La Notte Più Oscura

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Al di là delle finestre del bar c'è l'oscurità più totale, insieme a un silenzio spezzato soltanto da qualche macchina che vaga furtiva nella notte. Sono uno dei pochi che sono rimasti svegli così tardi, specialmente in questa particolare notte in cui il nostro mondo e quello dell'oltretomba si fondono in una celebrazione del macabro, del pauroso e dei dolciumi a basso costo: esatto, stanotte è Halloween! O meglio, lo era. Adesso, tecnicamente parlando è il primo di novembre.

Quindi, che ci faccio io ancora sveglio nel mio negozio? Faccio compagnia ai pochi che volevano restare qui dentro anche oltre mezzanotte, è ovvio! Di solito io sono molto rigido sugli orari di chiusura, ma per occasioni speciali come questa sono disposto a chiudere un occhio.

"E così, mentre affondavo i miei artigli nella sua fragile carne, ho guardato quel vile assassino negli occhi e gli ho detto, 'Io non rimpiango nulla!'" narra Milton in tono trionfante, con un piede ben piantato sul tavolo in cui lui e gli altri due sono riuniti.

Angeline è pietrificata da quella storia, ma il suo collega Tyrone rimane scettico: "Certo compare, se sapessi fare io un Miracolo come quello, avrei già fatto fuori tutta l'Aegis in mezza giornata!"

"Ne sarei ben più che capace, cornuto cantore."

Nel mezzo del loro battibecco, dalla porta principale riecheggia una serie di schiocchi leggeri e ritmati. Ci lasciamo distrarre tutti dallo strano rumore, tanto da fissare con trepidazione l'ingresso in attesa di scoprire si chi si tratta. Lentamente la porta si apre,  rivelando una figura incappucciata che fa il suo ingresso nel bar, insieme a tutti noi. Arrivata al centro della stanza principale, si toglie il cappuccio ed esce allo scoperto. I suoi capelli decorati di foglie e la corporatura robusta non lasciano dubbi, è Demetra.

"Oh, sei tu!" la accoglie Angeline, che si alza dal suo posto per offrirle una stretta di mano.

La visitatrice dai boschi ricambia il gesto solo per un istante, poi si rivolge a me. "Perdonate la mia intrusione, ero in cammino verso la mia casa e ho visto le luci provenienti dalle finestre. Vi dispiacerebbe se mi fermassi qui a riposare?"

"Certo che no, mettiti pure comoda!" rispondo io provando a farla sentire a casa.

Lei si unisce a Tyrone, Angeline e... basta. Milton è scomparso dalla circolazione, o meglio, si è mimetizzato alla perfezione sotto il tavolo.

"Quindi... voi siete Demetra, giusto?" chiede lei, nel tentativo di scacciare via l'imbarazzo.

La nomade fa cenno di sì con la testa. I suoi occhi sono chiusi, il suo respiro è lento e silenzioso. Angeline ha evidentemente difficoltà a mandare avanti la discussione, così inizia a guardarsi attorno in cerca di un modo con cui cambiare l'argomento. Tyrone nota il suo imbarazzo e le fa l'occhiolino. Loro non se ne sono accorti, ma io sto per scoppiare dalle risate.

Il bar si è fatto troppo silenzioso, quindi la cantante si toglie il sudore dalla fronte e riprova a fare conversazione: "Quindi Demetra, vi piacciono i... fiori?"

La nomade apre gli occhi all'improvviso. Pare che la domanda l'abbia intrigata. "Fiori. Esseri fragili e deboli, basta un gesto troppo distratto o leggermente troppo irruento per distruggerli, eppure, grazie alla loro bellezza, i fiori riescono pur sempre a generare vita. Meravigliosi fiori."

La nomade prende un piccolo sacchetto di stoffa che teneva legato alla vita. Ne tira fuori una manciata di granelli neri e chiude il pugno di scatto. Angeline sta a guardare a occhi spalancati, mentre dalle sue mani emergono delle piccole lavande.

"Se solo potessi goderne di nuovo..."

"Che cosa volete dire?" mormora Angie.

Demetra lascia cadere i fiori sul tavolo. Petali violacei si spargono sul piano laccato di nero. "Perdonami, ho solo parlato senza riflettere."

E così, la nomade abbandona la compagnia nello stesso modo in cui è arrivata: inaspettatamente. Prima di chiudere la porta alle sue spalle, mi rivolge un ultimo sguardo. "È tempo per me di andare. Vi auguro sogni lieti e privi di pericoli."

Angeline prende fiato per dirle qualcos'altro, ma è troppo tardi. Una volta che Demetra se n'è andata, da sotto il tavolo riemerge Milton.

"Soddisfatta?" ghigna lui.

"Almeno abbiamo parlato..."

Il ratto ride sotto i suoi lunghi baffi trasparenti. "Così impari ad affezionarti troppo in fretta!"

Appena sente cos'ha detto lui, Tyrone lo afferra per le orecchie. "Attento a come parli. Il Bar Prodigy è come una famiglia per noi, se te la prendi con lei, dovrai vedertela anche con noi."

Angeline gli fa segno di mollare la presa. "A proposito di famiglia... tu non avevi detto che tuo fratello era riuscito a scappare dalle rovine?"

Il ratto abbassa le orecchie. "Lui non conta come famiglia perché ci ha abbandonati per fare la bella vita in superficie, spero di non rivederlo mai più."

Angie vorrebbe consolarlo, dirgli qualcosa di gentile, ma lui salta giù dal suo sgabello e fa per uscire. "Buon proseguimento. Godetevi le vostre amicizie, le vostre storie d'amore e il privilegio di poter uscire di casa senza essere perseguitati, finché potete."

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