Capitolo 11

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Erano passate settimane da quel giorno e io sapevo quanto Abigail si fosse già ambientata perfettamente in Paradiso. Tutti ne parlavano bene ed erano estasiati alla sua sola presenza nel reame.

Avevo legato un po' con lei e, sebbene non ci conoscessimo da tanto, avevamo in comune molti aspetti: lei era una ballerina di danza classica di Parigi e a me piaceva pattinare sul ghiaccio ovunque mi fosse permesso. Essendo nate nel mondo degli umani riuscivamo a intrattenere conversazioni non possibili da comprendere da tutti i sudditi dei cieli.

Quella notte avevamo appena finito di parlare quando Uriel si era unito a noi, per avere l'occasione di conoscere finalmente sua figlia. L'arcangelo aveva passato esperienze terrificanti che lo avevano spinto a nascondere la sua stessa bambina nel mondo degli umani, ma con il passare del tempo Abigail era diventata abbastanza potente per poter conoscere suo padre senza spiacevoli ritorsioni.

Mi ero allontanata per dare un po' di intimità ai due angeli e stavo passeggiando tranquillamente lungo le sponde del lago dei beati, studiandone le limpide acque e il bagliore lunare infrangente le onde.

Quelle scintille d'argento mi ricordarono quelle nella città di Los Angeles che si erano riflesse come mille luci sulle ali del mio arcangelo favorito. Alla fine non avevo più parlato con Raffaele ed era stata la scelta migliore: ci guardavamo da lontano senza avere la possibilità di commettere ulteriori sbagli. Aveva seguito il mio consiglio e si era avvicinato al cigno, offrendole il suo aiuto e il suo amore.

Sorrisi istintivamente, erano una bella coppia e questa era una verità innegabile per quanto per certi versi dolorosa.

Ad ogni modo quella situazione mi aveva permesso di concentrarmi su me stessa, sui miei allenamenti, sulla metabolizzazione della fine della relazione con Adam e sul farsi nuove amicizie. Oltre ad Abigail infatti i miei legami con gli altri angeli si erano intensificati, specie quelli con Drew, Menadel e Morgana.

Le punte delle scarpe di cristallo arrivarono a sfiorare le acque del lago incantato, mentre una lieve e piacevole brezza cominciò a scuotere con dolcezza le mie lunghe ciocche bionde, ricadenti lungo le spalle.

Proprio quando ero prossima a godermi davvero quel tranquillo paesaggio, avvertii dei bisbigli dietro di me. Dapprima sembravano solo i fischi del vento, ma con il passare dei secondi i sussurri assunsero la forma di parole.

Voltandomi di scatto vidi due ombre in lontananza farsi sempre più vicine e acquistare sembianze umane. Era strano vedere due angeli confabulare a notte inoltrata: era risaputo infatti quanto i demoni fossero più potenti di notte con la luce della luna, mentre gli angeli di giorno con quella solare.

Incrociai le braccia al petto, sporgendo il labbro inferiore all'infuori. C'era qualcosa che non mi piaceva in tutta quella situazione, avevo una sensazione che mi scosse nel profondo e una strana agitazione nell'addome.

Diedi un'occhiata intorno a me e compresi di essere esposta: non c'erano alberi, siepi o altri luoghi in cui mi sarei potuta nascondere e celare alla vista degli sconosciuti.

Ormai si erano avvicinati terribilmente a me ed erano così presi nella loro discussione da non notarmi. In quel momento fu facile vedere i loro volti, erano due donne e solo una di loro era a me sconosciuta.

Alzai lo sguardo sulla prima, quella con tratti orientali, occhi a mandorla e capelli scuri come l'ebano: Nefonos. Gettai una seconda occhiata all'altra: una donna esile, alta e, seppur con il viso scavato dalla stanchezza, bellissima.

Lunghe ciocche nere ricadevano dalla sua testa, mentre lo sguardo vacuo e profondo era caratterizzato da iridi azzurrissime. Sembrava un angelo molto antico, la sua aura era così potente da riuscire a essere percepita anche dai miei deboli poteri da prima donna mortale.

TEMPTRESSWhere stories live. Discover now