fifty-five

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«Non credo di riuscire a ballare ancora» furono queste le parole di Carola, una volta sedutasi sulla sedia in cucina.
«Tranquilla, Ca'. Vedrai che ti rimetterai» le disse Cristiano, sedutole accanto.
Purtroppo, in settimana, la ballerina si è infortunata durante le prove. Nulla di grave, ma la cosa sembrava prolungarsi più del solito. Le passai una mano sulla spalla, dispiaciuta, e feci per dirigermi al bancone per la colazione.
Nicol gironzolava per la stanza canticchiando qualche canzone, ansiosa per la sua sfida, così come Albe intento ad ascoltare i suoi pezzi attraverso l'mp3.
«Pronto per oggi?» chiesi a Luigi che, rispetto agli altri, si mostrò più disinvolto. Nonostante sapessi fosse una maschera per nascondere la sua ansia.
«Sì, abbastanza» rispose, appoggiandosi con i gomiti al bancone.
«Caffè?» proposi e, alzando lo sguardo verso di me, annuì con la testa. Credo che berne un po' gli avrebbe fatto bene, per caricarlo il giusto.
«Attenta, che ti prenderai un colpo di freddo se non ti copri bene» mi indicò.
Gettai gli occhi in basso, costatando quanto poco coprente fosse il vestito che indossavo. Appositamente scelto per la coreografia con Mattia, non per mia volontà, che sia chiaro. Anche se non mi dispiaceva affatto. Metteva in mostra le mie curve che, ultimamente, iniziavo ad apprezzare di più.
«Sto già morendo di freddo, infatti» confessai.
«Almeno c'è il sole»
Mi girai verso la voce in questione, quella del cantate castano, con i capelli totalmente in disordine.
«Buongiorno, sei stato coinvolto in un tornado stamattina?» scherzò Luigi.
«Mi sono svegliato, circa, quattro minuti fa» serrò le labbra, mettendosi accanto a me.
«Hai fame?» chiesi.
«Un po'» sospirò, e feci per passargli un pacco di oreo già aperti. Mi guardò, prendendo un biscotto, portandoselo alle labbra. Erano passati due giorni da quando ho deciso di azzerare le distanze tra noi, dopo ciò che era successo una settimana esatta fa. È finita che la mattina dopo me lo ritrovai nel letto, dormiente e stanco. Mi beccai un interrogatorio da Serena e Carola, al quale mi giustificai dicendo che non era come sembrava. Non lo avevo perdonato del tutto, gli avevo solo confessato di provare una mancanza incolmabile a seguito di quella discussione. Disperata, mi lasciai andare. L'ho baciato, lui ha ricambiato. Un bacio dolce, casto, nascosto in quelle coperte rosse. Seguito da altri trenta, e da altrettante carezze. Sapevo benissimo che avesse compiuto un errore, ma sapevo anche quanto ne fosse pentito. Certo, non conoscevo ancora il motivo del perché l'avesse fatto, ma vederlo distaccarsi dalla figura di Cosmery mi confermava il suo pentimento. Non che ne godessi compiaciuta, ma così dimostrava il suo tenerci a me. O almeno, così credevo io. Altrimenti perché ostinarsi a chiedermi scusa? A starmi dietro, cercando una mia risposta, una mia reazione? Perché continuare a provarci? Non avrebbe senso. E comunque senso non ha. Mi ha ribadito di doverlo dimenticare, consapevole che mi avrebbe fatto del male.. e così è successo. Ma dopo? Perché pentirsi? Perché volermi ancora? Perché dirmi parole che, dopo l'atto, non avrebbero più avuto valenza?
Come se quel che ha fatto, fosse stato per avere conferma su qualcosa. Dubitare, fare, pentirsi e scusarsi. Ecco che scaletta stava seguendo Alex.
«Va'?»
«Eh? Cosa?» scossi la testa, dopo essermi imbambolata a fissare il vuoto.
«Ti aspetto in studio, così che proviamo insieme un'ultima volta prima della puntata» mi disse Mattia, ed io mi limitai ad annuire.
Lo vidi uscire, insieme ad Albe e Cristiano, vennero subito seguiti da Carola, Nicol e Rea.
«Alex, tu sei ancora in pigiama» disse Luigi.
Mi voltai verso il ragazzo, e non so come abbia fatto a non notare il suo abbigliamento.
«Mi son svegliato da poco, vi ho avvertiti» disse.
«Dovresti darti una mossa» gli consigliai.
«Lo so» sospirò; «adesso vado» disse, masticando un altro biscotto prima di scomparire in camera sua.

«Siete due idioti» ridacchiò Christian, vedendo me e il suo amico ballare la coreografia in maniera abbastanza divertente.
La mano del biondo si appoggiò sulla mia schiena scoperta, mentre entrambi guardammo il ragazzo dal tatuaggio a doppie strisce starsene seduto sulla gradinata semicircolare.
«Mi fa un po' male il piede» disse il ragazzo al mio fianco, andandosi a sedere.
«Tutto okay? Puoi ballare?» domandai preoccupata.
«Sì, per adesso. Spero solo non peggiori e che sia solo una mia impressione» sospirò.
Presi posto accanto a Christian, strofinando entrambe le mani sulle mie gambe nude. Questa giornata sarebbe stata pesante, avevo questo presentimento.
«Ti vedo pensieroso» dissi.
«Sto così da un po'» disse lui.
«È per la sfida?» domandai e lui annuì.
Todaro, in settimana, ha deciso di proporre una sfida tra Christian e Cristiano. Entrambi avrebbero messo in ballo una coreografia del proprio stile, aggiungendo quella sui tacchi. È stata una cosa improvvisa, all'ultimo minuto. Il ragazzo si sentiva così per paura di uscire, avendo timore che anche l'altro potesse subire quella fine.
«È ingiusto» mormorò.
«È l'atteggiamento che acquistando essendo che tra due mesi, quasi, c'è il serale. Diventano più severi e selettivi, e si dilungherà per un bel po'» dissi, lasciando un bacio sulla tempia al ballerino di hip hop, assicurandogli che ero dalla sua parte. In ogni caso, l'uscita di uno dei due mi avrebbe dispiaciuta comunque. Non nello stesso modo, avendo condiviso più momenti con uno rispetto ad un altro, ma avendoci legato ci sarei rimasta male.
Mi alzai, avvicinandomi allo specchio, osservando il mio viso e il mio corpo per bene. Non avevo niente fuori posto, solo forse un po' la mente. Quella era sempre in completo disordine.
Vidi Alex, a pochi metri da me, con lo sguardo calato mentre canticchiava qualcosa a basso tono. Feci per avvicinarmi piano, non volendo disturbarlo.
Mi appoggiai al mobile, accanto a lui, facendo sfiorare le nostre spalle tra loro.
Fece un passo laterale, avanzando verso di me, facendo scorrere la sua mano dietro la mia schiena.
Mi voltai a guardarlo: era concentrato sullo schermo del suo cellulare, intento a messaggiare qualcuno. Il suo ciuffo gli ricadeva morbido sulla fronte, le sue piccole lentiggini si schiarirono, il suo filo di barba sembrava essere scomparso. Con l'indice iniziò a tracciare dei piccoli cerchi lungo la mia colonna vertebrale, accarezzandomi delicatamente la pelle con le sue nocche.
Mi bastava così poco, e il mio corpo non voleva risentirne. Piccoli gesti, senza neppure una parola. Sentivo come se non esistesse nessun altro in questa stanza, oltre lui. O forse ero io che non volevo nessun altro, se non Alex.
Distolse lo sguardo dal telefono, ponendolo su di me l'attimo dopo. Fece un piccolo sorriso, che ricambiai volutamente. Spinse la sua mano sulla mia schiena, costringendomi a posizionarmi dinanzi a lui.
Misi le mani sul suo petto, mentre i nostri visi erano distanziati il minimo.
«Hai la pelle congelata» mi disse, sfregando entrambe le mani sulla scollatura. Ero fredda e ricoperta da pelle d'oca, a causa sua.
«Riesco a sopportarlo»
«Soffri il freddo più di qualsiasi altra cosa, tu» rise.
«Lo so. Mi riscalderò ballando» feci spallucce.
«Mh»
«Che c'è?» chiesi.
«Niente» mi guardò; «sei bella» disse.
Ah, cavolo. Lo zoo nello stomaco è ritornato.
Sospirai, calando lo sguardo, nascondendo il mio sorriso timido. Poi lo guardai di nuovo, imbarazzata e scorsi le sue fossette.
Avvicinò il suo viso al mio, lasciandomi un bacio sulla punta del naso. Poi me lo prese nelle sue mani, baciandomi la guancia più volte. Un bacio dopo l'altro. Casti e leggeri.
Sorrisi, e con me, anche il mio cuore. Spostai le mie braccia attorno al suo busto, stringendolo forte. Smise di baciarmi, ed appoggiai la testa nell'incavo del suo collo. Ci lasciai un piccolo bacio e lo sentii ridacchiare.
I passi dei miei compagni e l'aprirsi della porta, mi fecero sbuffare.
«Stanno andando via» mi avvisò.
«Aspettiamo altri due minuti» mormorai.
«Quando avrete smesso di fare i due innamorati, sappiate che abbiamo una puntata da registrare» disse Luca, prima di uscire fuori.
Eravamo rimasti da soli e forse la produzione ci avrebbe richiamati a breve.
«V.» mi richiamò.
Alzai lo sguardo verso di lui e sbuffai. Lui sorrise divertito, mentre allontanò le mani dal mio corpo.
Andai a prendere la mia borsa con tutto ciò che mi sarebbe servito per le esibizioni, e mi diressi alla porta, seguita da Alex.
Mi fermai di scatto, alla fine del corridoio che portava allo studio e il ragazzo si voltò a guardarmi confuso.
«Qualcosa non va?»
Scossi la testa alla sua domanda, e feci per avvicinarmi alla sua figura. Mi alzai leggermente sulle punte, prima di lasciargli un bacio sulla bocca. Sembrò sorpreso, ma ricambiò dopo nemmeno due secondi. Chiese accesso alle mie labbra con la sua lingua, e le schiusi così che potessero toccarsi. La mia mano andò a finire dietro la sua nuca, mentre le sue si ritrovarono a mantenermi il collo.
Respiravo a fatica e lasciai fuoriuscire un gemito quando mi morse il labbro.
«La puntata sta per iniziare» disse una voce, che quasi mi spaventò. La produzione, come non detto.
Mi distaccai da Alex, il quale aveva le labbra gonfie e arrossate. Si sistemò, e feci lo stesso anch'io, portandomi il vestito più in basso.
«Hai-» si indicò le labbra, facendo riferimento alle mie. Non osavo immaginare le mie condizioni.
«Anche tu» dissi.
«Lo noteranno» continuai, facendo qualche altro passo in avanti.
«Credo proprio di sì» rispose lui, entrando in studio.

DIFFERENT | Alex Wyse Where stories live. Discover now