Michael.

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Tremai leggermente sulla sedia, già con l'ansia e la paura che si fondevano nelle mie vene.
Lui mi studiava attentamente, attirato da ogni mio gesto e ogni mio sguardo.
Annuii per due o tre volte velocemente e rigorosamente, per fargli capire che avevo inteso tutte le sue parole.
Mi sorrise soddisfatto.

- Ottimo, brava bambina... -

"È pazzo."

- Partiamo da cose semplici: nome dei tuoi genitori. - mi chiese con tranquillità.

- Anna e Robert Stone. - cercai di tenere un tono neutro facendo in modo che la voce non si spezzasse.

Fece una smorfia di confusione per poi affermare:

- Anna? Non è un nome americano o inglese. - guidò i suoi occhi curiosi nei miei.

- No infatti... Io ho origini italiane. -

Lui notò che sembravo troppo calma, si infastidì parecchio.

- Bene. Luogo di nascita. - chiese in tono più rigido.

- San Francisco, America. -

- Come mai ti sei trasferita? -

Deglutì prima di rispondere.

- Mh, i miei genitori... Erano molto rigorosi e, avevo bisogno di spazio. -

Sorrise.

- Bene, passiamo a domande un po' più serie. Ho notato sui tuoi fascicoli che sulla casella "fratelli/sorelle" c'é una specie di asterisco. Spiegami il perché. -

"Aia, punto dolente."
Il mio labbro inferiore fremette per un millesimo di secondo, mi schiarii la gola e cercai di sembrare il più confusa possibile.

- Non so il perché sia così. -

I nostri occhi si incatenarono per almeno 10 secondi, in totale silenzio, prima che lui sorrise ampiamente e diede un colpo di frusta sulla sua mano. Come per fare una prova.

- Mh.. Prima risposta sbagliata quindi. - pronunciò quelle parole con tanta perfidia e malizia che mi girò la testa per qualche attimo.

Scoccò quella specie di frusta che aveva tra le mani per due o tre volte. Ogni volta sempre più forte.
Si mise davanti a me e afferrò delicatamente il lembo della mia maglia per poi alzarla fino all'ombelico.
Sgranai gli occhi e mi dimenai, ovviamente non successe nulla.
"Mi verranno dei lividi pazzeschi domani.. Sempre se ci arrivo." pensai guardando i polsi incatenati.
Il mio ottimismo non mancava mai.
Mi sorrise dolcemente, in modo così gentile che quasi ricambiai.. Ma poi..
SLAM.
Primo colpo.
Una scossa di dolore mi rimbombò nello stomaco fino a raggiungere ogni muscolo esistente nel mio esile corpo. Urlai.
E lui invece, rise.
Lo guardai con occhi venati di odio, tanta la rabbia che in quel momento mi percuoteva. Ma lui, lui sembrava un bambino che aveva ricevuto il trenino che voleva a Natale. Aveva quella luce negli occhi.. Quella luce che ti faceva venire una morsa al cuore.

- Bene, riproviamo. Spiegami il vero motivo di quell'asterisco. -

Aspettai qualche secondo, guardando il vuoto, prima che i ricordi riaffiorassero nella mia testa.
I miei occhi si appannarono prima che la mia mente lasciasse spazio a ciò che per molti mesi non mi ha fatto dormire.. Prima che lasciasse spazio a tutto quello che avevo provato a dimenticare.

*Flashback*
Era una giornata grigia.. Il cielo non voleva proprio saperne di far uscire qualche raggio di sole. Si moriva di freddo. Ero andata a preparare una tazza di the caldo, e in quel momento stavo guardando le gocce di pioggia cadere sulla finestra. Le guardavo scendere velocemente, scommettendo su quella che sarebbe arrivata più velocemente al traguardo: ossia alla fine del vetro.
Era un gioco che da piccola amavo fare in macchina durante dei lunghi viaggi che non sembravano mai terminare. Era un ottimo modo per far passare il tempo.
Quel giorno ci sarebbe stata una grande festa a casa del migliore amico di Michael, mio fratello.
Lui aveva 3 anni più di me e siccome io a quel tempo avevo solo 13 anni, lui ne aveva 16. Aveva dei lunghi capelli castano scuri, quasi neri come i miei, che formavano un adorabile ciuffo sulla sua fronte. Quando se lo spostava con le mani faceva impazzire tutte le ragazze.
È come darle torto? Lo ammettevo anche io: mio fratello era un bel ragazzo. Forse per i suoi occhi verde-azzurri che spiccavano al primo sguardo, o forse per il suo fisico forte e robusto ma non troppo.. Insomma, doveva ancora ben formarsi.
Ogni volta che stavamo insieme la gente pensava subito a noi come "fratello e sorella". Era facile capirlo, eravamo molto simili.
Noi avevamo un rapporto un po' strano. Non ci amavamo da matti come nei film, ma non ci odiavamo a morte nemmeno un po'.
Il nostro era un rapporto che mescolava i due insiemi. Nei momenti di difficoltà ci aiutavamo sempre, ma non ci abbracciavamo ogni due minuti.. Solo quando c'era un bella notizia o quando ne avevamo bisogno. Ci rubavamo le cose a vicenda per poi arrabbiarci come dei pazzi quando lo venivamo a sapere, preparavamo insieme i muffin al cioccolato e ci impiastricciavamo ogni volta, ci tiravamo tanti schiaffi per poi tornare indietro e cercare di chiedere scusa nonostante tutti e due fossimo orgogliosi. Ma nonostante questo, avevamo caratteri molto diversi. Lui era molto aperto e simpatico già dalla prima volta in cui gli parlavi, infatti era molto conosciuto a scuola. A me invece la popolarità non interessava, mi piaceva stare con quei pochi amici che avevo e al primo sguardo facilmente ti stavo antipatica.
Ma dopo tutto questo, noi eravamo fratelli e ci volevamo bene.

Il volto della paura.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora