seventy

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Ero al serale. Il desiderio espresso durante il soffio sulle candeline - il giorno del mio compleanno - si era realizzato.

Mi specchiai, in sala relax, osservando quella maglia dorata coprirmi il busto. Fui la prima, tra tutti gli altri, a riceverla. La maestra credeva tanto in me e questo gesto me l'ha maggiormente dimostrato. Sorrisi nel guardare l'immagine di un Alex contento, gironzolare per la sala in cerca di qualcosa. Prese le sue cuffie, indossando poi il giubbotto, divagando con lo sguardo verso il mio. Mi fece cenno con il capo di raggiungerlo e di risposta, mi avviai con lui al di fuori della struttura. Entrammo in casetta, venendo circondati da Carola, Albe e Luca, i quali si congratularono con noi e mentre restai abbracciata alla riccia, la voce di Maria giunse alle nostre orecchie.
«Alex, Dario e Albe recatevi nella stanza arancione, giusto un attimo» disse.
Il ricciolino al mio fianco mostrò un'espressione confusa, quasi quanto quella del castano. Dario, che era appoggiato al bancone, iniziò ad incamminarsi. Sentimmo il chiudersi della porta e il loro vociare diventare impercettibile. Sperai che nulla fosse successo, a riguardo delle pulizie o questioni sulla casetta in generale.
«Vado a fare una doccia» dissi, per spezzare il silenzio che si era creato.
«Io vado ad ascoltare cosa stanno complottando in camera» disse, beffardamente, Luca.
Scossi la testa divertita e andai in stanza. Dopo aver preso il pigiama dall'armadio, mi chiusi in bagno, restandoci per quasi mezz'ora. L'acqua bollente riuscì a rilassarmi totalmente i muscoli, soprattutto quelli delle gambe che erano a pezzi dopo gli allenamenti. Erano appena le dieci di sera e di fame ne avevo poca, così che saltai nuovamente la cena. Non avrei dovuto, lo sapevo bene, ma al seguire degli avvenimenti con Calma, il cibo mi creava disgusto. Mangiavo, ma mangiavo poco. La maestra in saletta me lo ribadì più volte, essendo a conoscenza della mia carenza di carboidrati. Lo avrei fatto, per lei. Avrei ricominciato da domani, ma questa sera.. proprio no.
«Dovrei richiedere un cambio di nome su questa coperta e sostituire il mio col tuo» ironizzai, non appena vidi il corpo di Alex steso sul mio letto, a pancia in giù.
Mi guardò, con mezza fossetta sul viso, e così decisi di stendermi accanto a lui. Gli lasciai un bacio sulla tempia, accarezzandogli la guancia con il polpastrello delicatamente, al che chiuse gli occhi. Respirò piano, facendo scorrere la sua mano sulla mia schiena, portandomi a stretto contatto con lui. Ci mettemmo entrambi su un lato, con le gambe incastrate tra loro e i petti l'un sull'altro.
«Cosa voleva Maria?»
«Rideresti se te lo dicessi» mi guardò divertito.
«Dai, dimmelo. Sono curiosa» gli pizzicai il braccio, beccandomi un colpo sulla gamba da parte sua.
«Lo scoprirai» disse solo.
«Quando?»
«Presto»
«Presto, cioè quando?» insistetti.
«Presto cioè molto prima di quanto tu possa immaginare» rispose vago.
«Perché non vuoi dirmelo?»
«Mi ha obbligato a non farlo»
«È una cosa bella?» cercai di indagare.
«Potrebbe piacerti»
«A te non piace?»
«È una cosa che non sono solito fare» fece spallucce; «non è da Alex, diciamo» continuò.
«Tante cose non sono da Alex» mormorai.
«Ci sono altrettante cose che non sai di me»
«Se continui a nascondermele, non ne verrò mai a conoscenza» dissi.
«Non te le nascondo, anzi. Credo di essere il più trasparente possibile quando sono con te»
«La trasparenza è un concetto abbastanza acerbo per me. Per quanto possa essere un'essere curioso, tendo a percepire con calma le cose» spiegai.
«Prenditi tutto il tempo per scoprirmi» mormorò, accostando le sue labbra alle mie.
