18 - A thousand voices howling in my head

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"Nella bugia della mia indifferenza è lì che giaceranno le mie più sincere emozioni."

Ayane-Sensei

Katniss era appena uscita di casa

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Katniss era appena uscita di casa. Se n'era andata, ancora visibilmente turbata. Ora anche io lo ero. C'era qualcosa che non tornava... qualcosa che mi sfuggiva.
«Amon», la voce di Venere suonò maliarda da dietro di me. Sospirai di stupore, ero convinto di essere solo in camera. Non mi ero neppure accorto che fosse entrata.

«Da quanto sei qui?», le domandai, allarmato. Inclinai il volto, scrutandola indispettito.
«Da abbastanza per affermare che qualcosa non va», sorrise sbieca. Storsi un sopracciglio.

«Quando sei solo con te stesso, o pensi di esserlo, sei più... umano. Mostri quello che provi come chiunque». Queste parole mi fecero rabbrividire. Era una debolezza... mostrarmi umano. Mostrare quello che provavo.

«È tutto okay, Venere. Esci dalla mia camera e lasciami da solo». La sua mascella si tese, mi guardò con diniego. «Non me ne andrò». Si impuntò. E diavolo, era così maledettamente fastidiosa quando lo faceva e al contempo era così... seduttiva. Dannazione...

«Ti ho detto: lasciami da solo», puntualizzai, scandendo bene ogni parola. Alzò lo sguardo al soffitto con noncuranza.
«E io ho già detto che non lo farò». Dannata ragazzina!
Dovevo concentrarmi e capire cosa significasse quel maledetto sogno. Noi non sognavamo mai. Quando accadeva era presagio di sventura e catastrofe. E ciò mi rendeva inquieto.
«Penso che Kai gradirebbe la tua compagnia più di me, adesso sono propenso a starmene per fatti miei, Venere». Il suo sguardo ardente di irrirazione e delusione mi scrutava come se mi detestasse troppo e al contempo mi volesse ancora di più. Era confusa quanto infastidita.

«Giusto fino a poche ore fa gradivi la mia compagnia, ora invece sembra che tu stia scappando da me... ti detesto ancora più di prima, Amon. Quindi non temere che possa volere di più, non voglio nulla da te». Quando disse che stavo scappando da lei persi la calma. Non doveva neppure pensarlo. E non doveva neppure dire cose come "non voglio nulla da te". Quelle parole mi fecero provare strane sensazioni fastidiose. Mi girai verso di lei, e inconsciamente strinsi una mano attorno al suo collo candido. Le feci sbattere la schiena al legno della porta chiusa. Cosa diavolo stavo facendo? Perché stavo reagendo in questo modo? Perché quelle parole mi avevano scatenato emozioni negative e differenti da quelle che provavo usualmente? Non sapevo darmi una risposta. E questo mi irritava.

«Che stai...». Non le diedi il tempo di terminare, la baciai zittendola. E diavolo, non dovevo perdere tempo con lei in questo momento. Non dovevo, eppure... non riuscivo a controllarmi. E la cosa che più odiavo era non avere autocontrollo. La sua bocca si schiuse automaticamente e la mia lingua cercò la sua. La spinsi con impeto ancora più contro la porta, avvicinando il mio corpo al suo sinuoso e slanciato. La intrappolai tra me e la via d'uscita che volevo varcasse alla svelta. O perlomeno, una parte di me lo voleva.

The Serpent of DarknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora