2 "Presentazione"

2.1K 51 0
                                    

Alice pov's

Era in ansia, era la prima volta che doveva fare "lezione" a un gruppo di persone, specialmente detenuti.
Il giorno prima la direttrice l'aveva avvertita su come i ragazzi si sarebbero comportati, e sul loro carattere poco espansivo che avevano.
E questo non aveva diminuito la sua ansia, ansi, l'aveva costretta a prepararsi un discorso su wuello che avrebbe presentato oggi.

La portarono in una stanza, dove all'interno si trovava un pianoforte.
Come inizio gli avevano affidato i ragazzi dell'istituto, che da quello che aveva quella mattina, non erano così aperti di mentalità.

Appena alice mise piede nella stanza, trovò già tutti maschi sparsi per la stanza, alla sua sinistra.
Chi era seduto sul divanetto difronte a lei, chi seduto sul pianoforte, e chi in piedi appoggiato alla parete.
Si sentirono dei fischi, che furono smorzati con dei schiaffi sul collo dalle guardie, degli applausi e dei commenti.

Come Alice analizzò tutti, ricordando i loro volti, loro guardavano lei, osservandola attenti.
Il chiacchiericcio nella stanza di faceva sempre più sentire, tra persone che si chiedevano chi fosse e altre che pensavano solo al suo aspetto fisico.

«Ragazzi silenzio tutti quanti che avete lezione»

Disse Beppe facendo zittire tutti.
Ed eccolo qui, il ragazzo che il giorno prima l'aveva fermata nel cortile.
Era seduto su uno dei divanetti, perfettamente davanti a lei, accanto a lui c'erano dei suo compagni, chea guardavano nello stesso suo modo: curiosi di sapere chi fosse.

«A Beppe, vogl fa lezione chiù spes cu essa»

Disse uno di loro facendo ridere tutti, compreso lui.
Beppe girò lo sguardo verso di lei, guardandola con compassione.
Stava per lasciare una ragazzo così bella sotto le loro grinfie.
Era come lasciare una pecora da sola in un branco di lupi.

«Daje Pirù. Smettila»

Ribadì Beppe aprendo le braccia esasperato.

«Ma in vogl sape chi è essa»

Disse uno dei detenuti, mentre si avvicinava a lei guardandola dalla testa hai piedi, come tutti dal tronde.
Aveva i capelli biondi, e gli occhi azzurri che si risaltavano sul viso.

«Mo te lo dico Pino, ora vatte a mette seduto»

Lo caccio via Beppe, osservando gli altri.

«Lei è Alice, e sarà la vostra Psicologa da d'ora in poi»

Dopo le parole della guardia accanto a lei, si sentirono parole di disaccordo dalla maggior parte dei carcerati.

«Ma in so già pazz', nun c'è bisogno de una psicologa»

Sottolineo l'ultima parola quello che aveva capito chiamarsi Pino.
Uno di loro si avvicinò a Beppe toccandogli la spalla.

«Ij facc lezion con la strizza cervelli, però solo pe nu motiv»

«E quale sarebbe Totò?»

Gli chiese la guardia preparandosi a quello che avrebbe detto.

«Pecche è nha gran fregna»

Alice sorrise appena a quelle parole.
Aveva sempre fatto uno strano effetto sui ragazzi, ma non pensava che sarebbe riuscita ad arrivare a questo punto.

«La met a novanta»

Disse un'altro, guardandola negli occhi, una volta vicino a lei.

«Jam rega. Fate schifo»

Disse Beppe facendolo ridere, mentre tutta la felicità gli andava via.

«Daje Beppe, lo sacc che questo è il nostro modo di dare il benvenuto. No?»

Quella voce, era la stessa che ieri l'aveva chiamata in cortile.
Era lui, che ora guardava la guardia come per dirgli " dimmi che ho torto".
Quando Beppe si tocco la fronte esasperato, decise che era ora di lasciare che Alice faccia la sua lezione in pace.
Lui si allontanò da lei, posizionandosi nello stesso punto di prima.
Osservandola attento.
Alice capì al volo che per tutta la lezione non avrebbe parlato, voleva solo osservarla.
Immaginandosi di toccare ogni parte del suo corpo.

«Buona fortuna»

Disse Beppe uscendo dalla stanza esasperato.

«Allora, vi spiego il punto di vista della strizza cervelli, come mi chiamate voi»

Iniziò lei catturando l'attenzione di ogni presente.
La guardavano tutti, come stavano facendo da quando era entrata.

«Mi chiamo Alice, e studio psicologia, sono qui per formarmi come psicologa, ma ancora mi mancano
parecchi esami per diventarlo, quindi preferirei che non mi chiamate così, perché non mi definisco tale»

Disse Alice facendo stare in silenzio tutti.
Erano come imbambolati a guardarla e ascoltarla, come se le sue parole li avessero ammaliati.

«Posso farti una domanda»

Chiese un ragazzo abbastanza bello, con i capelli che gli ricadevano sul viso.
La guardo mentre si sistemava il ciuffo ribelle.

«Certo, mi potete fare tutte le domande che volete, io sono qui ad rispondervi»

Gli sorrisi cercando di essere più gentile possibile.
Un sacco di mani si tirarono verso l'alto, pronti per essere i prossimi a domandargli chissà cosa.

«Ma quanti anni tenete?»

Gli chiese lui facendo incuriosire tutti.
Alice si aspettava quella domanda, era quasi scontata.

«Ne ho 17...»

Il ragazzo gli mimò un "Edoardo" e lei annui contenta.
Tutti la guardarono scioccati.

«17? uaglion allora chista me l'agg chiava»

Disse uno aprendo delle grosse risate da parte di tutti.
Lui era lì, che la guardava, sentiva il suo sguardo su tutto il corpo, come se la stesse esaminando ogni parte di esso.

«Dimmi»

Disse lei ad un altro detenuto che si stava sbracciando.
Ricalo il silenzio, pronti per sentire cosa altro potevano sapere di lei.

«Ma voi lo tenete il ragazzo?»

Chiese Totò facendo già ridere tutti, e anche Alice, se li limitò a sorridere senza mostrare i denti.
I suoi occhi Orano erano più insistenti, come se cercassero di fargli capire che doveva rispondere alla domanda senza mentire.
Perché anche lui lo voleva sapere, moriva dalla voglia di toccargli ogni parte del corpo.

«Ok, sarò sincera m'è l'ha aspettavo questa domanda, comunque no. Non sono fidanzata»

Dissi facendo aprire un coro che esultava.
Alice rise, aveva capito come doveva attirare la loro attenzione, facendoli fidare di lei come coetanea e non come psicologa.

Diversi ma Uguali | Ciro RicciWhere stories live. Discover now