomma, non era la prima volta che succedeva tra noi. Una piccola parte di me sarebbe stata sempre imbarazzata, al pensiero che un ragazzo abbia visto ogni singolo centimetro del mio corpo. Tutto è successo anche prima che ci baciassimo. Gli ho donato la mia più assoluta fiducia e sebbene non sia andato sempre tutto liscio, non credo di riuscire a pentirmi di ciò che ho fatto. Più guardavo Alex, più divenivo consapevole di quanto fossi innamorata di lui. Ogni mia cellula lo amava. E se dovessi rispondere alla domanda 'te lo saresti mai aspettata?', direi di no. Semplicemente perché non avrei mai creduto che due anime incasinate come le nostre, avrebbero potuto intersecarsi e creare ciò che siamo ora. Siamo passati dall'essere sconosciuti, urlandoci contro di tutto, all'essere amanti, dedicandoci anche la più minima attenzione. Siamo stupidi, siamo amici, siamo complici, siamo speciali. Proprio come disse lui, in un testo della sua canzone.
«V.» mi chiamò, ma non sembrava essere il primo tentativo. Come se stessi letteralmente dormendo ad occhi aperti; «a cosa stai pensando?» chiese.
Scossi la testa, in un mezzo sorriso. Se gli avessi detto la verità, mi avrebbe presa per un'ingenua romantica. Quindi mi limitai ad un: «niente».
«Stai mentendo»
Sospirai; «pensavo a te» confessai.
E come immaginavo, il suo sorrisetto modesto ritornò in scena. Gli diedi uno schiaffo sul petto, coprendomi il viso.
«Perché ti imbarazza?» domandò; «mi hai immaginato nudo?» continuò.
«Ti prego, Alex» mormorai, cercando di spostarlo dal mio corpo, ma invano.
«Va bene, non ti chiederò altro. Ti capisco, in fondo. Se solo sapessi a cosa penso io di te-»
«Cosa?»
«Andiamo in doccia?» propose, alzandosi da me. Mi scoprii dalle coperte rosso fragola, accompagnando ogni movimento con una contrazione muscolare. Dio, andavo a fuoco.
«Non cambiare argomento»
«Non l'ho fatto. Voglio semplicemente rendere concreti i miei pensieri astratti. Ti va?»
Mi sedetti, portandomi i capelli su una spalla. Cercai di rendermi cosciente, pensando al fatto che siano solamente le dodici di un mercoledì mattina e che i nostri ormoni di darsi una calmata, non volevano saperne nulla. Perché io più di lui sentivo il bisogno di sentirlo. Quindi mi alzai, afferrando la sua mano. Sorrise, tra le sue fossette, portando via la canottiera blu che indossavo. Entrammo in bagno, io in punta di piedi nel tentativo di raggiungere le sue labbra, lui con con le mani aggrappate ai miei fianchi.
«La tua risposta è no, comunque» mormorò, staccandosi da me. Mi accigliai, non capendo.
«Riguardo alla domanda di prima-» disse, chiudendo la porta con la serratura; «non ti è bastata questa notte».

DIFFERENT | Alex Wyse Donde viven las historias. Descúbrelo ahora