Sentimento

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TOMIOKA'S POV

Finite le lezioni, mi avviai a casa Kamado.

Con l'intento di chiudere chiarezza ai lati ombrosi ancora irrisolti.

Avevo bisogno di aiuto, e solo ora lo ammettevo.

Pigio il capanello e il suono rovinato dal tempo, si sentì anche da fuori.

La porta poco dopo si aprì, rivelandomi un volto mai visto prima.

Un uomo all'incirca di mezz'età mi si para davanti. Lunghi capelli color ciliegia tenuti in una salda coda e gli occhi della stessa tonalità di quelli di Tanjiro.

«Mi scusi... Tanjiro è in casa?»

«No. Ma ritornerà presto. Vuoi aspettarlo in salotto?»

Sarebbe stato scortese dire di no, e se veramente tra lì a poco sarebbe arrivato, tanto valeva aspettarlo.

Anche perché, una ipotetica figuraccia non la volevo minimamente fare.

«Sì. Se non le dispiace»

L'uomo mi fece entrare e ricordai il momento in cui lei mi si parò davanti.

Era passato qualche giorno dell'accaduto, e già volevo ritornare indietro.

Forse non era il momento, tanto meno la soluzione adatta per risolvere il mio problema.

«Non c'è bisogno che mi dia del lei»  mi sorrise calorosamente e poco dopo mi fece accomodare il salotto.

Mi si presentarono davanti unicamente foto di famiglia.

Riconobbi Tanjiro e sua sorella da piccoli.

E tanti altri volti sconosciuti.

Un set di thé, posto sul piccolo tavolino in mezzo ai due divani, fumava tranquillamente.

La stanza odorava di quel profumo così dolce ed effimero, che vagava indisturbato alle narici, fino ad entrarti nel corpo.

Mi sedetti sul divano, colto da un'improvvisa ansia.
Lui si sedette davanti a me e i suoi occhi mi ricordavano terribilmente quelli di Kamado, non solo per l'iride magenta, ma anche per la loro intensità.

Ero da solo con...

Chi era lui?

Lo avevo visto in qualche foto, ma era indetico a quei tempi.

Che fosse quel tipo di persona che non invecchia facilmente?

«Io sono-»

«So chi sei, Tomioka»

Ah.

Stirai un sorriso tirato e i miei occhi vagarono in cerca di ulteriori appigli a cui agganciarmi.

«Sei venuto qui per risolvere qualche problema?» prese la sua tazza di thè fumante e se la portò alle labbra. Soffiando appena.

«Diciamo che sono venuto in qua per... Farmi dare una mano» ed era vero.
Ma quest'uomo non sembrava mollare la presa.
«Che genere di problema ti affligge?»
Non ci voleva.

«Ma niente...» avrei potuto aggiungere "cose da uomini", ma lui era più uomo di me.

«Se non è niente, allora perchè sei così agitato?»

Non mi ero reso conto della mia gamba tremante che batteva nel parquet.

Mandai giù un groppo di saliva formatosi troppo velocemente.

«Niente... Solo che... Ho bisogno di avere subito... Una mano» mi allentai di poco il nodo della cravatta.

Il profumo del thè iniziava a farmi mancare l'aria.

O ero io, preso da un attacco d'ansia?

«Se vuoi, puoi già parlarne con me» i suoi occhi amarena ritorarono a congiungersi ai miei, e solo per un secondo, potei sentire la sensazione di tranquillità e serenità che cercavo da una vita.

Che fosse la fraganza del thè, o la mia poca pazienta, spicciai parola.

«È come se... Lo stato di angoscia in cui vivevo, si fosse per la prima volta sciolto. Sentire finalmente che forse, ti puoi aiutare ma che, per farlo devi fare pace con te stesso. E... Devi fare chiarezza con qualcuno... Ma quel qualcuno, ti ha salvato. Ma tu, non hai salvato lui. E per questo odi te stesso. Ma allo stesso tempo... Non ricordi. Non ricordi il motivo per cui sei triste, perchè ti fai del male, la ragione per cui quel qualcuno e te non parlate. Ma... Allo stesso tempo, è più complicato di così...»

Alzo lo sguardo su di lui e lo vedo gustarsi l'aroma speziato delle erbe sciolte nell'acqua.

Solo ora noto i suoi abiti tradizionali addosso.

Effettivamente quanti anni ha?

«Cosa vuoi risolvere per primo? Curare te stesso o quel "qualcuno"?»

«Entrambi possibilmente.»

«E perchè non uno alla volta?»

«Perchè so che, se mi impegnassi con uno, trascurerei l'altro.»

Un sorriso dolce gli solcò il volto. Comprensivo e volenteroso di darmi una mano, forse, anche due.

«Devi dare spiegazioni a quella persona, e ancor prima devi dare spiegazioni a te stesso. Non puoi andare e risolvere il problema se c'è qualcosa che non va anche dentro di te. Sono sicuro, che quella persona ti ha aiutato in passato. Ma tu, avendo paura di farle del male, gliel'hai involontariamente fatto. E questa persona non ti odia. Ha paura. Ha paura perchè sa la verità ma non vuole affrontarla. E tu, pure. Devi prima accettare che hai fatto del male a quella persona, oltre che a te stesso.»

Non ci stavo assolutamente capendo nulla.
Ma tutto ciò pareva avere un senso.

«Come fai a dire che quella persona mi ha aiutato?» domandai abbastanza intimorito.

«Intuizione.» scrollò le spalle e si protese per versare nell'altro bicchiere del thè.

«Il fatto che tu non lo ricordi, significa che è stato abbastanza traumatizzante. Il cervello tente a dimenticare poiché non vuole soffrire. Dimenticando il dolore non soffre. Ma non vuol dire che sia perduto per sempre. Il dolore c'è. Il ricordo pure. Bisogna solo scavare più a fondo. Bisogna accettare ciò che si è, senza odiarsi. Quello, lo fanno già gli altri. E se gli altri odiano, io posso fare del bene.»

«E perchè io posso fare del bene?»

«Perchè tu hai già odiato. Hai odiato te stesso. E ora è rimasto solo il sentimento che hai usato di meno. L'amore. Ed ora, è giunto il momento di usarlo. Verso sè stessi, e verso gli altri.»

Rimasi senza parole.

Come aveva fatto a capire tutto, senza sapere niente?

Come a leggermi nel pensiero, l'uomo mi offrì la tazza in grembo.

«Diciamo che ho una certa dote che mi permette di capire attraverso lo sguardo, l'animo delle persone.» mi sorrise magnanimo. Con gli occhi di sa, e dice tutto.

«Anche lei ha sofferto... Non è vero?»

«Sì. E ora sto usando l'unico sentimento che mi rimane.»

«Ossia?»

«La pace.»

 𝑆𝑢𝑚𝑚𝑒𝑟𝑡𝑖𝑚𝑒 𝑆𝑎𝑑𝑛𝑒𝑠𝑠                     [TOMIOKA GIYU X READER]Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum