2

49 3 5
                                    

LEONOR

   Non è mai un lavoro pulito il nostro, nemmeno quando portarlo a termine risulta semplice, come questa volta.

È stata sufficiente una sola freccia a far capitombolare il Lupo lungo tutta la piazza di Damash. Una semplice freccia appena intinta nella brugmasia e scoccata dritta in fronte. Quella Bestia è piombata come un sacco di pelo nel terreno fangoso. Ho poi finito il lavoro estraendo uno dei miei pugnali per incidere sulla sua gola. Uno schiaffo di sangue caldo ha raggiunto il mio volto ed è scivolato sull'uniforme nera.

    Non doveva essere molto esperto, penso mentre cammino avanti e indietro e aspetto che Trevor faccia ritorno.

   «Sempre il solito schifo.» Rannicchiato su di una sedia scricchiolante, Cassian bofonchia. Passa un panno umido sulla lama della sua alabarda. E io non posso che essere d'accordo con lui: è davvero il solito schifo.

Sul mento tracce di quel liquido vischioso mi corrono ancora sulla pelle... Rifletto un secondo: Cassian non mi guarda, si riferisce ad altro.

   Lentamente mi avvicino alla finestra e osservo Trevor da oltre il vetro opaco. Sta facendo ciò che gli riesce meglio: gestire gli affari e riscuotere un compenso più che dignitoso. Conta con le dita e con la fronte aggrottata intanto che una folla gli scema attorno per guardare a turno il falò acceso con della carcassa della Bestia.

   Trevor non manca di ringraziare il Signor Marlon né di riservargli occhiate eloquenti, in modo pure fastidioso. Ma il podestà non se ne cura.

   «È probabile che sia motivo di vanto ricevere tutte quelle... riverenze» mormoro tra me e me.
Dopodiché ruoto sui tacchi che si appiccicano al pavimento umido e la mia attenzione cala nuovamente su queste quattro mura.

   Il podestà ci ha offerto una capanna per riposare, una capanna davvero scadente. Ce la faremo comunque andare bene. Dopotutto non ci fermeremo a lungo, il tempo di un pasto caldo e qualche ora di riposo, poi ci aspetta la strada per Lut'heln.

   «Mhh, non è possibile! Non si toglie» ringhiando, Cassian si lascia andare contro la parete di sassi macchiata alle sue spalle e sospira sonoramente prima di riprendere con le sue pulizie.

   Sollevo un sopracciglio e lo fisso assai divertita. So che odia quando il sangue si rapprende sopra le sue armi, eppure, ogni volta, vederlo intento a scrostare via lo sporco provoca in me irrefrenabile sorriso.

    Un uomo muscoloso e serio, ricurvo su se stesso e preso dal togliere fino la più piccola macchia dalla sua amata lama, ai miei occhi appare come una vecchia che cerca di pulire il fondo del proprio calderone arrugginito.

   È sempre un lavoro meticoloso, quello che svolge. Non vuole distrazioni, così come io – adesso – non voglio rimanere un attimo di troppo in questo posto umido e dall'odore di stalla.

Mi rammento che devo solo aspettare Trevor. Presto farà ritorno e con lui farà il suo ingresso la nostra ricompensa. Allora il cibo compenserà la mia insoddisfazione.

   «Avrei dovuto pulirla durante il viaggio» bofonchia Cassian. China il capo di lato e strofina con maggior forza. Sembra affranto, le vene sugli avambracci guizzano in superficie mentre le dita premono tra la stoffa ruvida del panno.

   Proprio in quel momento Trevor si affaccia dalla porta esclamando: «Nor, vogliono parlare con te.» Gli occhiali calati sul naso e i capelli arruffati suggeriscono che il suo compito è stato davvero arduo questa volta. La folla è agitata, assai diversa da quella di pochi giorni prima.

   «Mandali via.»

   «Non fare la difficile»

   «Già, Nor. Prenditi un po' di gloria, d'altronde il colpo di grazia lo hai sferrato tu» dice Cassian. «A proposito, ottima mira. Dovresti usare sempre la balestra» aggiunge con la sua voce neutra e i suoi occhi ricadono sulla lama da scrostare.

Sangue e Petali d'Ardesia Where stories live. Discover now