20. Ospite inatteso (II)

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Indietreggiò verso l'orto, deciso a prendere tempo.

Sentiva che quel confronto non poteva finire bene, ma al tempo stesso non vedeva vie d'uscita. «Non deve per forza finire così.» tentò «di' a mio padre che non mi hai trovato.»
Prima Scelta scoppiò a ridere, un suono stridulo e fastidioso. «Ma sei scemo, o cosa? La tua famiglia è tra le cinque più ricche di tutta Eurasia-2: hai idea di quanto scucirà il tuo vecchio, per riaverti?»

Mentre continuava a camminare all'indietro, l'erede dei Mayer tocco qualcosa con il gomito: la vanga usata il giorno prima, che la sua amica, già troppo stanca a causa dell'infezione, aveva dimenticato lì, infissa nel terreno.

Poteva essere un'arma?

«Forza, Flynn! Affrontami, se hai le palle di farlo! Altrimenti, lasciati riportare a casa come un cagnolino obbediente! Credevo che qualche settimana qua sotto potesse averti cambiato, ma forse un vigliacco figlio di puttana nato nella bambagia come te, non può farlo neanche volendo...»

Nathan svelse l'attrezzo dal terreno, e ne impugnò il manico a due mani.

Era cambiato davvero, invece, e furono proprio le parole del suo antagonista a dargliene la piena consapevolezza: magari non era diventato più coraggioso, ma, per la prima volta in vita sua, gli importava di qualcuno oltre sé stesso. Qualcuno che adesso lottava in un letto contro la morte, e non ce l'avrebbe fatta senza il suo aiuto.

«Vattene.» ringhiò, cercando di sembrare minaccioso mentre brandiva la pala come una clava. «Oh, finalmente ti sei svegliato!» mormorò il cyborg, passandosi la lingua sulle labbra con un fare lascivo che metteva i brividi. «Mi stai facendo eccitare. La tua espressione, così determinata e fiera... Sei splendido. Fatti sotto adesso, coraggio!»

Non c'era modo di ragionare con lui.

Nathan si slanciò in avanti, il corpo contundente alto sopra la sua testa; quindi, caricandosi con un urlo tremendo, lo calò sull'avversario con tutte le sue forze.

Prima Scelta non fece nemmeno il tentativo di schivare l'attacco. Si limitò ad allargare un poco le gambe, per assorbire meglio l'impatto. Con una coordinazione e precisione rese possibili soltanto dalla connessione diretta tra l'occhio e il braccio bionici, il sicario intercettò il fendente a mezz'aria, quindi, allontanato da sé il pericolo con uno scatto della poderosa appendice artificiale, si fece avanti e diede un violento spintone all'avversario.

«Questo l'avrebbe bloccato anche un vecchio in sedia a rotelle!» lo schernì «Riprovaci!»

Nathan si lasciò sfuggire un moto esasperato, imbracciò la sua arma improvvisata tenendola parallela al suolo, come se fosse stata una lancia, e caricò il nemico come un fante dell'antichità.

La mano metallica del sicario intercettò di nuovo l'attacco,  deviandolo e rendendolo inoffensivo. Quindi, il mercenario inebetì l'avversario con due schiaffoni in faccia dati col braccio umano, affondò quello artificiale nel suo stomaco e, mentre l'altro era ancora piegato in due, terminò la serie con un montante destro che lo spedì lungo disteso per terra.

«Speravo durassi di più.» confessò. «Non è stato divertente.»

Quando Nathan rotolò sulla schiena, deciso a riprovarci nonostante si sentisse intontito e quel breve scontro avesse reso ancora più palese la disparità tra loro due, si ritrovò faccia a faccia con la canna di un'arma da fuoco, che sporgeva da sotto il polso del mercenario.

«Game over, bamboccio. E adesso, stammi bene a sentire: sei ancora vivo soltanto perché tuo padre ti paga di più in questa condizione; sei ancora tutto intero perché mi è più comodo farti camminare sulle tue gambe, piuttosto che trascinarti di peso per tutto il tempo. Ma, se non diventi subito un bambino ubbidiente, è proprio questo che farò... Dopo averti sparato in tutte e due le ginocchia.»

Nathan cominciò a tremare vistosamente, ma non di paura.

Non aveva mai provato una simile rabbia impotente in tutta la sua vita.

Avrebbe voluto urlare la sua frustrazione, saltare addosso a quell'essere spregevole e strappargli la faccia a morsi, costringerlo a implorare pietà.

Ma era fin troppo evidente che non avrebbe avuto speranze contro di lui, quindi, consapevole dell'inutilità di qualsiasi gesto forte, e sentendo la responsabilità della sorte dell'amica, si ritrovò a implorare, rinunciando alla dignità, pur di poter fare qualcosa per lei.

«D'accordo, hai vinto. Farò tutto quello che vuoi, te lo prometto. Ma, per favore, permettimi solo di portare con noi anche la mia amica: è gravemente malata e, senza il mio aiuto, morirà di certo!»

Il cyborg emise uno sbuffo ironico. «Perché mai dovrebbe fregarmene qualcosa? Inoltre ci rallenterebbe, e di certo ci sono altri miei colleghi sulle tue tracce.» gettò una fugace occhiata alla baracca, su cui ancora sventolava il drappo blu, ormai parzialmente sbiadito dal sole. «Per lei è una fortuna: meglio morire, che vivere come bestie. Credimi, parlo per esperienza.»

«Bastardo!» inveì il giovane «non puoi decidere anche per lei! Io devo...»

«Io non posso decidere della sua morte, ma tu puoi farlo della sua vita?» lo interruppe bruscamente l'altro. «Chi ti dà questo diritto? Ti credi una divinità, solo perché sei nato ricco?»
«Lei vuole vivere!»
«La natura seguirà il suo corso.» sentenziò il sicario, stringendosi nelle spalle «se deve vivere, vivrà.»
«Non c'è niente di naturale in tutto questo!» ritorse il ragazzo, riferendosi alla sua recente scoperta. «ascoltami...»

Ma l'altro non sembrava più disposto a farlo.

Lo sparo fece ammutolire il ragazzo, riecheggiando in ogni dove. La pallottola scavò un buchetto nel terreno sabbioso a meno di mezzo metro dal ginocchio dello sventurato, sollevando una nuvoletta di polvere prima di rimbalzare altrove.

«Sono famoso per la mira infallibile e i riflessi sovrumani, non per la pazienza!» spiegò il killer, con il tono di chi considerava chiusa la discussione. «Ora scegli: camminare, o farsi trascinare?»

BAZZA DI TORDO 2172Where stories live. Discover now