Biglietti d'Auguri.

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Non mi ricordai quando precisamente una voce lontana mi chiamò.
Non mi ricordai precisamente quando Mel mi strinse tra le sue braccia, quella notte.
Non mi ricordai precisamente il momento in cui entrai nell'ambulanza.
Ma mi ricordo della mia migliore amica, seduta vicino a me con il viso colmo di fresche lacrime.
Ero terribilmente stanca, l'unica cosa che volevo fare era addormentarmi profondamente.
Ma ricordo molto bene le parole di Mel che continuavano a ripetere:

- Non ti addormentare! Non lo fare! -

Sinceramente, non ne comprendevo il motivo. Dormire mi avrebbe solo fatto stare bene, in fondo, così avrei dimenticato del dolore fisico che provavo.
Ero terribilmente affaticata.
E poi, successe. Mi addormentai.
Ma non lo feci per dare fastidio a Mel, perché ve lo giuro, la stavo ascoltando.
Solo che ero arrivata al punto in cui i sensi stavano iniziando a intorpidirsi, e il mio cuore batteva con più calma all'interno del mio corpo caldo.
La vista mi si annebbiò, la ragazza di fianco a me pareva solo più una figura sfocata e le sue parole assumevano sempre meno importanza, risultando ovattate.

Chissà quanto passò.
Giorni? Settimane? Ore?

Non fu importante nel momento in cui riaprì gli occhi.
Trovandomi in una stanza di un azzurro pallido, con una tendina alla mia destra che con molta probabilità copriva un secondo letto all'interno della stanza. Per la privacy immagino.
Provai a dire qualcosa, ma la mia bocca si rifiutava di collaborare. In più c'era qualcosa a fermarle i movimenti, una mascherina credo.
Numerosi tubicini erano iniettati all'interno della mia pelle, che ormai aveva assunto una tonalità di un bianco pallido.
Cercai di mettermi a sedere, ma solo dopo la fitta che sentì alla gamba, mi ricordai cosa fosse successo. E allora guardai in basso.
Una fasciatura bianca, con un po' di rosso scarlatto in superficie, era attorcigliata all'altezza della mia coscia sinistra.
Girai leggermente la testa verso il comodino alla mia destra, e notai alcuni mazzi di fiori dei colori più vivaci con all'interno alcuni bigliettini dei più svariati.

"Ti voglio in forma per il prossimo allenamento." Questo era da parte del mio allenatore, e sbuffai divertita. Tendeva sempre a sdrammatizzare, per lui farsi male era all'ordine del giorno.
In effetti, era da un bel po' che non andavo ad allenamento. Mi ero presa una pausa da tutto, scordandomi completamente la pallavolo. Unico svago che avevo una volta uscita dall'università.

"Spero che tu ti rimetta presto, un bacione." Questa erano i miei zii, da parte di mio padre. Sono delle persone molto dolci, ho passato buona parte della mia infanzia con loro. Furono quasi come dei punti di riferimento, dopo i miei genitori.

"Piccola, abbiamo saputo da poco. Ci manchi tanto a casa, chiamaci appena potrai." Parlando dei miei genitori, eccoli qui.
Un sorriso spontaneo nacque sul mio viso stanco. In effetti, non li avevo mai chiamati oppure sentiti fino a quel momento e sicuramente si saranno preoccupati.
Ma non era colpa mia quella volta, e già si sa il perché.
Mentre stavo girando la testa per vedere altri bigliettini, la porta si spalancò facendomi leggermente sobbalzare.
Una dottoressa, vestita con un camice bianco, dalla pelle scura e con i capelli raccolti in una coda di cavallo, che probabilmente serviva a dominare i suoi folti capelli ricci.

- Ben svegliata, Jessica. - Mi sorrise con le sue labbra carnose dipinte con un lucida labbra di un rosa pallido. Si avvicinò a me per spostarmi la mascherina dal viso facendo attenzione a non destabilizzarmi.

- Salve. - la mia voce risultava impastata, come se avessi dormito troppo a lungo. Le labbra erano incollate tra di loro e fu faticoso farle separare con un solo strappo, per pronunciare solamente quella parola.

Sorrise.

- Faccio solo una piccola analisi di controllo e poi potrai riposare, va bene? Sarà una cosa veloce. -

Il volto della paura.Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt