13. Pubblica sicurezza (I)

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Non ebbe il tempo di rimuginare oltre sulle implicazioni di quanto aveva appena scoperto, perché un fischio acuto da parte di Bubi richiamò la sua attenzione. Si affrettò a raggiungerlo e, quando si rese conto che i suoi peggiori timori si stavano avverando, sentì i capelli rizzarsi sulla nuca.

«Mi stai confondendo con qualcun altro.» stava dicendo Allison, tenendo la testa bassa.
«Non credo proprio.» sbottò Ringhio, un ghigno malevolo dipinto sul volto.
«Non ti conosco.» ribadì la donna. «Non sono certo l'unica a dover coprire il viso, qui. Devi esserti sbagliato.»
«Io non dimentico mai uno sguardo.» asserì il tagliagole «e di certo non potrei scordare il tuo, così arrogante e fastidioso.»
«Però non fa' più la spavalda, ora che non c'è quel maledetto lupo a proteggerla!» sghignazzò Bolleviola, mettendo a soqquadro tutta la mercanzia con un paio di calci.
«Ti caverò quegli occhi insolenti» esclamò Ringhio, la faccia stravolta in un'espressione di sadica follia «e poi ti sbudellerò un centimetro alla volta, fino a quando non implorerai pietà!»

Nathan fece un passo avanti ma, con un movimento quasi impercettibile, la giovane gli fece cenno di restarne fuori. Perfino Bubi arretrò: la sua direttiva primaria era garantire la salute fisica e psichica del suo bambino e, per quanto potesse sembrare crudele, era già giunto alla conclusione che intervenire avrebbe potuto coinvolgere anche il suo protetto, del quale i criminali non sembravano essersi ancora accorti.

Braccine, che si era portato alle spalle della poveretta, la agguantò per la maglia e, strattonandola in malo modo, la costrinse ad alzarsi. «Quanto dovrai soffrire dipende da te» spiegò. «Noi lasceremo che il nostro amico si diverta fino a che non ci dirai dove si nasconde il tuo amichetto dalla pelle liscia!»
Nathan venne scosso da un brivido incontrollabile, mentre Bolleviola rincarava: «abbiamo un conto in sospeso anche con lui.»

I clienti si erano già ritirati nei pressi degli ascensori, senza particolare clamore: evidentemente, simili episodi dovevano essere tutt'altro che rari e, comunque, la presenza dei sorveglianti meccanici assicurava loro adeguata protezione.

In preda al panico, Nathan si sforzò di escogitare qualche contromisura.

Se solo avesse potuto contare sull'appoggio degli androidi!

Ma, ai loro occhi, i protagonisti di quell'alterco non erano nemmeno esseri umani: sarebbero intervenuti soltanto nel caso in cui i tre lestofanti fossero diventati una minaccia per gli abitanti della città-fungo, eventualità piuttosto remota ora che le persone che erano incaricati di proteggere si erano allontanate.
Tuttavia il coordinatore li stava osservando – e ascoltando – con attenzione.

Era possibile che, nonostante si trattasse di un modello antiquato, il cervello positronico dell'MK-II fosse in grado di interpretare le parole "arrecare danno" anche in senso più esteso?

Era solo una scommessa, ma non aveva idee migliori, e il tempo per agire stava per scadere: i malviventi stavano trascinando via Allyson, e gli ascensori erano quasi pronti a ripartire.

«Lasciaci in pace!» gridò Nathan, intromettendosi tra gli scagnozzi e la ragazza, e assestando uno spintone a Ringhio. «Noi non vogliamo entrarci! Non ci interessa avvelenare l'acqua che bevono lassù in città, e nemmeno far scoppiare delle bombe lungo lo stelo del fungo!» soggiunse, cercando il più possibile di parlare a voce alta e chiara.

Il suo antagonista lo afferrò per la maglietta poco sotto il collo, con l'unico braccio che aveva, costringendolo a sollevarsi in punta di piedi. «Che vai dicendo, sgorbio? Sei pazzo?»
«A noi sta a cuore la salute degli abitanti della città-fungo!» strillò Nathan, la voce resa stridula dall'urgenza. «Non vogliamo che gli facciate del male!»

