fifty-nine

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In casetta arrivarono due buste blu: una per Serena e Cosmery, l'altra per me e Dario. La Peparini volle cimentarmi in una sua coreografia e, una volta averla vista presentata sullo schermo, constatai che fosse davvero bella. Di suo stile, insomma.
«Proviamo da domani?» mi chiese il riccioluto, scendendo le scalinate.
«Certo» confermai, proseguendo insieme verso la cucina.
Qui, Christian e Serena si alternarono per cucinare il pranzo. Dall'altra parte Albe e Alex apparecchiavano. Sospirai, passandomi una mano sul viso. Ero molto stanca. Questa mattina tenni lezione con la maestra che, in vista del serale, ha deciso di mettermi sotto con tutti i passi base di ogni stile. Tra un cambio di scarpe e l'altro, mi trovai a pezzi le gambe e la schiena. Sapevo che il suo intento era del tutto benevolo e favorevole nei miei confronti, volendo che portassi avanti la maglia dorata. Ed io avrei eseguito tutto, per filo e per segno. Nonostante non avessi un quaderno degli errori, come Carola o Alice, usufruivo della mia memoria per evitare di commetterli in futuro.
Guardai i miei compagni, tutti riuniti in cucina - chi a tavola, chi in piedi o sul divano - e mi rattristii nel non vedere Nicol e Rea. Mi mancavano tantissimo.
«Cos'è questo muso lungo?»
Mi scossi leggermente, come se fossi appena stata risvegliata da un sonno momentaneo. La figura di Alex si appoggiò sulla colonna, restando al mio fianco. Mi porse una mano, che afferrai, e fece per scontrarmi contro il suo petto.
Con i suoi indici mi portò sù le estremità della bocca, formando un sorriso. Mi scappò una risata, che sembrò sollevarlo. Agganciai le mie braccia attorno al suo bacino, per poi appoggiare la testa sul suo petto.
«È da ieri che stai così, V. Che hai?» mormorò, appoggiando il mento sul mio capo.
«Sto bene»
Infilò la mano tra i miei capelli, provocandomi brividi su tutta la schiena. Si allontanò di poco così che potessi guardarlo negli occhi: non mi credeva.
«Sono solo stanca, davvero» mormorai.
«Mangiamo e andiamo a letto?» propose.
«Ho appuntamento con la costumista»
Sbuffò ed io ridacchiai per le idee poco caste che gli stavano gironzolando in testa. Il mio sguardo venne catturato dalla figura di Cosmery che, sedendosi al tavolo, non ci staccò gli occhi di dosso. Ci guardammo, per un nano secondo, e mi sorrise comprensiva, come a dirmi che ciò che stavo facendo non era sbagliato. Dall'ultima volta che abbiamo parlato sul retro in giardino, non si è mai più intromessa tra noi due come prima succedeva. Niente domande, niente storielle, solo silenzio e indifferenza. Seppur sapessi che una parte di lei fosse ancora interessata ad Alex, e mentirei se dicessi che non provassi fastidio. Ma questo suo netto distacco stava a dire già tanto e per ora andava bene così.
«Andiamo a letto non appena arrivi a casa?» continuò.
Gli lasciai un pugno sul petto per la sua sfacciataggine, mentre lui sorrise divertito alla mia reazione. Una costante malizia.
«Venite a tavola, voi due» sentimmo dire da Carola.
Mi allontanai da Alex, sedendomi sulla prima sedia libera che trovai. Non succedeva da tempo che fossimo tutti riuniti a tavola. Spesso la maggior parte di noi si trova a lezione e quindi mangia non appena giunge a casa. Ma adesso eravamo tutti qui, tranne che per Sissi e Luca, che erano agli studios.
«A che ora è l'appuntamento con la costumista?» mi chiese Crytical, che si trovava al mio fianco.
«Alle cinque precise» risposi.
Sentii lo sguardo del castano bruciarmi sulla pelle. Si trovava a capotavola, intento a infilzare dei cetrioli con la forchetta.
«Sappi che dovremmo andarci insieme, perché non ho la minima idea di dove sia» sorrise, ed io ricambiai sapendo fosse la sua prima volta.
«Sala sei» borbottò Alex.
«Oh, beh-»
«Adesso lo sai, puoi anche fare da te» lo interruppe, masticando.
Gli diedi un calcio da sotto il tavolo che lo fece sobbalzare, e mi guardò con tono di sfida. Ormai ero abituata a queste sue scenate di gelosia, ma continuavano ad infastidirmi lo stesso.
«Non vedo il perché lei non debba accompagnarmi» lo stuzzicò Francesco.
Oh bene, di male in peggio proprio. Sospirai, mandando giù l'ultimo pezzo di carne, per poi concentrarmi su di loro.
«Sei grande abbastanza per essere accompagnato, non credi?» fece un sorrisetto finto, Alex.
«Ragazzi» canzonai.
In quel momento, anche Calma si sedette nello stesso tavolo, e fu strano dati i suoi trascorsi col ragazzo alla mia sinistra.
