9. Elettricità

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Anche il giorno seguente si svegliarono all'alba.

«Ho un po' di commissioni da fare.» lo informò Allison dopo la colazione. «Ieri sera era troppo tardi per mettere altre trappole per lumache, e non saprei cosa altro farti fare. Quindi, il mio consiglio è questo: usa la giornata di oggi per fare pratica a camminare con le stampelle, e prova ad allenare un pochino la gamba nei movimenti semplici, senza esagerare.»

Come di consueto, la donna si accomiatò senza salamelecchi e, in men che non si dica, Nathan si ritrovò ancora da solo.

Seguì il suggerimento della sua ospite per meno di mezz'ora: odiava le stampelle e, di sicuro, non aveva intenzione di trascorrere in loro compagnia più tempo di quello strettamente indispensabile.

Trovò invece sensata la proposta di dedicarsi alla riabilitazione self-service: sportivo da sempre, infatti, non era nuovo a infortuni anche di un certo rilievo, e negli anni aveva imparato diverse tecniche. Rendersi conto di come l'arto gli dolesse ancora, e di come faticasse a rispondere, lo depresse a tal punto che ben presto desistette.

In breve, il nervosismo tornò ad assalirlo, portandolo a zoppicare in circolo intorno al tavolo, come una mosca con un lampadario.

"Devo assolutamente trovarmi qualcosa da fare, altrimenti finirò col dare di matto!" Si disse, percorrendo l'angusto spazio in lungo e in largo con lo sguardo. Ad un certo punto, la sua attenzione fu catturata da una macchia di colore che faceva capolino da sotto un voluminoso telo tutto sbrindellato, che aveva visto tempi migliori.

Quando provò a scostarlo, si ritrovò faccia a faccia con il suo androide balia.

Troppo preso dagli eventi degli ultimi giorni, se ne era completamente dimenticato. Sembrava in buono stato, tutto considerato. Forse sarebbe bastato ricaricarlo per rimetterlo in funzione.

Purtroppo, la sua ospite gli aveva spiegato che lì nei bassifondi non c'era corrente elettrica.

Sospirando, Nathan fece per coprire di nuovo la macchina, quando si rese conto che ciò che stringeva tra le mani, altro non era che la tenda di Kevlasol che gli aveva salvato la vita... O quantomeno ciò che ne restava.

Colto da un improvviso e incontenibile entusiasmo, una spinta atavica ad agire, il rampollo di casa Meyer si mise ad esaminarla febbrilmente e in modo minuzioso.

Il materiale era sottile, ma assai resistente; lungo i bordi erano rimasti alcuni spezzoni delle barre con cui l'oggetto era stato fissato, leggeri e malleabili. I connettori erano in gran parte distrutti, ma i cavi che li alimentavano sembravano perlopiù integri: Nathan era abbastanza convinto di possedere sufficienti conoscenze di elettronica da poter convogliare i circuiti ancora intatti su un connettore non danneggiato, e adattare qualche componente della sua tata cibernetica per creare un collegamento.

«Se non c'è la luce, me la produrrò da solo!» esclamò, risoluto.

Lavorò come pervaso da una energia inesauribile, senza fermarsi nemmeno quando la temperatura esterna cominciò a crescere inesorabilmente. Si concesse solo una breve pausa per bere un bicchiere d'acqua e mettersi in testa un cappello trovato nella capanna, probabilmente appartenuto ai precedenti occupanti. Ormai non lo impressionava più molto l'idea che fosse stato indossato da qualcuno che aveva contratto il morbo blu.

Trascinò il telo all'esterno, stendendolo nell'orto in cui, il giorno prima, aveva catturato le lumache. Una parte considerevole degli elementi di collegamento e delle micro-celle fotovoltaiche era strappata o schiacciata, ma lui non se ne diede pena. Rifinì i bordi sfilacciati con una grossa forbice, arrugginita e spuntata, trovata in casa, che per fortuna risultò essere affilata a sufficienza; escluse le terminazioni che portavano alle parti visibilmente danneggiate e trovò perfino del filo di nylon con cui fissare meglio le barre al tessuto.

BAZZA DI TORDO 2172Where stories live. Discover now