Capitolo 13

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Nessuno mi aveva mai insegnato a volare, ma fortunatamente avevo già estratto le ali una volta e dunque usarle non risultò piuttosto difficile. Dovevo allontanarmi velocemente dal Paradiso, prima che qualcuno si accorgesse della mia scomparsa.

Dopo il discorso sconvolgente di Raffaele, gli avevo detto che il tutto non aveva senso, respingendo ancora una volta i sentimenti di lui per me.

Sapevo che aveva ragione. Fra noi c'era sempre stato dell'affetto, ma era proibito, un sentimento senza alcuna speranza. Dovevo essere forte, nonostante la sua dichiarazione avesse annullato ogni mia credenza o barriera.

Da quando ero un angelo e la mia propensione nell'aiutare il prossimo era aumentata, avevo appreso che era necessario che mi facessi da parte in modo più estremo, affinché due persone meritevoli potessero avere una felice eternità.

Era giusto che lui lottasse per il suo nuovo inizio, per cui gli avevo risposto che non sarebbe mai stato troppo tardi per l'amore e lui avrebbe potuto combattere per Abigail anche se lei aveva deciso di cadere per un altro. Nonostante lei fosse in caduta per raggiungere Azazel, Raffaele avrebbe potuto intervenire ancora una volta per provare a convincerla del loro amore.

Avevamo aiutato Abigail con parole confortanti e la colonna di luce per rallentare l'impatto con il terreno. Le auguravo tutto il meglio a dispetto di qualunque sorte le avrebbe riservato il futuro.

Raffaele stava scendendo per parlare con lei e io ne avevo approfittato per andarmene e facilitare la situazione di tutti. Non poteva combattere per lei se io gli confondevo le idee e per una volta volevo agire nel modo migliore per fare felici entrambi.

Era una decisione non comprensibile da tutti, però io ero sbagliata per Raffaele e Azazel non era giusto per Abigail. Io e il generale dei demoni non potevamo essere più diversi, ma avevamo in comune proprio i nostri errori.

Entrambi avevamo sbagliato, ferito delle persone a noi care per i nostri fini e creature gentili come Abigail e Raffaele meritavano molto di più. E nonostante l'amore molto spesso non avesse senso, non avrei permesso che potesse essere una giustificazione per perdonare i nostri comportamenti.

Distruzione stava arrivando e i giorni erano contati, dunque non c'era più tempo per le indecisioni.

Atterrai sulla sabbia fine e bianca dell'isola greca in cui ero nata: Cipro. Ritrassi le ali, nascondendole lungo la schiena.

Il sole ormai era tramontato da qualche ora e la luna era sovrana in quella notte di stelle. Sicuramente Abigail stava per arrivare sulla Terra e Raffaele sarebbe stato al suo fianco poco tempo dopo.

La mia casa natale era fuori città, abbastanza vicina a quella spiaggia fatta di tranquillità, mare e la lieve brezza dal buonissimo profumo salmastro.

Feci scorrere lo sguardo lungo le piante, le case e il mare che avvolgeva l'isola, mentre i miei ricordi più belli riaffioravano nella mente. Avevo vissuto a Cipro fino alla maggiore età e mia nonna era stata con me finché la vita glielo aveva concesso, lasciandomi solo qualche anno fa. Dal suo animo gentile potevo solo sperare che fosse fra i cieli del Paradiso, per godersi il suo riposo eterno.

L'isola era completamente deserta. L'arrivo di Distruzione con tutti i fenomeni sismici e naturali che avevano comportato il suo passaggio, aveva fatto allontanare tutti dalle loro abitazioni. Ai miei occhi era un perfetto Paradiso terrestre.

Entrai dentro la mia vecchia casa. Era una piccola abitazione fatta di semplici muri bianchi con porte e finestre in vivace blu scuro.

Mi guardai attorno, mentre la malinconia attanagliava il mio cuore. Non era cambiato nulla, tutto era esattamente come l'avevo lasciato: le sedie di legno erano accostate al tavolo e il divano nel salotto di fronte al televisore, la cucina con i ripiani di vetro impolverati nel corso dei mesi. Ogni elemento era rimasto immutato nel tempo, come se l'Apocalisse fosse solo una fantasia lontana.

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