CAPITOLO 9

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Quel giorno scelsi la fila centrale per la lezione con il professor Moore; probabilmente non feci la scelta migliore, ma volevo che notasse che il suo comportamento non mi aveva affatto toccata.

Sapevo che non era così, ma non doveva saperlo lui, altrimenti avrebbe continuato ad essere l'uomo con cui avevo avuto una discussione nel suo ufficio.

Volevo distendere le cose per via della mia imminente laurea.

Scelsi psicologia da subito, non perché fosse la mia passione, ma perché pensavo che mi avrebbe aiutato a capire cosa mi fosse successo.

Ricordavo ogni cosa molto vividamente, e attribuivo al mio passato tutti i problemi che poi avevo avuto, solo che proprio non riuscivo a spiegarmi il perché io volessi avere dei rapporti affettuosi con le persone vicine e non potessi farlo per via di quella mia reazione.

Mia madre mi ricordava che avessi dei problemi ogni giorno; credo che per lei sia sempre stato difficile con me, non solo perché gliene combinavo di ogni colore, ma perché io non le dimostravo mai affetto.

Non potevo e lei non poteva saperlo.

A volermi di più fu mio padre, fu lui a dire a mia madre che il loro matrimonio sarebbe finito se non avessero avuto un bambino, e, dati i problemi per la sterilità di lui, l'unica soluzione a quei tempi era l'adozione.

Mi scelsero subito, proprio come io scelsi loro.

Avevo 8 anni, prima di loro due, vennero altre quattro coppie.

La prima non mi volle perché ero già troppo grande, la seconda coppia non voleva assumersi il rischio che il mio passato tornasse fuori in un qualsiasi modo (fecero bene, perché successe, anzi, non andò mai via), la terza coppia che venne rimase allibita dai miei comportamenti quando quella donna provò a toccarmi il viso.

La quarta coppia aveva delle indecisioni tra me e un bambino, ma poi prevalse l'ego maschile del marito.

Quando arrivarono e li guardai, sapevo che potevano essere perfetti per me; ma dovevo esserne certa.

Ne avevo passate abbastanza per non essere poi così piccola neanche a quell'età, la paura che dopo qualche settimana venissero a dirmi che neanche loro mi avrebbero presa era tanta, così li misi alla prova subito.

Spaccai dei bicchieri mentre eravamo a fare merenda nella sala di quella casa famiglia, provarono a sfiorarmi e vomitai qualsiasi cosa avessi mangiato poche ore prima sui pantaloni di quello che diventò mio padre.

Poi vidi mia madre, mi guardava con la speranza che io potessi essere diversa, ma l'amore che provava per quell'uomo era così forte da poter accettare tutto.

Un giorno, qualche mese prima il mio ritorno dalle vacanze Americane, si era ubriacata così tanto da rivelarmi che lei non avrebbe mai voluto dei figli. Non era pronta a quel tempo, quando adottarono me, ma non lo sarebbe mai stata.

La adoravo, avevo continuato a volerle bene in ogni momento da quando entrai in quella casa, ma se con mio padre dimostrare affetto anche senza un abbraccio, mi veniva spontaneo, con lei erano state poche le volte durante le quali riuscii a dirle anche solo che le volevo bene.

<<Signorina Cooper? Che fa? Ha le cuffiette anche oggi?>>.

Alzai gli occhi verso il professore.

Avevo cominciato a pensare a tutta la mia vita e non mi ero resa conto che fosse entrato e che avesse iniziato la lezione.

<<No professore >>.

Rise.

<<Vuole essere cacciata anche oggi? Glielo sconsiglio signorina, le ho perdonato la prima perché ancora non conosceva le mie regole, ma alla seconda non potrò salvarla>>.

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