seventy-eight

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Dopo la lezione mattutina con Andrea Laffranchi, i miei compagni ed io ritornammo in sala relax. Al seguire della puntata, la produzione ha realizzato una sorta di festa, facendoci ritrovare dolci e stuzzichini di ogni tipo. Fui così stanca, però, che dopo un'oretta mi ritrovai già dormiente. Ed è stato difficile farlo, mentre dall'altra parte della casa si ripetevano canzoni di ogni genere. Fu Alex quello addetto a svegliarmi, questa mattina. Le palpebre pendevano, i miei muscoli dolevano. La lezione sullo Streaming l'ho seguita a malapena, non riuscendo a connettere i cavi del mio cervello.
Fuori dalla struttura si respirava aria fresca di marzo, la primavera iniziava a farsi vicina, così come la mia allergia al polline. Poggiai lo zaino accanto al mio letto, sedendomi sul suo margine. Con i gomiti sulle ginocchia, le mani sul viso, cercai di chiudere leggermente gli occhi per rilassarmi. Tra due ore avrei avuto lezione, e farmi ritrovare in queste condizioni non sembrava il caso. In settimana si sarebbe registrata la prima del serale e l'ansia mi stava divorando. Sarebbero arrivati i primi guanti di sfida, le prime eliminazioni, gli schiarimenti delle squadre. Era tutto nuovo per me, che per anni mi sono limitata a guardare questa trasmissione dal divano di casa mia.
«V?»
Sussultai. Sembrava che per un istante non ci fossi stata con la testa, e che mi fossi addormentata.
«Mh?» mi voltai verso il ragazzo, che a piccoli passi si palesò dinanzi a me.
«Ti ho richiamata tre volte, non mi hai risposto mezza. Sei stanca?» disse, appoggiando le mani sulle mie cosce, accasciandosi sulle ginocchia.
«Si nota così tanto?»
«Dal tuo tono di voce e dalle tue occhiaie, direi di sì» ammise, in un mezzo sorriso; «hai lezione a mezzogiorno, e sono appena le dieci, potresti dormire a sufficienza, così che tu non ti faccia ritrovare in queste condizioni» continuò, guardando l'orario dal suo AppleWatch.
«Sto messa così male?» lo guardai.
«Dico solo che sembri essere stremata, ti ho solo dato un consiglio. Sei bella anche così» ridacchiò. Avrei dovuto fargli davvero tanta pena, se è arrivato a definirmi bella con queste occhiaie.
«In realtà, volevo andare in saletta a riprovare-»
«V, hai ben due ore di lezione dopo. Quando la smetterai di affaticarti così tanto?» mi interruppe.
«È che ho tanta paura del serale, Alex» mormorai.
«Per quanto possa durare, resterà l'esperienza più bella della tua vita, V. L'importante non è il giudizio dei giudici, ma la tua consapevolezza di essere brava in ciò che fai» disse, sfregando le mani sulle mie gambe coperte da un pantalone rosso; «ora riposati, per favore. A meno che tu preferisca addormentarti in saletta con la Celentano a guardarti» cercò di convincermi.
Lasciai fuoriuscire un risolino, annuendo alla sua proposta. Mi distesi nel letto, ricoprendomi del piumone rosso fragola.
«Mi piacerebbe stare qui con te, ma in cucina ci sono delle verdure che mi aspettano. E credo che se non aiutassi Luca per il pranzo, mi ucciderebbe» disse, restando in piedi, maneggiando il suo orologio digitale; «ho impostato la sveglia, perché altrimenti non ti sveglieresti» fece per appoggiarlo sul comodino nero accanto. Mi lasciò un piccolo bacio sulla fronte, per poi lasciarmi dormire.