«Questo ha svalvolato di brutto!» rise Bolleviola.

«Portiamoci anche lui, scommetto che nessuno sentirà la sua mancanza.» propose Braccine, che nel frattempo aveva immobilizzato Allison, tenendola per i polsi con relativa facilità.
Ringhio intanto, avvicinato il volto a quello dell'ultimo arrivato, fece una strana smorfia, quindi si lasciò andare ad un sorriso colmo di soddisfazione. «Sei tu!» esclamò, raggiante.

«Voglio farvi qualche domanda.» disse una voce metallica e monotona. «Siete pregati di seguirmi senza opporre resistenza, tutti quanti.»

Nathan fremette. Aveva funzionato: il caposquadra si era allarmato alle sue parole. Solo che non lo stava liberando. Lo stava arrestando.
Se lo avessero catturato, per lui sarebbe stata la fine: grazie ai suoi contatti, Edgard avrebbe avuto gioco facile a eliminarlo senza far trapelare la notizia, stavolta senza imprevisti rosa a mettergli i bastoni tra le ruote.

«Calma, agente.» borbottò Ringhio in tono mellifluo, lasciando andare il suo prigioniero e spingendolo dolcemente verso il robot. «Questo folle sta delirando, ma noi non c'entriamo niente. Vede? Collaboriamo.»

«Col cavolo!» sbottò Bolleviola. A pochi passi da loro, un commerciante di pezzi di ricambio aveva allestito una sorta di bancarella con un paio di cavalletti e delle tavole di legno cotte dal sole. Da lì, il malvivente prese un pesante tubo di raccordo in ghisa, grosso più di un braccio e lungo una sessantina di centimetri e, brandendolo a mò di clava, attaccò il sorvegliante.

«Porta questo ai tuoi padroni, bastardo!» ruggì, colpendo con tutte le sue forze una, due, tre volte, producendo clangori metallici che si propagarono per l'intera area come un gong.

Gli androidi SA MK-II erano stati progettati per svolgere i lavori pesanti al posto degli esseri umani: erano privi dell'eleganza, dell'agilità e della connettività dei modelli successivi ma, se avevano un pregio, era la solidità.

Il sovrintendente vacillò appena sotto quelle mazzate. Quindi, afferrò il tubo a mezz'aria con una sola mano, prima di ricevere il quarto colpo. Richiamato dal suo comandante, che poteva impartirgli istruzioni via radio, senza bisogno di parlare, un secondo automa irruppe sulla scena; afferrò la testa dell'uomo con entrambe le mani, poggiando i propri palmi metallici all'altezza delle sue orecchie, e premette, spappolandogli il cranio, che esplose in un orripilante geyser di quanto aveva contenuto fino a un attimo prima.

Nathan urlò quando parte di ciò che era stato il cervello di Bolleviola gli schizzò i pantaloni, poi crollò in ginocchio e diede di stomaco, sconvolto.

Il coordinatore poggiò il palmo della mano sul petto di Ringhio, e lo spinse indietro. Quindi, con una mossa rapidissima, sollevò il teaser e premette il grilletto. Il malcapitato rimase come congelato per un attimo, emettendo uno strano verso gutturale, quindi crollò lungo disteso per terra, scosso da violente convulsioni, un rivolo di saliva schiumosa che gli fuoriusciva da un angolo della bocca. Mentre un altro androide ammanettava il malfattore senza tanti complimenti e lo trascinava via, il capo rivolse la propria attenzione all'ultimo componente della banda: «Mi basta un esemplare per l'interrogatorio: ti lascio decidere se preferisci essere arrestato o terminato.»

Ovviamente, un modello di quella generazione non conosceva l'ironia: ciò rendeva, se possibile, ancora più agghiacciante quel semplice messaggio.

Come era prevedibile, Braccine scelse di vivere. Un altro membro della squadra lo legò, con una tal foga da spezzargli perfino un osso. Anche lui venne condotto a forza verso l'unica via di risalita dal suo aguzzino meccanico, del tutto incurante delle sue urla di dolore.

BAZZA DI TORDO 2172Where stories live. Discover now