«Dopo quattro mesi..» scherzai, facendolo sorridere e dopo esserci coperti col piumone rosso, ci addormentammo.

Quella mattina ebbi lezione con la maestra Celentano. In sala, dopo gli esercizi base alla sbarra, iniziai a provare una nuova coreografia con Angelo, il ballerino professionista.
«Maestra-» la richiamai, una volta terminata la lezione. Non appena mi fece segno di continuare, le proposi di voler costruire una mia coreografia personale.
«Certo. Sei capace di farlo, quindi perché no?» disse sorpresa, mentre io mi limitai ad annuire contenta. Mi diede un paio di consigli e il tempo limite di preparazione, cioè due settimane, in cui avrei provato da sola in saletta, con una base scelta a mio piacere.
Andai nel bagno della sala relax, dandomi una sistemata veloce, prima di ritornare a casa. Qui, ad aspettarmi, vi erano Luca e Albe, entrambi con un sorrisetto in faccia.
«Che cosa avete voi due?» domandai perplessa, posando il borsone sulla sedia.
Improvvisamente, mi venne posizionata una benda sugli occhi che, messa così, mi fece spaventare.
«So che sei abituata ad essere bendata in altre situazioni, ma-» scherzò Albe, al quale diedi un pugno prima che continuasse a parlare.
«Tu sei una stronza, mi hai fatto male!» disse Luca.
«Merda, scusa- pensavo fosse Alberto» gli dissi, riferendomi a non so chi dei due, dato che la mia vista era oscurata.
«Si può sapere cosa sta succedendo?» domandai poi, sentendo solo risate.
«Seguimi» disse Albe.
«Sai, vorrei, ma senza vista mi è un po' difficile» ironizzai, provocandogli uno sbuffo.
Due mani, che sembravano essere di Luca, mi si poggiarono sulle spalle, indirizzandomi la strada. Con le braccia in avanti, per evitare inconvenienti, stetti al loro passo, mentre se la ridevano. Aprirono una porta e mi chiusero all'interno di quella stanza.
«E adesso cosa dovrei fare?» sbuffai.
«Dovresti togliere la benda» sentii ridere.
«Alex?» domandai, togliendo la bandana con cui mi avevano coperto gli occhi e restai a bocca aperta per ciò che mi si parò dinanzi; «non ci credo» dissi.
«Non è opera mia» alzò le mani in segno di resa.
Nella camera rossa vennero piazzati due palloncini a forma di cuore, con dei petali sparsi sul pavimento e sul letto, il tutto accompagnato da una dolce colazione riposta su un tavolino pieghevole in legno.
«Avevo completamente rimosso dalla testa che oggi fosse San Valentino» lo guardai, avvicinandomi a lui; «è di questo che non volevi parlarmi?» domandai e lui annuì con un mezzo sorriso, portandomi le braccia attorno al collo.
«Grazie» sorrisi, lasciandogli un piccolo bacio.
«Prendila come una scusa per mangiare» mi guardò, con tono accusatorio.
Non era affatto d'accordo sul fatto che mangiassi poco e niente, nonostante ci provasse a farmi mandare giù qualche boccone.
«Va bene» sospirai, mettendomi sul letto, afferrando un croissant tra le mani.
«Non ti facevo il tipo da dolci e cioccolatini» risi.
«Te l'avevo detto»
«A me non dispiace. Insomma, è il primo San Valentino che festeggio e-»
«A me basta che sia contenta tu, V.» mi interruppe.
Ero contenta, eccome se lo ero. Se solo mi fosse entrato dentro, sarebbe rimasto sconvolto per la velocità usata dal mio cuore per battere. Eppure, nutrivo un grande dubbio. Festeggiavamo, nonostante quelle famose parole non siano mai uscite dalla nostra bocca. Lo stare insieme non giustificava nulla. I miei sentimenti nei suoi confronti erano palesi, e sapevo che fosse anche colpa mia nell'averglieli nascosti. Ma quella notte in cui lui cercò di dirmi qualcosa, che pareva essere poco lontano da un 'ti amo', mi ha frenata sull'attenti. Se ci avessi pensato troppo, avrei creato solo una grande paranoia insensata, ma.. Alex era davvero innamorato di me?