A lezione con la maestra mi sentii abbastanza energetica da poter riuscire a ballare con forza. I professionisti avevano realizzato delle coreografie apposta per me, per il serale. Coreografie diverse da quelle comuni a cui ero abituata, ma accompagnate da uno scenario specifico che vada a pari passo con la musica e la tematica.
«Dovremmo dimezzare gli incontri settimanali per le lezioni extra, lo sai?» mi parlò la maestra, camminando verso il plexiglass.
«Lo so» mormorai.
«Sei una ballerina completa. Tutte queste lezioni possono solo che farti del bene, si, ma non abbastanza per la tua salute» continuò.
Ormai questa storia della stanchezza e dello sfinimento corporeo, mi veniva ripetuta come una filastrocca. Un ballerino deve sempre migliorarsi, e forse l'avevo preso troppo alla lettera.
«Facciamo così-» riprese a parlare, vedendo non ottenere mia risposta; «terrai una sola lezione a settimana, che sia di hip hop o latino. Per il resto ci dedicheremo alla preparazione del serale, sia perché voglio che tu dia il tuo meglio e sia perché credo molto in te, Valeria» annuì parlando, con convinzione.
Feci un mezzo sorriso, contenta di come la Celentano la pensasse su di me.
«Va bene» ridacchiai.
«Ma solo una, eh» sorrise anche lei.
«Solo una» ripetei, per poi salutarla e andare via.
Scossi la testa divertita nel constatare che anche la maestra si fosse arresa alla mia testardaggine, arrivando a decretare compromessi che stessero bene sia a lei che a me. Camminai, con la testa tra le nuvole, arrivando in sala relax. Qui incontrai Sissi, Leo e Luigi, il quale mi salutò con un piccolo bacio sulla guancia. Suo solito. Nello stesso momento in cui feci per tirare su la zip della mia giacca, Alex aprì la porta, ritornando da una lezione. Con un sorrisetto contento continuava a fissare il palmo della sua mano, contenente il suo mp3. Alzò lo sguardo, sorprendendosi della mia presenza. Come se gli si fossero illuminati gli occhi, mi raggiunse, scuotendo dinanzi ai miei occhi l'oggetto digitale portatile.
«Non pensavo fossi qui. Credevo che la tua lezione durasse di più-»
«Cosa devi dirmi?» andai al sodo.
«Cosa ti fa pensare che io debba dirti qualcosa?»
Portai entrambi gli indici sulle sue fossette, che al mio tocco si espansero; «queste» dissi.
Scosse la testa divertito, lasciandomi un bacio sulla fronte; «andiamo in casetta» disse, prendendo la sua roba. Salutò Luigi con un cenno della testa, per poi avvolgermi il braccio intorno alle spalle. Giocherellai con la sua mano penzolante sulla mia spalla destra, finché non fummo entrambi in camera sua. Raccolse gli auricolari dal cassetto, consegnandomeli insieme al suo mp3.
«Pigia la traccia sette» disse, sedendosi sul letto accanto, quello di Luca.
Indossai le cuffie nere, andando alla ricerca del settimo brano della sua lista. Alzai gli occhi verso di lui, che sembrava essere emozionato come un bambino che è stato portato al luna park.
Una melodia lenta iniziò a rimbombare nelle mie orecchie, seguita poi dalla voce di Alex, in quello che sarebbe dovuto essere l'inedito regalatogli da Michele. Sorrisi spontaneamente, sia per le parole, sia per il fatto che me l'abbia fatta ascoltare. Chiusi gli occhi, tenendo il ritmo con il piede. Avrei potuto ascoltarlo per sempre, e non vedevo l'ora di farlo, una volta usciti da qui.
«Allora?» domandò speranzoso.
«Inizieresti a montarti la testa se ti dicessi ciò che ho realmente provato ascoltando questa canzone» risposi, riportando gli auricolari sul suo comodino. Si alzò, posizionandosi dinanzi a me. Prese le mie gambe, distendendomi sul suo letto, per poi adagiare il suo corpo esile sul mio.
«Senti tue quelle parole?» gli chiesi, accarezzandogli i capelli.
«Quella scritta da Michele è una relazione ormai terminata da tempo, quindi sotto questo punto di vista, no» mormorò, poggiando il mento sul mio petto; «ma la filosofia del chiedere permesso la conosciamo bene noi due. All'inizio non facevo altro che chiedertelo. Forse per paura, sai, quando eri con Christian. Non volevo farti sentire sbagliata, o obbligata, nel fare qualcosa. E ogni volta che ti sei arresa dinanzi ad un povero idiota come me, ho capito quanto tu, in fondo, non ti sia sentita costretta. Hai fatto quel che hai fatto di tua volontà, nonostante dall'altra parte ci fosse qualcun altro» continuò, guardandomi negli occhi.
«Non penso di avertelo detto mai, ma in quel periodo mi sono sentita la persona più disonesta di questo mondo» confessai.
«Per essere stata con me?»
«Per aver fatto il doppio gioco con entrambi» dissi; «se dovessi spiegartelo a parole, non riuscirei a farlo. Non so cosa mi abbia spinto a comportarmi in quel modo, non credevo neppure ne fossi capace. Il fatto che tu mi abbia scavata a fondo, mi ha resa vulnerabile. Totalmente. Aver attirato la tua attenzione, sembrava essere un paradosso. Sai, quelle cose impossibili e mai realizzabili? Mi chiedevo ogni volta come abbia potuto, una come me, conquistarsi l'anima testarda e orgogliosa di Alex Wyse-» venni interrotta da un suo risolino; «sono seria. Hai presente il play boy delle storie adolescenziali? Ho sempre pensato che tu fossi uno di quelli, e io la povera ragazza vittima della sua arte di seduzione» puntualizzai, facendolo ridere.
«Quindi, mi stai dicendo che saremmo perfetti come protagonisti di un romanzo del genere?»
«La smetti di prendermi in giro?» gli colpii la gamba con il piede; «è che, da quando sono qui, mi sembra essere tutto così strano» mormorai.
«Cosa ti fa strano?»
«Essere in questo letto con te, ad esempio» dissi.
«Dovremmo fare altro, hai ragione. Vuoi che ti tolga i vestiti?» alzò le sopracciglia.
«Alex» canzonai.
«V.» disse, con lo stesso tono di voce; «devi smetterla di frullarti la testa di paranoie» ritornò serio.
«Non sono paranoie-»
«Te ne penti?» mi anticipò, alzandosi sui gomiti.
«Se mi fossi pentita di stare con te, non credi che sarei altrove adesso?» domandai di rimando; «ma il punto non è questo» aggiunsi.
«Il punto è che non esistono parole che possano giustificare il mio interesse per te» disse lui, scostando i capelli dalla mia fronte.
Sospirai, portano entrambe le mani sulle sue guance; «scusa» sibilai flebilmente.
«Credimi, V.» mormorò; «sei stata l'unica capace di calmare il mio tormento, amando ciò che io odio di me stesso» sorrise appena, avvicinando le sue labbra alle mie; «abbiamo sempre chiesto il permesso, per ogni cosa, noi due. Tranne nell'averci scelto entrambi» mi baciò; «sei arriva così, nella mia vita, senza chiedere alcun permesso. Ed è da questa prospettiva, che ti dirò che quelle parole le sento mie».

DIFFERENT | Alex Wyse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora