Sindrome di Stoccolma.

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La mattina mi risvegliai nella stanza che avevo osservato attentamente la sera precedente. Era tutto come me lo ricordavo, nonostante la sera precedente fossi parecchio stordita. Forse qualche particolare risaltava di più all'occhio, come qualche fotografia che però era stata coperta con un telo per non farmi vedere le persone che c'erano sotto. Ah, e quella mattina quando mi svegliai ero completamente sola. Thomas.. Quella mattina non era affianco a me.
Thomas! Mi aveva finalmente detto il suo nome, credo.
Quando provai a scendere dal letto, le mie gambe erano fiacche e non avevano voglia di collaborare. Così, caddi rovinosamente sul pavimento gelato. Tirai un gemito di dolore, la mia spalla ne risentiva.
Pochi secondi dopo nella stanza entrò lui. E il male si fermò, il tempo si fermò.. Ma solo per qualche attimo.
Notai nei suoi occhi il malumore, quasi come sempre. Jakyll aveva lasciato posto a Mr Hyde.
Mi alzai lentamente dal pavimento e aprì la bocca per cercare di formulare una frase di senso compiuto, che mi facesse risultare un po' meno patetica di quanto dovevo sembrare in quel momento.

- Muoviti. Te ne devi andare. - la sua voce fredda come il ghiaccio mi batté sul tempo.

Lo guardai confusa: - Perché? - la mia voce ancora impastata dal sonno.

Mi guardò e rise: - Tu vuoi restare qui? Ti sto dando la possibilità di andartene a casa e riprenderti per il prossimo round e tu..? Tu vuoi restare qui?! - si avvicinò lentamente a me al pronunciare di quelle parole, fino ad essermi quasi premuto contro - Hai già così fretta di ricominciare? - ghignò.

Quel suo ghignare mi fece passare in un lampo il buonumore. Ma certo? Cosa andavo a pensare? Che mi avrebbe abbracciata, risparmiata e che mi avrebbe offerto anche il the?
Ma allora ero ancora tanto stupida ed ingenua. Non so.. Mi sembrava di avere un legame con lui, che si era formato ad ogni cattiveria e ad ogni gentilezza a cui mi aveva imposta.

- Possiamo andare. - decisa, risposi.

Ridacchiò prima di girarmi di schiena e ripetere la procedura della scorsa giornata.

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Il viaggio in macchina fu davvero silenzioso, talmente silenzioso che mi chiedevo se fosse ancora lì con me. Ma qualcuno doveva pur guidare no? Che pensieri sciocchi facevo.
Quando il motore smise di rombare e il rumore del freno a mano invase il veicolo, la benda mi fu tolta e mi slegò completamente.
Feci per uscire quando mi afferrò il polso e mi bloccò.

- Voglio che sia ben chiara una cosa principessa. Quello che hai visto ieri, non lo vedrai mai più. La prossima volta che sverrai non ti aiuterò di certo a stare meglio, sarà l'ultimo dei miei pensieri. La prossima volta che chiuderai gli occhi sarà perché sarò io a farteli chiudere per sempre. Non fantasticare su cose che non accadranno mai. Perché tra 21 giorni la tua faccia finirà in prima pagina sul Times Square, ricordandoti come una ragazza intelligente e forte, ma non abbastanza per sconfiggere 'Il Volto Della Paura'. New York ricomincerà a tremare ancora più di prima, la tua amica Melany si chiederà dov'era mentre la sua cara amica veniva mutilata da un pazzo psicopatico e i tuoi genitori perderanno la cosa che più amavano al mondo. E quando deciderò di mostrare il mio viso al mondo, la gente parlerà di me per tutta una vita e verrò ricordato più di Jack lo squartatore. Quindi, bimba, è solo questione di tempo prima che il tuo bel faccino faccia la peggior fine che una persona possa desiderare.
Non voglio vedere più un sorriso uscire dalla tua cazzo di bocca e giuro su Dio, che non ti ricorderai neanche più come si fa a sorridere. -
Mi strinse forte il braccio, tanto da farmi male. Mi dimenai e balzai fuori dall'auto, un secondo dopo partì senza nemmeno prestare attenzione al fatto che avrebbe potuto investirmi.
Mi guardai intorno un po' spaesata, poi mi toccai le tasche e mi accorsi delle chiavi di casa. Con tutto questo trambusto i miei oggetti personali non mi erano nemmeno passati per l'anticamera del cervello. Corsi alla porta di casa mia e dopo due o tre tentativi riuscì ad infilare la chiave. Girai due volte ed entrai.
Melany era sul divano davanti a me con le braccia conserte.

- Jessica Rose Stone! -

'Aia. Ha usato il mio nome completo.'

- Dove porca puttana sei stata?!!! - mi urlò contro.

'Dove sono stata eh? Beh a divertirmi ovviamente! Sono stata rapita, picchiata, frustata, legata ad una sedia, ho pianto perché mi hanno ricordato di mio fratello, poi sono svenuta, il Volto Della Paura mi ha riportato qui insultandomi in tutti i modi e facendomi perdere ogni briciolo di speranza di rimanere viva. E quasi quasi ora mi faccio un sandwich. Ma tu piuttosto? Come va la tua vita?'
Non avrei mai potuto dirle una cosa simile. Mi sarebbe svenuta davanti, e sarei morta prima.. Quindi che vantaggio c'era? Ve lo dico io, nessuno.

- Scusa Mel, ieri sono andata in discoteca per divertirmi un po' ed ho conosciuto un ragazzo.. Ho dormito da lui, tutto qui. -

Mi guardò scioccata: - E tu non mi dici niente? Che amica di merda sei? Allora.. Mi devi raccontare tutto! - rise.

Provai a fare un sorriso: - Magari dopo okay? Sono tanto stanca.. -

Mel rise più forte ed annuii.

Salii le scale ed andai in camera mia, chiusi a chiave la porta, mi gettai a capofitto sul letto e mi fermai a pensare.
Dopo tutte le cose che mi aveva detto, ancora sentivo quel legame. E la cosa più che alleggerirmi, mi spaventava. Così afferrai il PC e andai su Google.
Digitai sulla tastiera: Legame con il rapitore. Il primo risultato fu:
Sindrome di Stoccolma - Wikipedia.
Cliccai e una serie di scritte mi apparve davanti.
"Con l'espressione Sindrome di Stoccolma si intende uno stato psicologico particolare che si manifesta in seguito ad un episodio traumatico, ad esempio episodi di violenza fisica o verbale. Il soggetto affetto dalla Sindrome di Stoccolma, durante i maltrattamenti subiti, prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore, che si può spingere fino all'amore, facendo sì che si crei una sorta di alleanza e solidarietà tra la vittima e l'aggressore."
Sgranai gli occhi. A me non piaceva quando mi maltrattava.
'Non ancora'. La mia testa formulò.
Eppure quel sentimento positivo c'era. E se iniziavo a sentirlo era la fine.
Passai tutto il giorno sopra il computer e più leggevo, più una certa consapevolezza mi cresceva dentro.
Un lato positivo c'era però, anche se rabbrividivo al solo pensiero.

Se avessi contratto la Sindrome di Stoccolma, morire non sarebbe stato più tanto difficile da accettare.
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Spero vi piaccia, scusate l'assenza.

Il volto della paura.Where stories live. Discover now