«Tieni, voglio che lo tenga tu» disse, riportandomi nel paese dei vivi.
«Mh?» lo guardai confusa, al che fece per infilarmi nella mano il suo orecchino alato.
«Cosa? Perché?» continuai.
«Indossalo»
«No, Alex, è tuo. Non posso-»
«V, quanti orecchini ci sono in un paia?» domandò.
«Due» risposi, non capendo.
«Esatto, io indosserò l'altro. Tu terrai questo»
«Non capisco, perché?»
«Sai bene il perché, V.» mi guardò, cercandomi di riferirmi qualcosa, ma restai senza risposte; «voglio che una parte di me sia sempre con te» disse.
Vacillai lo sguardo tra la sua persona all'oggetto riposto sul mio palmo destro. Quest'orecchino è risaltato subito ai miei occhi. Quando vidi Alex sedersi sullo sgabello, iniziando a suonare Sogni al cielo, dallo schermo del mio televisore in salotto, non potei non notare quell'ala pendente al suo lobo. Lo caratterizzava, e non volevo privargliene.
«Smettila di pensare a tutti i modi in cui potresti negare questo regalo, V.» sospirò, bevendo un sorso di succo alla pesca.
«E va bene-» sbuffai; «potresti almeno aiutarmi?» gli indicai il mio orecchio sinistro, e lui fece per riporre il bicchiere sulla superficie in legno.
Si avvicinò, infilandomi piano l'archetto superiore dell'orecchino argentato, lasciandomi un bacio su di esso subito dopo. Successivamente, andò in cucina, sbarazzandosi del ripiano pieghevole sul quale la colazione - ormai terminata - venne riposta.
Ritornò, chiudendosi la porta alla spalle, intrufolandosi in mezzo alle mie gambe, stendendosi. Poggiò la testa sul mio petto, sospirando appena, con la guancia completamente spiaccicata che gli rendeva un'espressione dolce. Chissà quante volte avrà festeggiato questo giorno con ragazze del suo passato. Chissà in che modo l'avranno trascorso. Pensandoci, percepii una morsa allo stomaco. Non avrei dovuto crearmi paranoie, ma sapevo che questa non fosse stata la sua prima volta, a differenza mia. Avevo paura di non essere come le altre e di non meritarmi le sue attenzioni. Paura di non essere abbastanza, di risultare noiosa o monotona. Ma soprattutto dei suoi sentimenti, ne avevo una paura indecifrabile.
«L'avresti mai detto?» mormorò, improvvisamente.
«Cosa?»
«Che saremmo riusciti ad arrivare fin qui»
«Non nutrivo dubbi su di te» dissi, accarezzandogli i capelli; «io non mi sarei immaginata nemmeno di poter ottenere il banco, in realtà» continuai.
«Fammi il piacere-» disse in una risatina; «la Celentano ti guardava ammaliata, quasi quanto me» aggiunse, alzando il capo verso il mio.
«Sembrano passati anni» mormorai, con un velo di tristezza nel tono di voce; «potrei piangere al pensiero che stia per finire tutto» dissi.
Perché era vero, all'interno di queste mura avevo trascorso il periodo più bello della mia vita. Un bagaglio di ricordi che non lascerò in un angolo a muffire. Tra Carola, Christian, Luigi, Luca ed Alex.. ne ho avute di esperienze, belle o brutte che siano.
«Amici ti garantirà la base per il tuo futuro» disse.
«È di quello che ho timore»
«Del futuro?»
«Sì» risposi.
«Tu sarai una ballerina, V, una di quelle che si esibiranno all'Opera o nei teatri più importanti d'Europa» disse; «o, ancor meglio, ai miei concerti» sdrammatizzò, facendomi ridere.
Sorrisi alle sue parole, perché oltre alla mia istruttrice, anche Alex nutriva grandi aspettative nei miei confronti. Come io per lui, e non lo avrei deluso.  Né lui, né la maestra e nemmeno la mia famiglia.

DIFFERENT | Alex Wyse Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt