17. Una ragione per proseguire (I)

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Una volta rientrato a casa, si gettò sul suo misero giaciglio, deciso a non muoversi più fino al ritorno dei suoi compagni.
Tale proposito venne però vanificato dalla sconosciuta che, poco dopo le otto, bussò alla porta.

«Sto cercando Alley.» esclamò, senza degnarlo d'un saluto, e sforzandosi di guardare nella penombra alle sue spalle. «Abita ancora qui?»
«Può darsi.» concesse il giovane, che stava cominciando a farsi cauto e diffidente come un vero abitante della città-discarica. «Chi la cerca?»

La nuova arrivata sembrava una stracciona come tutti gli altri, ma l'aspetto talvolta inganna: non si poteva escludere del tutto che si trattasse di un funzionario governativo, anche se era improbabile che in quelle zone disagiate venissero mandati esseri umani, quando si poteva contare sugli androidi.

«Non ha importanza chi sono io.» ribatté lei, altrettanto guardinga.

«Adesso non c'è, comunque.» concluse lui.

La donna oscillò alcune volte, spostando il peso tra i talloni e le punte dei piedi mentre rifletteva, incerta sul da farsi. «Riferiscile questo messaggio, lei saprà da chi arriva.» dispose, al termine di quel conflitto interiore. «Questa casa è stata riassegnata. Entro tre, quattro giorni al massimo, i robot guardiani verranno a compiere la disinfezione finale... E sarà meglio per voi che non trovino nessuno.»

Senza attendere ulteriori commenti, girò sui tacchi e se ne andò.

Nathan richiuse la porta, si lasciò cadere di nuovo sul materasso e sospirò. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, ma in cuor suo aveva sperato che quella situazione potesse durare ancora un po', ora che si era ambientato.
Mentre rimuginava sul suo futuro, chiedendosi per l'ennesima volta se Allison ne avrebbe fatto parte, finì con l'addormentarsi.

***

Era già pomeriggio quando si svegliò. Colto da un brutto presentimento, si precipitò fuori.

Bubi lo aspettava proprio accanto alla soglia, in stand-by.

«Siete tornati! Dov'è Allison? Sta bene?»

Nell'udire la voce del padrone, il robot si riattivò. «Buon pomeriggio, signorino Nathan. Sì, sono rientrato 19 minuti e 47 secondi fa; dopo aver constatato che stavate riposando, ho deciso di aspettare qui, per non rischiare di svegliarvi. La signorina Allison è nell'orto. Il suo stato di salute generale sembra buono, tuttavia i dati biometrici rivelano che sta provando un intenso tumulto interiore.»
«Che significa? È arrabbiata?»
«Una delle due ipotesi è che sia di cattivo umore.» confermò l'androide.
«E l'altra?»
«L'altra possibilità è che il suo ciclo mestruale si trovi nella fase...»
Nathan non gli diede la possibilità di concludere. «Perché è arrabbiata? Cosa è successo?»
«Purtroppo, temo che il mio contributo non sia stato decisivo quanto speravo.» ammise Bubi. «Nonostante la mia capacità di calcolo, e anche con gli upgrade scaricati dalla rete, non sono riuscito a trovare una correlazione precisa tra i dati. Nessuno schema ricorrente, nessun elemento comune a tutte le infezioni, o almeno a una percentuale considerevole. Mi dispiace.»

«Hai fatto del tuo meglio.» lo rincuorò il suo padrone, dandogli qualche amichevole pacca sulla testa, che produsse un debole suono metallico.

Con la scusa di preservare la batteria (dato che aveva saltato la carica mattutina), Nathan diede disposizione alla sua tata cibernetica di attenderlo in casa e rimettersi in stand-by, quindi raggiunse la sua coinquilina, intimamente felice per quell'occasione di restare solo con lei.

La trovò dove aveva suggerito il robot, intenta a scavare buche per le trappole per lumache; ma era abbastanza evidente come quell'attività fosse soltanto un pretesto per scaricare la propria rabbia frustrata: ciò che aveva prodotto nel terreno, infatti, non era lo spazio necessario a sotterrare delle minuscole gabbiette, bensì vere e proprie voragini, profonde trenta o quaranta centimetri, e assai più larghe del necessario.

«Ti aspetti lumache grosse come conigli?» la prese in giro, sperando di farla sorridere.
«Mi aspettavo di trovare il lavoro fatto.» replicò lei, asciutta.
Il giovane arrossì: se ne era completamente dimenticato. «Ho raccolto la rugiada, però.» mormorò in tono di scusa.
«Mi scuserai se non ti faccio l'applauso.»

Il giovane sospirò. Non era così che aveva immaginato quell'incontro: avrebbe voluto raccontarle dei lupi, dei rischi che aveva corso. Voleva sentirle dire che stava diventando uno di loro, che era cresciuto, migliorato. Come al solito, invece, lei si trincerava dietro un invalicabile muro di sarcasmo.

«Bubi mi ha raccontato che non siete riusciti ad arrivare a una conclusione definitiva.»
«Buon per te.»
«Non...» esitò, indeciso sul modo migliore di formulare la frase. «Non lasciarti abbattere da questa cosa.»
«Siamo tornati alle frasi da cioccolatino?» sbottò lei, piantando la pala ancor più in profondità, e traendo dal foro una gran quantità di terra arida e sabbiosa.

«Non era una frase fatta! Dicevo davvero!»

Lei conficcò la punta dell'utensile accanto a sé, rivolgendogli finalmente tutta la propria attenzione, e puntandogli contro due occhi fiammeggianti. «Ah, sì? E allora ditemi, mio principe: per quale motivo non dovrei? Sono davvero curiosa di saperlo.»
«Beh, anche se oggi non siete arrivati al dunque, questo non significa che...» iniziò Nathan, ma lei non gli permise di proseguire.
«Merda, Nate! Credi che io sia una stupida? Oppure sei tu ad essere completamente idiota?»
«Ma... No, certo! Io volevo solo...»
«Lo so cosa volevi fare, ti pare?»

Il tono si era ammorbidito, ora. In un attimo, coprì la distanza che li separava, e gli afferrò con forza le maniche della maglia poco sotto le spalle, una per mano, stropicciandogliele.

«Solo che in questo momento non è d'aiuto, capisci? Caspita, se nemmeno una macchina evoluta come quel secchio con le ruote è riuscita a trovare una qualsiasi correlazione tra i dati, perché mai dovrei sperare di poterci riuscire io? Un altro giorno, un'altra settimana... o magari cent'anni. Che senso ha continuare a insistere? Dove posso trovare la determinazione a continuare con questo delirio!» era fuori di sé, le palpebre inferiori già umide di lacrime.

«Dimmelo.» lo scosse con violenza. «Dimmelo!»

BAZZA DI TORDO 2172Where stories live. Discover now