Capitolo 7

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ISABEL

Tento di vivere la mia vita normalmente, ma è difficile. Sono diventata silenziosa, schiva e chiusa in me stessa. Mi manca la vecchia Isa. Mi manca quella ragazza che parlava fino a far venire il mal di testa, che mangiava biscotti a qualsiasi ora e che era sempre piena di energie. In questi giorni sto solo tentando di andare avanti. Non mi sforzo nemmeno di vivere, ma solo di sopravvivere. Non credevo che avrebbe fatto così male. Non ho perso solo Trevor, ma tutte le persone che conosco. Tutti non fanno altro che accusarlo e io mi sto allontanando da chiunque perché mi sono resa conto che è impossibile far cambiare idea alla gente.

Con Clara non ci parlo nemmeno più, ci evitiamo per la maggior parte del tempo. Il rapporto con i miei genitori? Non è nemmeno necessario pensare a loro. È ovvio come va la situazione. Non ci parliamo, non ci guardiamo, ci evitiamo e basta.

Tento solo di affrontare un giorno alla volta. Ogni mattina mi ripeto che c'è un giorno in meno a separarmi da Trev. Questo basta a darmi abbastanza forze per alzarmi e riuscire a uscire dalla mia stanza.

Chissà se il libro gli è arrivato. Chissà se gli è piaciuto. Chissà se mi sta pensando.

Quasi ogni pomeriggio vado da Christine. Lei è l'unica con cui parlo. L'unica che è felice di vedermi, l'unica che non critica la persona che ho deciso di amare. L'unica che non ha alcuna intenzione di ostacolare la mia storia con Trevor.

Ogni tanto la aiuto anche a lavorare. Sono brava con le persone e, quando il forno si riempie troppo, prendo le ordinazioni e servo ai tavoli. Christine ha una certa età e a volte fatica un po' a stare dietro ai troppi clienti.

Ovviamente non ho smesso di lavorare nella libreria. Le persone che acquistano libri, però, sono sempre meno e alla fine non ce la faremo più a sostenere tutte le spese. Devo inventarmi qualcosa per far tornare la gente in libreria.

Chiudo i libri di scuola e guardo l'ora. Sono le 18. Potrei riuscire fare un salto veloce da Christine. Mi sbrigo a indossare il cappotto ed esco.

Il freddo e la neve quest'anno non hanno intenzione di andare via. Le strade sono sempre ghiacciate e io non posso fare a meno di pensare a quanto avrebbe sofferto Trevor se avesse continuato a vivere per strada. Chissà come soffrono tutte le persone che non hanno una casa.

Cammino con le mani in tasca, cercando di ripararmi da questo freddo glaciale. È febbraio e da fine novembre questo maledetto inverno non ci ha dato tregua. Non ho mai passato tanti mesi con cappello, sciarpa e guanti. A volte nemmeno questi bastano.

Ogni volta che mi fermo a pensare a quanto faccia freddo, non posso fare a meno di ricordare i vestiti che indossava Trevor quando ci siamo conosciuti. Quei jeans logori e troppo corti lo avrebbero di sicuro fatto finire in ipotermia. Sono contenta di aver avuto quei quattro dollari in tasca quel giorno. Se non mi fossi fermata a lasciargli quegli spicci, subito dopo non lo avrei accusato di aver buttato a terra quel bicchiere di plastica, non sarebbe diventato mio amico, non saremmo andati a letto insieme, non ci saremmo innamorati.

Tutto grazie a un inverno più rigido del solito.

Entro nel forno con il solito campanello che annuncia il mio ingresso. Tiro un sospiro di sollievo nel sentire il piacevole tepore che mi avvolge.

"Oh, tesoro, ti stavo proprio aspettando!" mi dice felice. "Vieni qui, ho una sorpresa per te" continua con un sorriso a trentadue denti.

"Ciao, Christine. Anch'io sono felice di vederti" dico, ridendo.

Non l'ho mai vista così entusiasta, così felice. Sembra che abbia venti anni di meno ed energia da vendere.

"Vieni, vieni" mi dice con ancora quel sorriso che le illumina il volto.

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