«È alle cinque l'appuntamento, giusto?» domandò lui, rivolgendosi a noi.
«Come non detto» sospirai a bassa voce.
«Anche tu?» sbottò Alex.
«Cosa?» chiese, confuso, Marco.
«Non ci credo-» disse il castano, ma lo anticipai subito, mettendogli una mano sulla bocca.
Mi alzai dalla sedia, ricevendo sguardi perplessi da Carola e Serena, mentre Luigi trattenne una risata notando con chi fossimo seduti.
«Alzati» dissi.
Mormorò qualcosa, ma non riuscii a capirlo data la mia mano a coprirgli la bocca. Gliela tolsi, roteando gli occhi al cielo, e lui si prestò ad alzarsi.
Si incamminò verso le camere, sorpassandomi. Lo seguii, dirigendomi verso la stanza delle gradinate per poi varcare da una stanza all'altra. Giunta nella propria, lo vidi a braccia conserte, starsene in piedi.
«Alex»
«Sono pieno» sbuffò; «non è possibile che abbiate appuntamento insieme, stessa ora e stesso posto» continuò.
«Non è colpa mia se noi due siamo capitati in turni differenti. E sappi che non saremo soli, anche Sissi e Carola verranno con me» dissi.
«Peccato che loro abbiano occhi per te, non per loro» azzardò.
«Alex, smettila, davvero» sbuffai, appoggiandomi sul suo letto; «è solo uno stupido appuntamento, non durerà nemmeno tanto» aggiunsi.
«Lo so» sospirò, portandosi le mani sulla faccia, frustato. Fece qualche passo in avanti, arrivando dinanzi a me.
«Siamo partiti con le avance di Luca, poi Christian, i passi a due con Mattia» disse; «poi arrivano questi due, dal nulla, e continuano a non darmi tregua. Giuro che sto contando i giorni per la fine, perché non ne posso più» sbuffò, appoggiandomi le mani sulle gambe, piegandosi verso di me.
Tralasciando la questione di Mattia e di Calma, credo che per tutti gli altri avesse ragione. Non abbiamo mai avuto un momento di pace, neanche con l'entrata di Cosmery.
«Povero, Alex» scherzai, accarezzandogli la guancia.
«Non prendermi in giro»
«E tu non pressarti la mente con queste paranoie inutili. Sei anche peggio di me» dissi.
«Non esagerare» rise, beccandosi un colpo sulla spalla, fingendosi addolorato.
Piagnucolò, stendendosi sul letto. Mi agganciai a una sua gamba piegata, appoggiando il mento sul suo ginocchio.
«Mi prometti di non perdere la calma quando vedi quei due?» mormorai, ma lui scosse la testa.
«No»
«Alex-»
«Non posso farti promesse che non riuscirò a mantenere, V.»
«Non è la fine del mondo» dissi guardandolo.
«Guardarti insieme ad altri, non lo sarebbe?» alzò entrambe le sopracciglia.
«Non posso neanche più parlarci?»
«Certo, ma-» sbuffò; «sarebbe più facile se non ti guardassero come se volessero portarti a letto» disse.
«Non ha senso ciò che hai detto» gli puntai il dito contro.
«Ne ha, eccome»
«E perché non gli dimostri che si sbagliano?» domandai, posizionandomi tra le sue gambe. Appoggiai i gomiti ai lati del letto, all'altezza del suo petto, tenendo su la testa per guardarlo.
«Pensavo fosse già evidente» sospirò.
«Cosa?»
«Ciò che succede tra noi due» disse; «o almeno, una persona razionale l'avrebbe capito dal primo impatto» continuò e in quel momento l'immagine di Paily mi venne in mente. Lei, seppur non conoscendoci di persona, l'aveva capito. Anche Cosmery, col passare del tempo, l'ha fatto.
«Lasciamoli perdere, Alex» gli accarezzai i capelli, mentre le sue braccia mi circondarono il collo. Mi strinse forte e fui costretta a poggiare la testa nell'incavo del suo collo. Sarei potuta stare in questa posizione per ore, se avessi potuto. Il suo profumo si impregnò nella mia felpa e difficilmente sarebbe andato via.
Gli lasciai un bacio sulla guancia, poi un altro sulla fossetta che sbucò fuori. Gliela sfiorai con il polpastrello e feci per alzare la testa, così che potessi guardarlo meglio. Toccai con il naso la punta del suo, chiudemmo gli occhi e istintivamente sorrisi. Strinse le braccia dietro la mia nuca, costringendomi ad avvicinarmi ulteriormente. Poggiai le mie labbra alle sue, sempre morbide e perfette. Partì come bacio a stampo, per poi sfociare in un bacio approfondito, desiderato. Percepii tutta la sua voglia, ed io cercai di dirgli, con quel gesto, che non volevo altri se non lui. Perché anche stare così mi faceva star bene. E pensai che, nonostante tutto, fossi felice per davvero. Non avrei detto la stessa cosa qualche settimana fa. Ma il tempo varia e tutto passa. Poco a poco.

DIFFERENT | Alex Wyse Where stories live. Discover now