Proposta.

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Dopo tutto quello che era successo, l'unica opzione possibile in quel momento della mia vita era di rimanere in ospedale il più a lungo possibile.
Non per mia scelta, ovviamente.
Ma i miei genitori erano talmente spaventati che decisero di allungare la mia permanenza all'interno di quell'edificio.
Lo avrò già detto mille volte, ma ho sempre odiato l'ospedale e continuo tutt'ora a farlo.
In questi ultimi giorni la morte mi ha accarezzata come una vecchia amica, esitando.
Facendomi capire che ancora non era giunto il mio momento.
E l'unica cosa che riuscivo a chiedermi era: perché?

Le visite erano sempre tante, ma poca la mia voglia di parlare. Rifiutavo anche le visite da parte di Nick e Mel. Troppo debole dagli eventi che mi avevano scosso.

In ospedale non c'era mai molto da fare, e il mio unico svago era quello di osservare fuori dalla finestra, quasi aspettando un evento improvviso che avrebbe sconvolto la mia monotona giornata.

Oh, e continuavo a fissare quel dannato lettino vicino al mio, quasi nella speranza che uscisse fuori quello che effettivamente doveva essere il mio incubo, ma che ormai non sembrava più.

Come mai?
Come mai continui a pensarci?
Come mai non hai più paura?

Troppe le cose che mi frullavano in testa, e troppo stretto l'ambiente nel quale pensarci.

In quel preciso momento entrò nella mia camera d'ospedale mia madre, affiancata da mio padre, con un sorriso di compassione sul volto.
Odio quei sorrisi, e lei lo sa.
Ma come può evitarli?

Pensavo fosse la comune visita giornaliera, ma questa volta erano accompagnati da una figura a me estranea.
Un uomo, alto e sulla sessantina.
Il suo abbigliamento mi fece subito comprendere chi fosse.
Camicia azzurra, pantaloni neri con una cintura ad aiutarli, scarpe di cuoio e l'immancabile pistola sulla fondina.

Polizia.

- Cara, come stai oggi? - chiese inutilmente mia madre.

Mi limitai a rispondere con un sorriso di circostanza, restia a voler proferire parola.
Fortunatamente, lo comprese.

- Lui é il poliziotto Thompson. - introdusse lo sconosciuto, il quale mi sorrise prima di introdursi.

- Molto lieto signorina. Immagino che non sia il momento migliore per lei, ma il mio lavoro consiste nell'aiutarla. - sospirò. - si ricorda qualcosa di ieri notte? -

Panico.
Dovrei davvero raccontare quello che é successo?
Sarebbe perfetto. Avrei avuto il pretesto giusto, avrei potuto difendermi in qualche modo e far finalmente capire a Thomas che non aveva il pieno controllo su di me.
Ma come potevo farlo?
Lui si era insinuato dentro di me, sentivo il suo germe crescere nelle mie viscere, nel mio cuore.
E faceva così male.

- Io.. Non ricordo così bene. - sviai la domanda.

- Certo, e lo capisco. Ma qualsiasi informazione é considerata fondamentale, specie dopo gli ultimi eventi capitati alle numerose donne della città. -

Il respiro mi si bloccò in gola. Stava parlando di lui.

- Cosa intende dire? - mi preoccupai.

- Intendo dire, signorina, che ogni genere di ricordo può essere importante. -

Dal suo sguardo capì, che se non avessi risposto oggi allora sarebbe tornato domani, e il giorno dopo, e quello dopo ancora.
E troppe bugie insieme, non potevo raccontarle, o avrei rischiato di perdere il filo logico della storia.

- I-io.. Ecco non penso che fosse un uomo solo. Però avevano dei passamontagna e uno di loro mi ha stordita quasi subito. -

Poteva avere senso? Insomma, era la classica storia sentita e risentita. Perché doveva risultare sbagliata se uscita dalla mia bocca?
Eppure lo sguardo del poliziotto non sembrava affatto convinto, e ciò mi mise tremendamente paura.

- Ne é sicura? In due? -

- Assolutamente, signore. - cercai di risultare il più convinta possibile.

- Vede, mi sembra strano. - disse camminando per la stanza. - perché non é stato rubato niente. E secondo i nostri esperti, ci sarebbe un solo sospettato. - assottigliò gli occhi.

Non potevo vacillare.

- Io non so cosa dirle, sono piuttosto certa di quello che dico. Forse non era rubare il loro intento, ma solo quello di ferirmi. -

- Non lo metto in dubbio. - alzò lo sguardo verso di me, indecifrabile - sono sicuro però che le verranno in mente ulteriori dettagli in seguito, ma comprendo che debba riposare. A presto, Jessica. - utilizzò il mio nome questa volta.

Strinse poi la mano ai miei genitori, che lo accompagnarono fuori sconsolati.

Mi passai infine la mano sulla fronte, notando quanto fosse fradicia del sudore. Sintomo di stress.
Chissà quando si sarebbe fatto di nuovo vivo.
Avevo bisogno di fare mente locale, di connettere tutte le parti per cercare di aiutarlo.
Perché glielo dovevo, o così mi piaceva pensare.

La debolezza prese però il sopravvento, e prima che potessi congettare nuove parti da aggiungere alla mia storia, mi addormentai, profondamente.

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Quando mi svegliai, era notte fonda. Precisamente le 3.32.
Succedeva sempre di svegliarmi a quest'ora siccome ero abituata a dormire tutto il pomeriggio, perdendo ogni traccia di sonno la notte.

Una volta a casa avrei dovuto togliermi quella brutta abitudine.

Mi alzai, per sgranchirmi e svegliare il mio corpo scosso dai tremolii dovuti al risveglio.

La stanza era calda, le finestre appannate.
Mi avvicinai, per cercare di osservare il cielo notturno e il parco vicino, quasi speranzosa.

Le mie mani si inumidirono a furia di spannare i vetri, e quello che trovai davanti fu.. il solito.
Nulla di speciale, proprio per questo sospirai.
Dalla noia guardai anche oltre la tenda che mi separava dal secondo letto presente nella stanza, ma nulla. Non c'erano traccie di lui.

Dove sei?
Perché non sei qua?

Stanca delle mie continue ricerche, mi rimisi a letto. Osservando la finestra ancora una volta.

4.03

Così segnava l'orologio.
Ma i miei occhi agirono prima del mio cervello, chiudendosi lentamente e rivolgendosi un'ultima volta verso il soffitto, pigramente.

E la sentì.
Una goccia sulla mia fronte, calda.
E poi un'altra.

Come poteva perdere il soffitto di un ospedale?
Mi toccai la fronte osservandomi poi il dito. Sporco di un rosso scarlatto.

Ansiosa, guardai il soffitto da cui proveniva il liquido.

Una scritta frettolosa e scritta con le dita citava testuali parole.

"Ti verrò a prendere domani sera a mezzanotte in punto all'entrata dell'ospedale. Non fare tardi.
Ho una proposta che non potrai rifiutare."

Spalancai gli occhi.

Si era ricordato di me.
Sorrisi largamente, contenta della piega che aveva preso la mia nottata.

Finalmente, mi addormentai serena.

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Fresco fresco, ecco il nuovo capitolo.
Ho anche intenzione di modificare il prologo iniziare, siccome non mi convince molto.
Maaaa
Che proposta farà Thomas alla nostra protagonista?
Accetto ipotesi di ogni tipo.
A presto, e grazie per la lettura.

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⏰ Last updated: Jul 04, 2018 ⏰

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Il volto della paura.Where stories live. Discover now