Si gioca.

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Continuò a strattonarmi per un bel po' di tempo, sotto i miei piedi sentivo qualcosa di morbido.. Forse erba o terra.
La sua mano era stretta fortemente intorno al mio polso e ogni volta che     provavo a liberarmi la sua mano si stringeva sempre di più .
Ad un certo punto ci fermammo, sentì un leggero fresco sulle braccia che contrastava con il caldo atroce che avevo a causa dei raggi del sole. Probabilmente eravamo all'ombra.
Riuscì ad udire un tintinnio simile a quando il metallo si scontra con il metallo. Forse erano..
'Delle chiavi'
Si sente il rumore di un giro o due e poi un altro strattone prima di spingermi dentro e sbattere forte la porta. Per ultimo il rumore di una o due catenelle che vengono strisciate e quindi chiuse.
E poi, il silenzio.
Il leggero ticchettio di un orologio e i miei respiri pesanti lo accompagnavano. Non mi ero mossa di un centimetro, troppo spaventata da cosa sarebbe potuto accadere. Sotto la benda i miei occhi erano serrati, e nemmeno io sapevo perché.
Poi delle mani mi afferrarono la vita da dietro e il mio respiro si bloccò.
Il suo busto era stretto contro la mia schiena. Le mani iniziarono a scivolare sempre più in alto lentamente, scorrendo sul mio corpo fino ad arrivare alla testa, passando verso il nodo e slegandolo delicatamente.
Pochi secondi dopo la fascia cadde a terra e subito i miei occhi scrutarono l'ambiente circostante.
Davanti a me c'era un soggiorno con due divani di un marrone scuro strappati e sbiaditi. Un tappeto persiano di diversi colori era sparso quasi per tutto lo spazio visibile, diversi mobili rigorosamente di legno chiaro erano posizionati non troppo vicino ai divani, un orologio a cucù fatto tutto di legno con una vetrata dentro alla quale erano posizionate le lancette era proprio davanti a me e le pareti di un bianco grigiastro mi circondavano. E oltre a questo piccolo spazio non riuscivo a vedere nulla e la curiosità di guardare anche nelle altre stanze era tanta. Quel posto era veramente trasandato, non curato ecco. Ma sembrava avesse il suo perché.
Quasi mi dimenticai di lui, finché non mi girò e mi guardò negli occhi che erano poco distanti tra loro.

- Che posto é? - chiesi un po' esitante.

Lui sorrise prima di avvicinarsi al mio orecchio e sussurrare:
                                    
- Un posto che pregherai di non vedere spesso. - Rabbrividì e subito dopo lui rise.

- C.. Come mai? - chiesi l'ovvio.

- Speravo me lo chiedessi. -

E sulla sua faccia comparve quel cazzo di ghigno.
Sapete quando fate arrabbiare una persona e prima di scoppiare fa un determinato gesto che é come se dicesse 'ora mi hai fatto incazzare'?
Ecco, lui faceva quel ghigno.
Ma lo faceva quasi sempre, quindi era difficile capire quando era veramente arrabbiato.       
Mi guardò attentamente, poi poggiò delicatamente la sua mano destra sui miei capelli per spostare una ciocca dietro l'orecchio.
Non respirai nemmeno a quel gesto e credo che lui se ne rese conto perché il suo ghigno si amplificò.
Continuò ad accarezzarmi dolcemente i capelli in silenzio e poi quello scintillio nei suoi occhi.
La sua mano strinse forte una manciata di capelli in un pugno per poi tirarla forte tanto da farmi abbassare. Urlai e mi dimenai. Ma non servì a niente. I suoi occhi erano diventati di un nero ancora più intenso, della delicatezza di pochi secondi fa ormai non c'era più traccia.
Mi strattonò a destra e sinistra per poi tirare i capelli forte e in alto per farmi alzare. Ubbidii subito, anche se non avevo molta scelta.
Mi tappò la bocca con una mano e per qualche secondo tappò anche il naso, il che mi fece agitare così tanto che più mi muovevo più il fiato se ne andava.
Non feci caso al percorso che facemmo, troppo agitata e spaventata com'ero. So solo che ad un certo punto mi ritrovai dentro una stanza abbastanza grande di colore nero.
E poi, ricominciai a respirare.
Tossii più di cinque volte prima di stabilizzarmi e guardarmi intorno.
Una decina di luci fioche riuscivano a far brillare la stanza che prima era immersa nell'oscurità.
'Perché sono qui? Cosa vuole che faccia?' continuavo a domandarmi.
Ma poi, quando le luci diventarono luminose al massimo, misi a fuoco ciò che mi stava attorno.
In quel momento mi si bloccò il respiro.
Fruste, manganelli, frustini, coltelli, pistole, corde, nastri, flagellatori e bastoni elettrici erano attaccati ai muri. Presa dal panico girai di scatto la testa da un'altra parte, ma non avrei dovuto farlo.
Vidi una sedia sporca e bruciacchiata con ai piedi e ai braccioli delle manette di metallo pesante, vidi un tavolo con delle catene attaccate e un letto di aghi finissimi.
Non volli guardare oltre.
Mi buttai in un angolo e mi rannicchiai su me stessa cercando di regolarizzare il respiro non riuscendoci.
'No, non di nuovo.'
Mi stava di nuovo venendo un attacco di panico, erano anni che non succedeva e io non ne sentivo per niente la mancanza. Era come se la paura mi stesse scorrendo nelle vene e mi attenagliasse lo stomaco. Solo che di solito c'era qualcuno a dirmi di stare calma e di non preoccuparmi, mentre ora c'erano solo armi di tortura vicino a me.
E lui era li, che mi guardava interessato come un topo da laboratorio. Sembravo una cosa nuova per lui, come un esperimento.
Era sullo stipite della porta, appoggiato da un lato con le braccia incorociate e il viso totalemente calmo. Tutto il contrario di come ero io.
Continuai a guardarlo ansimante e quando lui si avvicinò deciso, io mi aqquattai di più al muro mettendomi le mani davanti agli occhi e continuando a ripetere che se io non lo vedevo, lui non mi vedeva.
E invece.

