1 (parte II)

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LEONOR

   Cassian sprona Joseline e Carrie a proseguire spedite tra il fango e i sassi chiari della strada, accanto a lui Trevor si stiracchia. Si è fatto giorno, di nuovo, e di nuovo la sera è vicina. Lui ha sonnecchiato di tanto in tanto, io non ci sono riuscita.

   La carretta su cui viaggiamo sobbalza, cigola e dondola come suo solito mentre i teloni legati alla struttura svolgono il loro compito egregiamente, riparando dal maltempo.

La pioggia genera un tamburellare incessante. È un leggero tamburellare abbastanza fastidioso da tenermi sveglia. Nutre il mio mal di testa e sembra ammonirci con i suoi labili sospiri mentre attraversiamo la strada dei commercianti, in direzione di Damash. A questo punto dovremo essere quasi arrivati a destinazione.

   «Svegliati, Nor! Siamo arrivati.» Appunto.

   I riccioli color ambra di Trevor fanno capolino dal lembo di tenda sporca assieme al calore della sua pelle e al suo sorriso storto. Lo osservo con una nota amara e mi giro su di un fianco sbattendo le anche contro il legno scomodo della panca.

Le armi tintinnano intorno a me mentre Trevor continua a fissarmi oltre i suoi occhiali scheggiati.

Non so come faccia a essere sempre impeccabile: ha fermato i capelli con un paio di mollette per far cadere un ciuffo sul naso e si è tinto il contorno degli occhi con del pigmento nero. Niente dello scontro precedente gli è rimasto addosso.

   Osservandolo inarco un sopracciglio, ed è in quel momento che Cassia cattura la mia attenzione. Tira le redini per fermare Joseline e Carrie e sbuffa pesantemente. Così colgo l'occasione per rivolgermi anche a lui ed esclamo: «Non ho chiuso occhio, questa maledetta carretta cigola peggio del letto arrugginito di tuo fratello a Lut'heln! È solo questione di fortuna se siamo riusciti ad attraversare Hathing senza essere attaccati.» Una stizza famigliare rieccheggia nelle mie parole.

   Cassian si acciglia, non deve aver gradito l'allusione, ma si limita ad avvolgere le redini nei palmi. Sa che ho ragione, persino lui si rifiuta di dormire su questo carro. È per evitare dolori inutili alla schiena, dice e non potrei essere più d'accordo. Riportiamo abbastanza ferite dagli scontri, non abbiamo bisogno di peggiorare le nostre condizioni.

   «Sarebbe meglio prepararci» propone lui dopo un lungo e teso silenzio. La sua voce giunge limpida e severa. L'ombra della sua schiena è rigida, ha le spalle larghe e i capelli legati in una coda bassa. Agita le braccia lasciando cadere le redini e apre la mappa che abbiamo disegnato sulla pelle di un cervo.

Poi si volta per guardare il fratello, con il naso dritto, le mascelle marcate e un'aria stoica, non potrebbe essere più diverso da Trevor.
Storce la bocca e richiude la tenda per poi scendere. Lo immagino pestare la ghiaia e il fango, sento i sassolini scivolare sotto alle suole dei suoi scarponi. Infine compare dalla parte opposta di questa squallida carovana.

   «Nor, muoviti...»

   «Ah, lo so. Lo so!» Ghigno e mi preparo per prenderlo in giro. Porto una gamba al petto nel mentre che afferro la mia balestra appesa agli archi in ferro del carro. «Muoviti, altrimenti non mangiamo nemmeno questa volta.» lo scimmiotto.

   «Esattamente.» Trevor compare dietro Cassian, mi fissa con le braccia incrociate al petto. La piccola cicatrice che ha sulla fronte risalta quando fa quell'espressione corrugata, così come accade con quelle sugli zigomi quando invece sorride.

Allora mi alzo definitivamente sbuffando e prendo una dozzina di frecce da mettere nella faretra. Tasto la cintura, il corsetto sotto alla camicia e mi tranquillizzo quando trovo due fiale e una piccola boccetta con un concentrato di tossine prodotto dai fabbricaveleni di Lut'heln, tra cui quello alla brugmansia.

Sangue e Petali d'Ardesia Where stories live. Discover now