Epilogo

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Le lacrime scesero senza nemmeno fermarsi un minuto.
Era lì, in piedi davanti alla bara di suo padre.

Ciro si trovava alla sua destra con un braccio sulla sua schiena, cercando di fargli calore in quel che modo.
Voleva confortarla, facendogli capire che lui sarebbe stato lì per lei, in ogni situazione.

Alla sua sinistra c'era sua madre, in ginocchio davanti alla bara.
Piangeva e piangeva.
Le lacrime non smettevano di scendere nemmeno un secondo.
Non poteva capire il dolore che stava provando, ma sapeva bene quello che provava lei.
Lei aveva perso un padre, mentre sua madre un marito.

Si volto verso Ciro che gli abbozzò un sorriso spento.
Da quel giorno non aveva smesso di sorridergli, sapeva che lo faceva perché un giorno Alice gli aveva detto che il suo sorriso era uno dei più belli mai visti al mondo, così lui, ogni volta che lei era di cattivo umore, gliene faceva uno per farla stare meglio.

Alice si precipitò sulle sue braccia, riscaldandosi in esse.

Erano passati sette anni anni dall'accaduto.
Ciro era finalmente uscito dal carcere, e come promesso gli avevano dato pochi anni.

Ora vivevano insieme, in una casa fuori città.
All'inizio Ciro gli aveva detto che poteva anche non lavorare, restare a casa e fare quello che voleva, ma lei si era battuta per aprire un proprio studio dove lavorare in un centro di ascolto.
Voleva aiutare tutte le ragazze, che come lei, avevano sofferto di abusi, di violenze, di violazioni.
Voleva rendersi utile.
Così dopo svariate settimane, Ciro cedette e gli fece aprire il proprio centro di ascolto, dove diverse ragazze lavoravano all'interno.

«Ci sono io con te»

Gli sussurrò lui all'orecchio, sentendo i singhiozzi di Alice sempre più frequenti.
Adorava quando si sforzava di parlare un italiano perfettamente corretto.
Perché lo faceva per lei, per dargli il suo completo appoggio.

Appena arrivarono a casa, lui non la lascio in minuto da sola, la abbracciava e gli sussurrava parole dolci all'orecchio, piene di incoraggiamento e comprensione.

«Ciùciù, ci so io cun te ora»

Ora erano in cucina, mentre Alice preparava qualcosa d mangiare per pranzo.

«Ora va ad apparecchiare che il pranzo è quasi pronto»

Gli ordinò lei sentendo il suo fiato fargli solletico.

«Si signor sergente»

La prese in giro lui mentre si allontanava da lei per apparecchiare la tavola.

Appena Alice mise la pasta nel vassoio, si appoggiò al mobile della cucina per riflettere su quello che le era successo.

Suo padre, l'unica persona di cui avrebbe dato tutto era morto.

I medici avevano detto che per colpa di una brutta caduta, il taglio procurato dall'operazione di anni fa di era aperto.
Suo padre stava soffrendo mentre lei passava la bella vita a casa con con il suo ragazzo.

Si malediva per non essere intervenuta prima, per non essersi accorta del dolore che suo padre stava provando.
Ma i medici avevano specificatamente detto che anche se qualcuno a ene fosse accorto, sarebbe stato Los tesso troppo tardi.
Anche se gli avrebbero ricucito il taglio, sarebbe morto.
Era solo questione di minuti.

Ma lei si incolpava per non averlo passati con lui, per non esserci stava negli ultimi istanti.

Ciro si avvicinò a lei, prendendola per i fianchi.

«Lo sac Ca nun è culpa tuja»

Le disse.

«Lo so ma fa male»

La baciò con calma, trasmettendogli tuto l'amore che provava per lui.

«Esso nun vorrebbe vedere sua figlia in cheste cundizini. Quindi riprendi in mano la tua vita e vai avanti»

Si guardarono per minuti che sembravano ore, prima di baciarsi animatamente.

Era una bacio totalmente diverso da quello di prima.
Questo era famelico e affamato, come se tutto e due sapevano cosa sarebbe successo d auna momento all'altro.

Ciro si staccò, passando alla clavicola e poi al collo, gli lascio dei segni violacei, prima di essere fermato da Alice.

«La pasta si fredda»

Gli disse.

«Che me ne fott a me della pasta»

Rispose riattaccandosi al suo collo.
Alice sorridendo si staccò un'altra volta mentre pronunciava la fatica frase.

«A me si»

Lui al guardò male mentre insieme si sedevano a tavola.
Mimò con la bocca, prendendola in giro un "a me si" facendo causare dalla mora una dolce risata, stupenda alle orecchie del Ricci.

Si baciarono, prima di cominciare a mangiare.
Parlarono e scherzarono, Alice adorava quel modo che aveva di farle chiare umore soltanto stando al suo fianco.
Lo ama, eccome se lo ama.

Una volta finito e due iniziarono a sparecchiare con calma.

«Mi puoi andare a prendere la camicia in camera?»

Gli chiese lui.

«Ma che ci devi fare adesso con la camicia?»

Rispose dubbiosa.

«Ti vammela a prend lu stess no?»

Qualcosa non andava, lo capiva.
Mentre entrava in camera, vide dei petali rossi starsi in giro, che conducevano nella loro stanza.
Iniziò a seguirli con estrema curiosità, mentre si chiedeva cos avesse scombinato il suo fidanzato.
Appena apri la porta, trovò il letto pieno di rose rosse e una luce del medesimo colore.

«Ti piace?»

Gli chiese lui.

«Scherzi? Lo adoro!»

Si diedero un dolce bacio.
Ciro si posiziono dietro di lei, mentre quest'ultima ammirava la dolcezza che lui gli aveva regalato.

«So che è troppo presto, e che siamo troppo giovani. Ma nun c'è l'ha facev chiù a resiste»

Alice si girò verso di lui, mettendosi le mani sulla bocca appena lo vide inginocchiato davanti a lei con un anello in mano.

«Alice, vuoi diventare mia moglie»

Disse estremamente calmo, ma con una puntina di ansia nel tono di voce.

Lei non rispose, lo prese per la maglia e lo baciò.
Un bacio passionale e sincero, che spiegava tutor l'amore che provava per lui.

«Ti basta come risposta?»

Chiese ridendo.
Lui la baciò a stampo.

«Nha»

Disse.
Alice sbuffò, cercando di nascondere il sorriso.

«Va bene, allora. Si Ciro, voglio diventare tua moglie»

Basto quello per farli ricominciare a baciarli animatamente, si posizionato o sopra al letto.

«Ti amo Ali»

«Ti amo Ciro»

Fine

Diversi ma Uguali | Ciro RicciWhere stories live. Discover now