- Hai due opzioni. O alzi il culo da sola o te lo faccio alzare io. - disse con tono glaciale.

Prontamente mi alzai, non volendo perdere altri capelli o un braccio già da subito.

- Bene, vieni qui e siediti. -

Mi indicò la sedia con le manette.
Esitante mi avvicinai e mi sedetti.
Le sue mani si posarono sulle manette ai lati delle mia mani, le sfiorarono e poi le abbasso di scatto causandomi un dolore atroce al polso. Fece la stessa cosa con tutte e due. Notai che sulle manette c'era un colore scarlatto, non del tutto sbiadito.
Sbarrai gli occhi.
Cercai di strappare via i polsi da quella trappola mortale, cercai di calciare quanto più potevo. Ma la sedia oltre a tremare per i colpi, non sembrava cedere.
Lui appoggiò le mani sulle manette e sfiorò le mie.
Mi bloccai.
Poggiò tutto il peso del suo corpo sulle sue mani e si avvicinò a me. 

- Bene, ora iniziamo a giocare. - fece una pausa per poi continuare - come certamente saprai, io non ho quasi mai contatti fisici con le mie vittime. Non mi piace averne. Ma con te.. Con te é diverso. Quella sera appena ti ho vista ho pensato che fossi la vittima perfetta anche se diversa da come le sceglievo. Tremante come un cerbiatto, innocente ma non troppo, terrorizzata completamente dalla mia figura.
La sera stessa ho cercato delle informazioni su di te, Jessica Stone. Ma le informazioni non dicevano tutto, non dicevano della tua lingua biforcuta, di quanto eri furba, di quanto correvi veloce o di quanta forza avevi per essere una ragazza. Io dovevo conoscerti. Avevo bisogno di avere un contatto fisico o visivo con te, ma avrebbe scombussolato totalmente i miei schemi. E sai la cosa bella? Non mi interessava. E non mi interessa tutt'ora. Quindi i miei piani sono cambiati. I giochi sono cambiati. Ma ora voglio giocare al mio gioco preferito. - disse guardandomi intesamente negli occhi per tutto il discorso. Si tolse dalle mie manette e andò verso il muro in cui c'erano tutte le fruste possibili e immaginabili. Ne prese una lunga e robusta, la fece scoccare una o due volte mentre veniva verso di me.
   
- Come ti ho già detto i fascicoli non dicono tutto.. Ma sai qual'é il mio peggior difetto? Io voglio sapere tutto.
Se risponderai correttamente o in modo adeguato, tutto finirà presto. Invece se risponderai scorrettamente ti frusterò. E più bugie dirai più i colpi aumenteranno.
Come ben saprai non sei la mia prima vittima, io riesco grazie ai gesti minimi che fai a capire se menti. Sono una specie di macchina.
Ti sono chiare le regole? -
Deglutii prima di annuire, scossa e tremante.

- Bene, iniziamo il gioco che io amo chiamare 'la verità non salva'. E molto presto dolcezza, scoprirai il perché. -

'Cazzo.'

Il volto della paura.Where stories live. Discover now